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Energie rinnovabili: un significativo passo in avanti con il “conto energia“

di Sampino Alberto - 26/01/2007

 
 
 
Recentemente l’Europa è stata teatro di alcuni tentativi di creazione di strategiche alleanze per il controllo energetico, protagonisti paesi come Francia, Spagna, Italia e Germania.
Tema talmente caldo quello dell’energia che la Commissione Europea ha deciso di intervenire con una nuova politica energetica che servisse a regolare il settore. 
 
La dipendenza della UE dall’energia importata potrebbe ben presto crescere dall’attuale 50% a circa il 70% ed un necessario riammodernamento della rete di centrali energetiche - ritenute sufficientemente adeguate in tempi di basso costo del petrolio - potrebbe risultare oggi oltremodo oneroso.
Una ragione politica che spiega l’interesse di alcuni paesi membri della UE ad associarsi in alleanze per la fornitura energetica c’è ed è motivata dal tentativo di contrastare l’egemonia della Russia, principale fornitore di gas; ma la vera questione è un’altra, e riguarda la sempre controversa liberalizzazione dei mercati energetici nazionali.
 
La Commissione Europea ha incentivato con discreto successo tale liberalizzazione, permettendo la privatizzazione dei mercati energetici nazionali dei singoli paesi membri.
 
La fornitura di gas ed elettricità viene oggi gestita in gran parte da aziende private, tuttavia la Commissione Europea non è riuscita nell’intento di ridurre il forte potere ancora esercitato sul mercato energetico da parte dei grandi gruppi energetici para-statali.
 
Una denuncia, fatta da alcune autorità europee competenti in tema di controllo del libero mercato e della concorrenza, parla infatti di influenze di monopolio sui mercati energetici da parte dei grandi distributori responsabili - secondo tale dossier - di soffocare la competitività, di manipolare i prezzi di mercato e di impedire l’accesso di nuovi fornitori nella rete di distribuzione di gas ed elettricità; denuncia questa, che per la gravità delle sue affermazioni ha costretto la Commissione Europea a minacciare l’impiego delle leggi vigenti in tema di competitività nei mercati europei.
 
Ma veniamo all’Italia, cosa fa il bel paese in tema di politiche energetiche?
E’ indubbio che una buona politica energetica nazionale non può prescindere da una sostanziale  revisione - riduzione!- del modello di consumo energetico di ciascun cittadino, è altrettanto vero, tuttavia, che bisogna programmare ed incentivare investimenti su energie alternative da fonti rinnovabili che oggi più che mai rappresentano una strada percorribile per soddisfare parte dei bisogni energetici nazionali.
 
Il 27 luglio del 2005 il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio emanava, a tal proposito, un decreto atto a definire i criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica da conversione fotovoltaica dell’energia solare (G.U. n. 181 del 5.08.2005) .
 
Tale decreto stabiliva, come obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata -da installare entro il 2015- una quantità di 300MW, fissando ad un massimo di soli 100MW la potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti ammessi ad accedere alle tariffe di incentivazione.
 
In breve, qualunque impianto fotovoltaico ammesso a tali incentivi vedrebbe remunerata la quantità di energia prodotta con tariffe che variano a seconda della taglia dell’impianto ed in dipendenza dal fatto che si effettui un cosiddetto scambio di energia sul posto o che si immetta in rete tutta l’energia prodotta. 
 
Sono bastati solo 6 mesi, da quel decreto, per riconoscere che quei limiti - posti sulla potenza cumulativa installabile sul territorio nazionale - non erano adeguati alla misura delle domande di incentivazione inoltrate al GRTN, l’ente gestore di tali richieste (www.grtn.it).
 
Nel febbraio 2006, infatti, un nuovo decreto incrementava a 1000MW la potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare entro il 2015, contro i 300 del decreto precedente, mentre portava a 500MW la potenza elettrica cumulativa prodotta dagli impianti ammissibili alle incentivazioni.
 
Ma perché esistono dei limiti nella potenza nominale fotovoltaica producibile da energia solare?
La risposta sta nei criteri di incentivazione di tali impianti, è dunque un problema di bilanci.
 
Le tariffe di remunerazione dell’energia prodotta col fotovoltaico vengono pagate da una piccola quota ~5% presente nelle nostre bollette di pagamento della fornitura di energia elettrica.
 
Tale piccola quota serve per finanziare le energie alternative ed “assimilate”; cosa davvero si intenda per assimilate non è molto chiaro!
 
Ad ogni modo tali decreti rappresentano un buon passo in avanti verso una seria politica energetica che tuteli il cittadino ed il suo ambiente, anche se bisogna riconoscere che tanto ancora resta da fare per evitare, per esempio, che si speculi come già accade adesso sull’accesso alle richieste di incentivazione.
 
Un sistema sul modello della vicina Germania servirebbe da insegnamento per il paese del sole.