Siamo uno Stato occupato dagli USA
di Massimo FIni - 29/01/2007
D
opo “Ederle 2” è scoppiato uncaso “Sigonella 2”, la base americana
in Sicilia che dovrebbe essere
ampliata con trecento nuove villette
per ospitare altri settemila soldati. Ciò
ha provocato la consueta reazione furibonda
della cosiddetta sinistra radicale,
una spaccatura nell’Unione, le accuse del
centrodestra al governo di non essere in
grado di tenere una coerente politica
estera. Spettacolini già visti.
A mio avviso, la vicenda delle basi americane
in Italia non può essere affrontata
episodicamente, allarmandosi perché
questa o quella viene ampliata e facendo
del pacifismo sterile e a tutto campo, ma
va valutata alla luce della più generale
questione, storicamente inquadrata, dei
rapporti fra Europa e Stati Uniti.
Certo, sono ben strane alleanze quelle
degli Stati Uniti con i Paesi collegati e
non solo con l’Italia. Loro possono avere
basi militari, anche nucleari, in tutti i
Paesi alleati, questi nemmeno un soldato
sul suolo americano. Più che alleanze
sembrano, e sono, sudditanze. Ma c’è
una ragione storica. Finché è esistita l’Unione
Sovietica questa alleanza sperequata
con gli Stati Uniti, e quindi anche la
presenza delle loro basi con pesanti limitazioni
della sovranità nazionale dei Paesi
che le ospitano, era indispensabile perché
solo gli americani avevano il deterrente
atomico necessario per dissuadere
l’“orso russo” dal tentare avventure militari
nell’Europa dell’Ovest. Era chiaro,
cioè, che se i sovietici avessero osato
sganciare un’atomica su Bonn o su Londra
o su Milano, missili nucleari americani,
partendo innanzitutto dalle Basi USA
in Europa, si sarebbero diretti immediatamente
su Mosca. O, quantomeno, pareva
chiaro fin quando Ronald Reagan, a
metà negli anni Ottanta, in un momento
di brutale franchezza o di disattenzione,
si lasciò sfuggire che l’Europa «poteva
essere teatro di un conflitto nucleare limitato
». Era, cioè, ipotizzabile che USA e
URSS si facessero una guerra nucleare
per interposta Europa, dell’Est e dell’Ovest,
senza colpirsi direttamente.
Tuttavia, nonostante queste inquietanti
dichiarazioni, l’ombrello nucleare americano
steso sull’Europa ha funzionato.
È ovvio che gli Stati Uniti, giustamente
dal loro punto di vista, han fatto pagare
ai Paesi europei, fra cui l’Italia, questa
loro protezione o supposta
tale con una sudditanza
militare, politica, economica
e, alla fine, anche culturale.
Dopo il crollo dell’Unione
Sovietica, nel 1989, questa
sudditanza e queste basi
americane sul suolo europeo
diventano solo un fastidioso
pedaggio e un’umiliante
limitazione della sovranità
nazionale degli alleati (tutti
ricordano sicuramente la
vicenda del Chermis, ma si
protrebbero ricordare anche
le decine di ragazze napoletane
stuprate da militari
americani, crimini rimasti
impuniti perché le basi, e i
loro occupanti, godono del
regime di extraterritorialità).
Pedaggio che non ha più
alcuna contropartita.
Oggi queste basi non solo più
fastidiose e umilianti.Sono
diventate un pericolo. Perché
con l’attuale aggressività
americana un Paese
alleato ci mette pochissimo a
diventare “poco affidabile”,
basta che non ci mette
pochissimo a diventare
“poco affidabile”: basta che
non ubbidisca in tutto e per
tutto (e credo che sia per
evitare questo che il governo
Prodi, che già aveva scontentato
gli USA ritirando i
nostri soldati dall’Iraq, ha
deciso, prudentemente, di
dire sì all’ampliamento delle
basi di Vicenza e di Sigonella,
per non irritarli ulteriormente)
e, da qui, un niente
per passare nella lista nera
degli “Stati canaglia”. Per
cui, in un futuro non poi
così lontano, potremmo trovarci
in conflitto con gli Stati
Uniti, ma paralizzati, nelle
nostre decisioni, dalla
presenza sul territorio delle
loro minacciose basi e da
decine di migliaia dei loro
soldati.