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Jugoslavia: perchè il Partito Radicale Serbo si afferma come prima forza del paese

di Yves Bataille - 30/01/2007



Le elezioni legislative serbe svoltesi domenica 21 gennaio hanno messo in luce le seguenti tendenze: una partecipazione degli elettori del 60,4%, considerata forte in rapporto all’elezione precedente (referendum costituzionale). Le liste che emergono sono da una parte quelle pagate dalle mazzette e dai furti di imprese e più o meno finanziate dalle democrazie occidentali (i cosiddetti partiti del « Blocco democratico ») e, dall’altra parte, il Partito Radicale Serbo (SRS), la cui integrità è riconosciuta da tutti, anche dai suoi nemici, e che aveva mobilitato tutti i suoi mezzi materiali ed umani per raggiungere il primo posto. Vi è riuscito.

I grandi perdenti di questo scrutinio sono incontestabilmente per primo Vuk Draskovic e la sua lista Movimento del Rinnovo Serbo (SPO) che, con il 3,3%, non arriva a superare lo sbarramento del 5%. Indebolito da una scissione (SDPO) che si è ritrovata su una lista rivale, l’incoerente ministro degli esteri è pronto per la pensione. A proposito di pensioni, neanche il Partito dei pensionati, che si era apparentato con l’ex sindaco di Belgrado Covic nella lista PUPS-SDP, supera il fatidico sbarramento. Infine, cocente fallimento per la lista Forza Serbia (PSS) di colui che si voleva il Berlusconi serbo e che, malgrado un’orgia di spot pubblicitari, non arriva oltre l’1,7%. Ricercato per furto e truffa, privato della sua televisione (BK) e della sua compagnia di telefonia mobile (Mobtel) Bogoljub Karic, che aveva lasciato alla moglie l’incombenza di tenere la sua campagna elettorale, resterà ancora un po’ nel suo confortevole esilio di Mosca.

Dunque, la prima forza politica è incontestabilmente il Partito radicale serbo (SRS) che si colloca in testa alle 20 liste, con il 28,6% (81 seggi). Seguono il Partito Democratico (DS), 22,7% (64), la coalizione del primo ministro DSS-Nuova Serbia, 16,5% (46), il G17 Plus, 6,8% (19), il Partito Socialista SPS, 5,6% (16) e, infine, la coalizione Partito Liberale Democratico, Alleanza Civica, Unione Social-Democratica, Lega Social-Democratica di Vojvodina (LCP-GSS-SDU-LSV), ultima a passare lo sbarramento del 5%, con il 5,3% (15). Privilegiate dalla legge elettorale, le minoranze nazionali, che non subiscono tale barriera, inviano 8 deputati al nuovo parlamento. Si tratta di 3 Ungheresi, di 2 Musulmani del Sangiaccato di Novi Pazar (Raska), di 2 Rom e di un Albanese della Valle di Presevo (2).

I Radicali in testa a Belgrado
I risultati ingannano e non possono essere analizzati secondo i criteri superficiali della stampa occidentale. Se il SRS perde 1 deputati in rapporto alla legislatura precedente (ne aveva 102), in compenso aumenta di oltre 100.000 il numero dei suoi suffragi e, per la prima volta, arriva in testa nella capitale Belgrado, una città finora considerata per esso difficile. Il SRS arriva in testa anche a Novi Sad, di cui controlla il comune (33%), e nella Vojvodina. In questa regione, a torto considerata « separatisti » (1), precede tutte le altre liste, in particolare a Zrenjanin (32,1%), Sid (34,3%), Sombor (34%) e Pancevo (33,4%). Il SRS ottiene il primo posto anche nelle città industriali di Smederevo (37,4%) e di Kragujevac (26,7) come a Krupanj (29%) e Loznica (26,8%).

Questa volta nel Kossovo il Partito radicale serbo non arriva che in seconda posizione, dietro la coalizione governativa del primo ministro Kostunica che presentava una particolarità, quella di avere come terza componente il gruppo di un ex stretto collaboratore di Arkan, Markovic Palma, l’uomo forte di Jagodina (Serbia centrale). La stessa vedova di Arkan, la celebre Ceca, ha cantato a Belgrado per la lista conservatrice. Inoltre, Kostunica alcuni giorni prima del voto, aveva effettuato un viaggio a Kosovska Mitrovica. Il crescendo patriottardo della « lista n°5 » non ha tuttavia dato i risultati scontati. Malgrado una forte ascesa in Shumaija (Serbia centrale) la lista di Kostunica e del ministro degli investimenti Ilic (ex sindaco di Cacak), appoggiata dagli scagnozzi di Jagodina non è giunta che in terza posizione e ben distanziata dal SRS. Politico conservatore, Kostunica paga il suo immobilismo politico e la sua pusillanimità di fronte alle pretese occidentali. Con lui in carica, Slobodan Milosevic fu sequestrato e deportato a l’Aia. Con lui in carica, il Montenegro si è distaccato dalla Serbia. Con lui in carica, infine, le principali imprese del paese sono state svendute e consegnate alle grandi compagnie straniere. Dopo il colpo di Stato filo-occidentale dell’ottobre 2000, i ricchi si sono ancor più arricchiti ed i poveri si sono ulteriormente impoveriti. Kostunica è incapace di resistere alle pressioni e all’arroganza occidentali.

Sempre più Serbi pensano che il primo ministro debba andarsene e non dedicarsi più che ai suoi studi di diritto.

Il Partito Democratico (DS) mostra di rallegrarsi per il suo « buon risultato », ma constatiamo che tra questo partito di destra liberale (che si dà l’etichetta di « social-democratico ») e il Partito Radicale il distacco auumenta. A vantaggio di quest’ultimo. Tra due anni, alle comunali, il SRS avrà una grande occasione di vincere a Belgrado.
Il Partito democratico ristagna. I conservatori (Kostunica e compagnia) non cessano di perdere terreno. Quanto al Partito Socialista (SPS), esso vegeta al limite della marginalizzazione. Attraversato da una contestazione interna che gli rimprovera di aver scambiato il suo sostegno senza partecipazione al governo Kostunica contro posti di direttivi di imprese commerciali, il SPS sopravvive solo mantenendo alcune forti posizioni municipali nell’Est e nel Sud del paese. Il suo presidente, Ivica Dacic, si è costruito un «look» che ricorda Slobodan Milosevic all’inizio della sua ascesa politica. Ma la vecchia guardia socialista si è tenuta al di fuori (in particolare gli animatori di Sloboda, i comitati di sostegno a Milosevic) oppure si è unita al manifesto dell’ex numero due del partito, Mihajlo Markovic, che apporta il suo sostegno critico al SRS.

Washington dietro i separatisti della Vojvodina
L’ultimo gruppo ad aver superato (di misura) lo sbarramento del 5% ha una particolarità: il finanziamento della sua campagna è stato interamente effettuato dagli Americani attraverso la Fondazione Soros, l’USAID e il National Endowment for Democracy (NED), una copertura della CIA. Da questo esempio, si vede benissimo chi sono i preferiti degli Stati Uniti : il capo del Partito Liberal-Democratico (LDP), Cedomir Jovanovic, è noto per la sua dipendenza dalla droga (cocaina). È stato escluso dal Partito Democratico in parte per questo motivo. Presente nella coalizione del LDP, animatore del gruppuscolo social-democratico SDU, Zarko Korac, molto apprezzato dai giornali occidentali, è noto per il suo accanimento nel garantire la difesa degli omosessuali e degli Ebrei. In questa lista, troviamo anche l’animatrice di Alleanza Civica (GSS), un gruppo in declino che ha avuto il suo « momento di gloria » mediatica alcuni anni fa durante la contestazione del « regime de Milosevic ». Gruppo, all’epoca, pagato interamente da Soros e composto da ex comunisti riciclati nell’ultra-liberismo.

I rampolli di questi ex comunisti riciclati avevano formato Otpor che si è riprodotto in Georgia e in Ucraina, ma non esiste più in Serbia. Questa gioventù da McDonald’s e questi comunisti rinnegati addestrati da Washington si ritrovano, in tale lista, con il «democratico-cristiano» Batic, ex ministro della giustizia che non rappresenta niente, e con il separatista della Vojvodina, Canac. Quest’ultimo, che passa per uno squilibrato mentale, ritorna dopo uno stage di un anno negli Stati Uniti. Ha come missione lo sviluppo del movimento separatista. Ancor più del suo semplice risultato, la natura stessa di questo gruppo svela il tipo di società voluto dagli Stati Uniti in Europa. Una società balcanizzata, malata, fatta di marginali, di invertiti e di squilibrati. Una società dimentica, tagliata dalle sue radici, che coltiva l’odio di sé (xenomania e panmixia planetaria), una società abbrutita dall’americanizzazione culturale e mediatica, facile da manipolare e interamente alla mercé del piccolo gruppo che vuole dominare l’universo. Questo si chiama « società aperta », « nation building » e « democrazia ». Il Partito Radicale Serbo (3) è il solo a poter impedire che il veleno esportato dagli Stati Uniti divenga, qui come altrove, il modello dominante.



(1) Contrariamente a ciò che molti all’estero credono, il movimento autonomista o separatista in Vojvodina non è un’esclusiva ungherese. Lì i Magiari non sono che 300.000 su una popolazione globale di oltre 2 milioni di abitanti. Le altre piccole minoranze etniche, gli Slovacchi, i Ruteni, i Valacchi, sono piuttosto filo-serbe. Se esiste uno specifico movimento separatista ungherese (o magiaro), questo è limitato alla regione di Subotica. Lì, il movimento di Josef Kasa, sindaco di Subotica, ottiene l’essenziale dei suoi voti. Cosa abbastanza paradossale, il grosso del movimento autonomista e separatista della Vojvodina è…serbo. Si tratta di Serbi un tantino nostalgici dell’Impero Austro-Ungarico e che si credono superiori a « quelli del Sud ». Granaio e terra di agricoltura intensiva, la Vojvodina trae la sua ricchezza dalla sua vasta pianura, prolungamento geografico della Putsza ungherese. Lo stato d’animo di alcuni, che si traduce in tendenze separatiste, dovrebbe ricordare agli Italiani alcune cose. Nei Balcani, gli Americani, che vogliono la totale frammentazione della regione, alimentano le tendenze separatiste.
(2) Queste elezioni danno un’indicazione interessante sul rapporto tra le forze etniche nelle tre piazze cosiddette « albanesi » della Serbia meridionale, Medveja, Bujanovac, Presevo. A Medveja, con il 21,4%, è il SRS ad essere in testa, seguito dalla lista albanese che ottiene solo il 16,7% , senza contare le altre liste serbe che anch’esse ottengono voti. A Bujanovac, se la lista albanese arriva in testa con il 39,7%, è seguita dal SRS che ottiene il 25,3%. Solo a Presevo gli Albanesi dominano elettoralmente, con l’82,4% dei voti contro il 6,3% del Partito Radicale.
(3) Il SRS è interamente diretto dal carcere di Scheveningen in Olanda da Vojislav Seselj che, contrariamente alle insinuazioni di una certa stampa americana, ha il sostegno della totalità del Partito. Il SRS avrebbe la possibilità di allearsi con la coalizione conservatrice di Kostunica e di partecipare al nuovo governo. Ma ha già detto di volere tutto il potere per applicare il suo programma. A riprova che Seselj dirige il Partito, Toma Nikolic, numero due del SRS, si è recato a L’Aia dopo le elezioni per chiedere il parere del « Vojvoda », Vojislav Seselj. La direzione del SRS non prenderà la sua decisione che dopo aver sentito il pensiero di quest’ultimo. Se non sarà possibile mettere insieme una maggioranza, la Serbia tornerà a votare quest’anno, che è anche l’anno delle presidenziali.