Darwin nella trappola per topi. La natura come manifestazione di un agente intelligente
di Andrea Lavazza - 30/01/2007
Fonte: progettocosmo
«Chi vede i presidenti Usa scolpiti sul monte Rushmore capisce che non è erosione; la stessa cosa avviene davanti alla complessità di una cellula. Disegno intelligente vuol dire che certi fenomeni si spiegano meglio come frutti di razionalità»
Nove anni fa mosse le acque del dibattito sull'evoluzionismo con il suo Darwin's Black Box («La scatola nera di Darwin»). Da allora la teoria del «progetto» (o disegno, come ormai si traduce) «intelligente» (Intelligent Design, ID) ha fatto un salto di qualità e di popolarità, finendo con l'essere saldata (e spesso confusa) con le posizioni creazioniste del fondamentalismo riformato, che vuole bandire il darwinismo dalle scuole.
Eppure Michael J. Behe, docente di biochimica alla Lehigh University, in Pennsylvania, rifiuta il creazionismo letteralista, pensa che l'evoluzione debba essere studiata da tutti e che la scienza sia un'alleata del cristianesimo. Su questi temi sarà chiamato testimoniare come esperto di parte nell'infuocato processo in corso a Harrisburg (Usa) proprio sull'insegnamento del darwinismo.
Professor Behe, che cos'è l'argomento del «disegno intelligente»? Quali sono le prove a suo sostegno?
«L'ID è l'affermazione che alcune parti della natura vengono meglio spiegate come il prodotto dell'azione deliberata di un agente intelligente. Un buon esempio è quello del monte Rushmore, su cui sono scolpiti i volti di quattro presidenti americani. Vedendoli, anche un turista che non ne avesse mai sentito parlare capirebbe che sono il frutto di un progetto, non del vento e dell'erosione. In biologia accade una cosa simile: la scienza ha scoperto che parti della natura danno la forte impressione di essere il risultato di un progetto. La ricerca ha provato che il fondamento della vita, la cellula, è gestita da una complessa e sofisticata macchina molecolare. Ci sono, letteralmente, piccoli camion e piccoli autobus molecolari che lavorano nella cellula e piccoli motori fuoribordo che le permettono di muoversi. Di tali aspetti si dà un migliore resoconto considerandoli prodotto di un progetto piuttosto che del caso e della selezione naturale».
Per sostenere l'inadeguatezza del darwinismo nel dare conto dell'evoluzione, lei ha introdotto i concetti di «scatola nera» di Darwin e di complessità irriducibile. Di che cosa si tratta?
«La scatola nera è la cellula. Darwin, come altri scienziati dell'epoca, ne aveva scarsa conoscenza e pensava che fosse molto semplice. Oggi sappiamo invece che è enormemente sofisticata e complessa, dando la forte impressione di essere stata esplicitamente progettata. La complessità irriducibile è legata al fatto che tutte le macchine, per funzionare, hanno bisogno di vari componenti e si fermano se vengono private di quelli indispensabili. Pensiamo a una semplice trappola meccanica per topi. La sua complessità è irriducibile perché, se fosse più semplice, sarebbe inservibile. Tali sistemi non possono essere costruiti gradualmente, come vuole il modello darwiniano, in quanto la funzione compare solo dopo che molte parti sono state assemblate. La macchina cellulare in questo è simile a una trappola per topi: ha bisogno di molte parti per funzionare. È quindi difficile immaginare in che modo - secondo la prospettiva darwiniana - sia possibile costruirla aggiungendo un pezzo alla volta».
I biologi darwinisti sostengono che vi è un enorme mole di prove paleontologiche a sostegno dell'evoluzione tramite selezione naturale. Si sbagliano tutti?
«Si sbagliano a metà. Vi è un'enorme mole di prove paleontologiche a favore dell'idea di una discendenza comune: tutti gli organismi discendono da un unico antenato. Lo pensavano anche scienziati precedenti a Darwin. Egli però sostenne che l'evoluzione non è teleologica, bensì guidata da mutazione casuale e selezione naturale prive di un fine. Tuttavia, non c'è prova della selezione naturale nei reperti fossili, dai quali è impossibile evincere quale meccanismo possa averne causato i cambiamenti nel tempo».
Il disegno intelligente è una forma mascherata di creazionismo?
«No. Io sono cattolico. Non sono mai stato un creazionista in senso letterale. L'ID è semplicemente una teoria che cerca di dare conto del fatto che nella vita ci sono forti indizi di un progetto».
Se qualche forza esterna (i miracoli) interviene nel corso naturale degli eventi e lo modifica, come possiamo fare affidamento sulla scienza e sulle leggi di natura? Non siamo costretti a rinunciare alla scienza così come la conosciamo?
«No. In apparenza, per la maggior parte del tempo, la natura segue leggi regolari. Ma non sempre. È un dato di fatto che il Big Bang non è una "legge regolare". Costituisce una singolarità, l'inizio della natura. Anche altri aspetti sono unici: la forza di gravità e la carica dell'elettrone. Il solo fatto che alcuni caratteri della vita siano il frutto di un progetto non implica che la scienza non possa esaminarli».
Non ritiene che il dibattito tra evoluzionisti e sostenitori dell'ID sia falsato da visioni filosofiche e teologiche sottostanti?
«Uno scienziato dovrebbe mettere da parte, il più possibile, filosofia e teologia. Penso comunque che un teista sia in una posizione migliore rispetto a un ateo. Quest'ultimo deve pensare che la natura sia auto-sufficiente e far rientrare tutti i risultati sperimentali in tale schema. Un teista può ritenere che forse Dio ha posto la natura in modo che sia auto-sufficiente o che forse non l'ha fatto. Per cui deve valutare le prove e giungere a una conclusione. È quello che io sto cercando di fare».
Da un punto di vista strettamente scientifico perché Dio non potrebbe aver scelto di lasciar evolvere il mondo dagli amminoacidi all'uomo?
«Avrebbe potuto farlo. Ma abbiamo prove che non è stato così».
Il filosofo della biologia Michael Ruse argomenta che «se l'ID è vero, Dio ha avuto una parte nel creare ciò che è molto complesso e ciò che è buono; ma allora dovremmo ritenerlo responsabile di aver fatto sì, o permesso che, nascesse ciò che è molto semplice o ciò che è cattivo, come ad esempio le malattie genetiche». Che cosa replica?
«Ritenga pure Dio responsabile. Questo è un problema per i teologi. Io sono uno scienziato e vedo il progetto nella cellula. Se ciò produce risultati dannosi, ciò non significa che non vi sia progetto».
Che cosa si dovrebbe allora insegnare a scuola?
«Dovremmo insegnare la teoria prevalente (il darwinismo), le prove a suo favore, le prove che vanno in direzione opposta e perché così tanta gente è in disaccordo con il modello darwiniano».
Spesso si accusano i cristiani di essere ostili alla scienza moderna, che nega Dio. Lei è uno scienziato affermato e un cattolico, qual è la sua posizione?
«La storia occultata della scienza moderna dice che essa indica una realtà oltre la natura: il progetto. Un secolo fa i cosmologi pensavano che l'universo fosse eterno, oggi sappiamo che ha avuto un inizio, come insegna il cristianesimo. Un secolo fa si riteneva che l'universo fosse insignificante, oggi abbiamo scoperto che per molti aspetti è finemente predisposto per la vita. L'immagine pubblica della scienza è stata alterata per sostenere l'ateismo, ma si tratta di una falsa rappresentazione della realtà. I risultati attuali della scienza portano decisamente a Dio. I cristiani non devono avere paura (come diceva Giovanni Paolo II). La vera scienza è una loro alleata».
mms://media.la7.it.edgestreams.net/video/8emezzo/ottoenezzo_290107_300k.wmv
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