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Uno spazio nuovo oltre la sinistra (Lettera al Manifesto non pubblicata)

di Marino Badiale, Massimo Bontempelli - 31/01/2007

 

 

Nel Manifesto di oggi (26-01-07) G.Cremaschi e M. Revelli pongono le questioni di fondo a cui dovrebbe rispondere la sinistra cosiddetta radicale che sostiene il governo Prodi: che ne è del “no alla guerra”, della “richiesta di democrazia e di diritti civili”, del “rifiuto del liberismo nell’economia e nel lavoro”, dei nuovi diritti di cittadinanza? Notano come il governo Prodi su questi temi abbia elevato un “muro impenetrabile”, e chiedono alla sinistra cosiddetta radicale di scegliere uno di questi temi e su di esso “fare sul serio”. 

La grande lucidità di Cremaschi e Revelli è apprezzabile, ma ci sembra non riesca ad andare fino in fondo. Scrivono infatti: “nonostante tutto, continuiamo a credere che, in sé, il centrosinistra non fosse inevitabilmente condannato alla politica attuale”. E argomentano che la politica attuale del centrosinistra tradisca le aspettative della sua base sociale. Ma in tal modo mescolano realtà e illusione. L’attuale politica del centrosinistra è la logica continuazione di quella tenuta dai governi di centrosinistra nella legislatura 1996-2001: privatizzazioni, precarizzazione del lavoro (pacchetto Treu), distruzione della scuola pubblica, istituzione dei CPT, guerra alla Jugoslavia e accettazione della trasformazione della NATO in forza di pronto intervento planetario. E non c’è in questo nessun tradimento: il centrosinistra non risponde certo al popolo che lo vota, ma ai poteri forti dell’economia dai quali dipende. Queste tesi, che qui enunciamo in modo telegrafico, le abbiamo argomentate più distesamente in un libro che uscirà fra poco con le edizioni Massari (“La sinistra rivelata”). Infine, ci sembra inutile sperare che la sinistra cosiddetta radicale possa “fare sul serio”: essa è costruita per fare politica solo a partire dalle risorse, dalla visibilità e dai finanziamenti concessi a chi è interno alle istituzioni. Fare sul serio, per essa, significherebbe rompere con la sinistra cosiddetta riformista, e affrontare una lunga permanenza al di fuori dell’ambito istituzionale, per la quale essa non è minimamente attrezzata. Così stando le cose, è inutile chiedere qualcosa alla sinistra governativa (radicale o riformista). Lasciamola ai suoi giuochi di potere, e cominciamo a creare uno spazio politico e culturale radicalmente altro.