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L'affare dell'acqua da Torino a Palermo

di Davide Pelanda - 01/02/2007





 

E se la Società metropolitana acqua Torino (SMAT) gestisce l'acquedotto a Palermo? D'ora in poi lo farà per la bellezza di trent'anni! Infatti proprio in questi giorni, assieme a Amga di Genova e Sap (Società acque potabili) una società privata quotata in borsa a Milano dal 1965 ha vinto la gara per la gestione appunto dell'acqua che esce dai rubinetti delle case dei palermitani.

Dicono al Consiglio di amministrazione SMAT che è una SPA, che lo fanno altrimenti la gestione sarebbe in mano alla mafia."Sappiamo bene che a Palermo si è evitato il peggio, il rischio cioè di lasciare mano libera alla mafia e al malaffare" dicono quelli del Comitato promotore torinese della Legge d'iniziativa popolare per la ri-pubblicizzazione dell'acqua - ma non possiamo non condividere le posizioni assunte dagli amici e compagni palermitani, da quei venti (piccoli) comuni che hanno provato ad opporsi, dal comitato "Acqua in comune", dai movimenti e dalla Cgil: non era questa la Smat che"sognavamo" quando, tre anni fa, lottavamo per l'affidamento "in house".

A preoccupare il Comitato sono anche le dichiarazioni del sindaco di Torino Sergio Chiamparino che, in una intervista al quotidiano La Stampa ha affermato che "Se vogliamo mantenere alcuni beni primari sotto controllo pubblico, come l'acqua, bisogna farlo dentro e non fuori il mercato". Un quadro che si annuncia a tinte fosche per il futuro dei servizi pubblici locali. Soprattutto quando poi, insieme all'Amga di Genova, Smat ha acquisito da Italgas il controllo della Società acque potabili (Sap). Smat e Amga detengono (entrambe) il 43,99% delle azioni.

"Che una società pubblica compri una quotata in Borsa (anche se per salvarla dal sicuro interesse di una società francese)" affermano ancora dal Comitato torinese che sta raccogliendo le firme per la ri- pubblicizzazione dell'acqua - ci sembra un ossimoro, ma -ancora di più-è grave che l'obiettivo evidente dell'"affare" Acque potabili fosse, per Smat, quello di disporre di una longa manus con cui partecipare a gare per l'affidamento del servizio idrico integrato in altri Ato italiani".
Ecco dunque che i promotori torinesi della legge popolare per l'acqua pubblica ritengono "necessario aprire -a partire dalla nostra città - il dibattito sulla natura societaria dei soggetti affidatari del servizio idrico. E' uno dei "nodi" centrali del testo di legge presentato dai movimenti: il superamento della legge Galli prevede che l'acqua non sia più in mano a Società per azioni (società = ente di diritto privato) ma a Enti di diritto pubblico (assumano la forma di Azienda speciale o di Consorzio)". E pensare che nel maggio del 2004 l'assemblea dell'Ambito territoriale ottimale (Ato) 3 della Regione Piemonte, grosso modo il territorio della Provincia di Torino, scelse di affidare "direttamente" (ovvero, senza indire una gara d'appalto) la gestione del servizio idrico integrato alla Società metropolitana acqua Torino (Smat), la decisione venne salutata come una vittoria del movimento. La scelta "in house" era, di fatto, frutto dell'impegno sul territorio da parte di associazioni, comitati e sindacati, che avevano incontrato la sensibilità dell'Amministrazione provinciale. L'affidamento diretto dell'Ato torinese, uno dei più importanti d'Italia per numero di utenti serviti (quasi 2 milioni), ha rappresentato -per anni- uno dei

"fiori all'occhiello" del movimento nazionale. E che nel 2005 il consiglio comunale di Torino aveva di fatto"blindato" il controllo pubblico del 100% delle azioni dell'azienda.
E l'involuzione della situazione della gestione dell'acquedotto torinese fa dire alle oltre 40 sigle che compongono il "cartello" piemontese "Acqua pubblica ci metto la firma!" che "La Smat non è proprietà del sindaco né del consiglio d'amministrazione, ma dei cittadini di Torino e dell'Ato 3, che non hanno alcun ruolo diretto nelle sue scelte strategiche e nella sua gestione: questo è un punto cruciale della nostra Proposta di legge".