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Il ciclista (recensione)

di Viken Berberian - 01/02/2007

     
  

Autore: Viken Berberian
Titolo: Il Ciclista
Edizioni: Minimum Fax, Roma 2005
Pagine: 185

Un romanzo breve animato da una scrittura fresca e ammiccante, questo di Viken Berberian, che cerca di accostare un tema caldo della nostra epoca: il martirio rivoluzionario.
La storia descrive lo stato d'animo di un kamikaze libanese alla vigilia del suo primo attentato, e lo fa riuscendo al contempo ad essere un romanzo che è un inno alla vita, strapieno di sensualità erotiche, olfattive ed alimentari, utilizzando una visione decisamente laterale rispetto ad uno dei fenomeni più inquietanti della nostra epoca. Non è neanche la storia di un attentato, in effetti, perché lo spunto narrativo è un incidente occorso al protagonista durante la preparazione dello stesso, incidente che lo costringe ad un lungo periodo di ospedalizzazione preventiva, occasione a sua volta di lunghe meditazioni su cibo, sesso e morte.
Resterà deluso chi nel romanzo cercherà qualche spiegazione in merito alle ragioni che animano l’islam integralista: nonostante l’ambientazione, ed i frequenti richiami alla volontà di Allah che attraversano le pagine, la questione terrorismo viene affrontata in chiave tutt’altro che religiosa, come Berberian fa capire fin dall’inizio, ambientando le affiliazioni all’Accademia (nome in codice dell’organizzazione) in un fumoso pub londinese.
L’autore stesso, nato in Libano dove ha speso l’infanzia, sembrerebbe appartenere a quella diaspora poliglotta e multi-culturale di figli eccellenti dell’apparato libanese distrutto nel corso della guerra civile, almeno a giudicare dal suo curriculum: laureato all’esclusiva London School  of Economic, oltreché alla Columbia University, vive, secondo le presentazioni editoriali, tra Marsiglia e New York, dove lavora nel campo finanziario.
Ed infatti del Libano traspaiono delicate ricostruzioni che sembrano sempre ricoperte dal velo della memoria, seppur impietosamente ciniche nella loro attualità: quel che sembra davvero animare l’odio del personaggio è la presenza di fast food a Beirut, una delle capitali gastronomiche del pianeta, come anche la sovrapposizione di miti culturali occidentali, ad esempio il primato estetico delle donne magre su quelle grasse.
Insomma, un racconto fresco come una rosa ma pesante come un macigno, una storia in cui passioni e nichilismo si fondono in un tutt'uno, a conferma che nello spazio infinito le cose non sono mai quello che sembrano.