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Somalia: il terzo fronte americano

di Ignacio Ramonet - 07/02/2007






Imbarcati già in una “guerra globale contro il terrorismo” in Afganistan e in Iraq, gli Stati Uniti hanno appena inaugurato un terzo fronte(1) in Somalia. Le loro recenti incursioni aeree e l'invio di navi da guerra provano che, agli occhi di Washington che aveva già messo in marcia alla fine del 2001 una coalizione antiterrorista nel golfo di Aden, il Corno d'Africa è da ora in avanti parte del teatro di operazioni contro la rete di Al Qaeda.

Finanziata dai commercianti di Mogadiscio, stanchi degli abusi dei signori della guerra, l'Unione dei Tribunali Islamici ha cacciato via questi ultimi e ha preso la capitale nel giugno del 2006.

Dopo aver dimostrato una stretta visione della “lotta contro il terrorismo” e aver scommesso sui signori ella guerra, gli Stati Uniti non accettano questo nuovo ordine. Per di più quando i Tribunali vengono accusati di ricevere aiuti dall'Iran. Per questo, il Pentagono sta spingendo l'Etiopia cristiana, che beneficia di un programma di assistenza militare statunitense dal 2002, a lanciare un'offensiva, mettendo a sua disposizione mezzi di riconoscimento aerei e di ascolto via satellite.

La campagna degli etiopi è stata folgorante. In otto giorni, le regioni controllate dai Tribunali Islamici sono state occupate e Mogadiscio è stata presa il 28 dicembre del 2006. Circa ventimila soldati etiopi si trovano attualmente sparsi per il paese. Spinto dagli Stati Uniti dal mese di giugno del 2006, il Gruppo di contatto Internazionale sulla Somalia si è riunito all'inizio di gennaio, a Nairobi (Kenia), e ha insistito per finanziare “in modo urgente” una forza di pace prevista dall'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). Per ora, oltre all'Etiopia, solo l'Uganda si è mostrata conforme ad inviare delle truppe. Washington ha annunciato che concederà un aiuto di 16 milioni di dollari al presidente somalo di transizione, Abdullahi Yusuf, così come aiuti umanitari e un secondo invio di 24 milioni di dollari, dei quali 14 milioni andranno per la forza di pace. L'Amministrazione Bush accusa gli islamici somali di proteggere due terroristi - Fazul Abdulà Mohammed e Ali Saleh Nabhane – implicati negli attentati del 1998 contro le ambasciate degli Stati Uniti in Kenia e Tanzania, che lasciarono un saldo di 224 morti.

Contro questo intervento, il numero due di Al Qaeda, Ayman al Zawahiri, chiama i combattenti islamici alla resistenza:” Insisto affinché tutti i musulmani rispondano alla chiamata della ‘yihad' in Somalia. (…). La vera guerra inizierà per mezzo degli attacchi contro le forze etiopi di aggressione (…). Raccomando loro le imboscate, le mine, le operazioni suicide”(2). Consiglio anche di ispirarsi alle guerriglie in Afganistan e in Iraq. Dal canto suo, Abdulharim Ali Modei, portavoce dei Tribunali Islamici, affermava che il suo movimento “non era stato vinto”. I suoi uomini si sono raggruppati a sud del fiume Juba, che confina con il Kenia, una regione nella quale gli etiopi come le forze speciali statunitensi, con l'appoggio di aerei AC-130 con base in Yibuti, perseguitano gli islamici.

Così come la presa di Kabul, nel 2002, non ha risolto il problema telebano, o quella di Bagdad, nel 2003, non ha risolto il problema iracheno, quella di Mogadiscio da parte delle forze etiopi è lontana dall'aver risolto il problema somalo. Questo non è nient'altro che iniziato.

(1) O un quarto, visto che nell'agosto del 2006, nel corso dell'offensiva israeliana contro Hezbolà, il presidente Bush ha dichiarato: “il Libano è il terzo fronte della guerra mondiale contro il terrorismo”.

(2). AFP, 6 gennaio 2007.

 

Fonte originale www.rebelion.org

traduzione di Giorgia Guidi per Megachip