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La pax irachena che spaventa Washington

di Massimo Fini - 07/02/2007

 

Con l’attacco del 2003 all’Iraq, e

tutto quel che ne è seguito, l’Amministrazione

Bush è riuscita ad

annullare vent’anni di politica americana

nella regione.

Perché nel 1985, quando le truppe iraniane

stavano per prendere Bassora, gli

Stati Uniti vennero in soccorso di Saddam

Hussein, rimpizandolo di armi, fra

cui anche le famose “armi di distruzione

di massa”, fornendogli esperti, supporto

logistico e anche intervenendo qua e là

direttamente, con qualche pretesto? Perché

la presa di Bassora avrebbe comportato

l’immediata caduta di Saddam e la

riunione dell’Iraq sciita all’Iran altrettanto

sciita. E gli americani (ma anche i

sovietici) temevano l’Iran di Khomeini

che propugnava una “via islamica allo

sviluppo”, una sorta di “terza via” lontana

tanto dal capitalismo occidentale che

dal comunismo sovietico (i “due Grandi

Satana” nel linguaggio dell’Ayatollah

Khomeini). Temevano la diffusione delle

idee di Khomeini. Ecco perché sostennero

il laico Saddam Hussein (allora il dittatore

di Baghdad si proclamava tale; si

sarebbe scoperto campione dell’islamismo

solo con la Prima Guerra del Golfo) contro

l’Iran religioso e sciita (c’è da notare,

en passant, che l’interpretazione sciita

dell’islamismo non ha niente a che fare

con l’estremismo waabita che è quello che

ha partorito Bin Laden e il terrorismo: è

molto più pragmatica, come pragmatico è

il Corano).

Finita la guerra Iraq-Iran nel 1988, con

un “pari e patta” imposto dall’intervento

americano, Saddam aggredì il Kuwait

con le armi che Stati Uniti, Francia e, via

Germania Est, sovietici gli avevano fornito.

Gli americani crearono allora la

grande coalizione contro Saddam e fu la

Prima Guerra del Golfo. Ma, dopo aver

bombardato per due mesi le città irachene,

facendo 160mila vittime civili (fra cui

32.195 bambini), gli americani fermarono

le truppe del generale Schwarzkopf a

50 chilometri da Baghdad, rinunciando a

prenderla e a far cadere Saddam. Perché?

Perché Saddam gli serviva in funzione

antisciita e, quindi, antiraniana,

oltre che anticurda. E infatti Saddam,

sempre con le armi americane, massacrò

gli uni e gli altri.

Nel 2003 gli americani hanno attaccato,

invaso e occupato l’Iraq e,

cacciato Saddam, hanno

imposto a quel Paese la

democrazia. E al governo

chi è andato? Sono andati,

naturalmente, gli sciiti che,

con 15 milioni, rappresentano

il 60% della popolazione

irachena. E gli sciiti iracheni

si sono via via legati ai loro

confratelli iraniani. L’Iran è

stato uno dei primi Paesi a

riconoscere il nuovo governo

iracheno. Adesso Teheran ha

proposto al governo iracheno

di Al Maliki un accordo

«per presidiare le frontiere e

creare un comitato congiunto

per la sicurezza». Non

solo. Teheran, sempre in

accordo col governo iracheno,

ha proposto una sorta di

suo “piano Marshall” per la

ricostruzione dell’Iraq.

«Un’attività in cui siamo

esperti - ha osservato l’ambasciatore

iraniano a Baghdad,

Hassan Kazemi Qumi -

perché ci siamo ricostruiti

dopo la guerra contro Saddam

». È quindi prevista l’apertura

di banche iraniane a

Baghdad, insieme ad accordi

di cooperazione nei settori

petrolifero, agricolo e di

approvvigionamento di elettricità.

E Qumi ha invitato le

società petrolifere americane

ad essere della partita.

Tutto ciò fa piazza pulita

delle accuse americane all’Iran

di fomentare il terrorismo

in Iraq. Il terrorismo in

Iraq ha, infatti, come primo

obiettivo quello di abbattere

il governo democratico iracheno

e l’Iran non ha alcun

interesse a far cadere un

governo che gli è amico e

affine, per religione, etnia e

cultura.

Questa “joint venture” fra il

governo sciita in Iraq e il

governo sciita in Iran sembrerebbe

una buona soluzione

per pacificare l’Iraq. Ma

allarma moltissimo gli americani

che vi si oppongono

furiosamente. Perché in tal

modo il loro ruolo in Iraq

verrebbe drasticamente ridimensionato

a favore dell’Iran.

Tanto che i Democratici

americani temono che Bush,

per prevenire questi ragionevolissimi

accordi e per stornare

l’attenzione dai suoi

fiaschi in Iraq, «bombardi

gli impianti militari e nucleari

iraniani» (Corriere della

Sera, Ennio Garetto,

30/01/07).

E allora chi è che davvero

non vuole la pace in Iraq?