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Intervista a José Angel López Jorrin, presidente spagnolo della OSCE 2007

di Herman Bashiron - 08/02/2007

L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) raggruppa ben 56 Paesi ed unisce, da Vancouver a Vladivostok, il blocco Euratlantico con quello Eurasiatico. La Presidenza di tale organismo ruota annualmente e per il 2007 tale Presidenza sarà esercitata dalla Spagna. In questa intervista a José Ảngel López Jorrin, Ambasciatore in missione speciale per la Coordinazione della Presidenza spagnola della OSCE 2007, si discute sia del programma spagnolo che di alcuni temi chiave della politica internazionale. Tra risposte articolate e risposte silenziate escono fuori sia le buone intenzioni di dialogo e multilateralismo, ma soprattutto il profilo di un’organizzazione fondamentalmente debole e che diviene spesso, probabilmente, strumento delle ambizioni NATO.






Quali sono le priorità nel programma di Presidenza spagnola della OSCE nel 2007?

La Spagna, fondamentalmente, aspira a potenziare la OSCE come foro di dialogo.
La OSCE è un’organizzazione basicamente disegnata affinché i governi, gli Stati, cooperino mediante il dialogo e affinché trovino formule per dare sicurezza all’Europa ed evitare qualsiasi tipo di problema. Quindi, nella misura in cui i problemi esistenti possono essere affrontati attraverso il dialogo, in questa stessa misura è più facile trovare formule di cooperazione.
Con ciò, l’unica cosa che vuole la Spagna è mantenere la vitalità dell’organizzazione; organizzazione che da due o tre anni si trova in una incipiente crisi, per una serie di motivi molto diversi, e la Spagna vuole darle un impulso di vitalità.
In maniera più specifica: nell’ambito politico-militare la nostra enfasi sarà diretta nella lotta contro il terrorismo, in questo senso avrà luogo una conferenza di alto livello a Vienna, intorno alla metà dell’anno, sulla collaborazione delle società nella lotta contro il terrorismo; faremo inoltre una conferenza sulle vittime del terrorismo e una terza priorità riguarda lo sviluppo della cooperazione civile e militare in situazioni di emergenza e quindi disegnare i meccanismi per affrontare tali situazioni affinché possano essere messi in moto dai governi. Nell’ambito della dimensione economica e medio ambientale il tema che abbiamo deciso di affrontare riguarda la degradazione del suolo e la gestione dell’acqua, ossia lotta contro la desertificazione, contro la degradazione del terreno, una miglior gestione di tutti i componenti che mantengono il terreno utile per l’agricoltura e la gestione dell’acqua, che ci sembra fondamentale, nella gestione dei bacini condivisi, nei mari interni, tanto come fonte di energia, come bene necessario per l’agricoltura, quanto come bene assolutamente necessario per il consumo umano. Tutto ciò nell’ottica che il prossimo anno si terrà la Expo Saragozza sull’acqua e lo sviluppo sostenibile e per poter dargli quindi continuità.
Nell’ambito della dimensione umana, sotto l’ombrello della diversità e partecipazione nelle società plurali, fomenteremo la lotta contro l’intolleranza. Avrà luogo a Bucarest una conferenza sull’antisemitismo e altre forme di intolleranza e allo stesso tempo vi sarà un’altra conferenza a Cordoba in materia di islamofobia e intolleranza contro i musulmani. Si tratterà anche dei problemi che pone l’immigrazione per la coesione delle società, la lotta per l’uguaglianza tra uomo e donna, etc.


Un’area di speciale interesse per la OSCE riguarda l’Europa dell’Est, i Balcani, il Caucaso. Vi sono al momento dei conflitti aperti come quello in Transnistria, Ossezia del Sud, Abkhazia e Nagorno Karabaj. Come agisce la OSCE in questi territori?

Ogni conflitto è distinto ed ogni conflitto ha un meccanismo distinto di trattamento. Abkhazia, fondamentalmente, si trova sotto la responsabilità dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, quindi non è direttamente sotto la OSCE. Nel conflitto della Transnistria c’è un meccanismo di negoziazione dove ci sono tre mediatori, che sono la Russia, l’Ucraina e la OSCE, due osservatori, che sono gli Stati Uniti e l’Unione Europea e infine le parti. Quindi, a volte si riuniscono i mediatori e gli osservatori e altre volte si riuniscono questi ultimi più le parti. Recentemente a Madrid abbiamo realizzato una riunione con mediatori e osservatori, ossia 3+2, però quello che vogliamo è rilanciare le negoziazioni dirette tra le parti con i mediatori, che non si svolgono da oltre un anno. L’ultima negoziazione si realizzò al principio della Presidenza belga e dopo si sono bloccate. Noi vogliamo utilizzare questo meccanismo di mediazione, dargli nuovo impulso. Non abbiamo nessun piano specifico, ce ne sono diversi sulla scrivania e principalmente si tratta di appoggiare il dialogo. Per quel che riguarda il Nagorno Karabaj c’è anche lì un meccanismo, che è il gruppo di Minsk, dove ci sono tre co-presidenti, Russia, Usa e Francia, che aiutano le parti a trovare una soluzione. Ci sono state delle conversazioni, adesso bisogna aspettare la metà dell’anno, aspettare che si svolgano le elezioni in Armenia e dopo sarà possibile riprendere tali conversazioni. Ancora una volta il nostro compito è fare in modo che le parti dialoghino. In quanto a Georgia e Ossezia del Sud, si tratta di riprendere le conversazioni, al momento bloccate soprattutto a causa della crisi che c’è stata alla fine dell’anno scorso quando sono stati cacciati degli osservatori russi, però adesso è tornato l’ambasciatore di Mosca a Tbilisi. Come agisce la OSCE? Appoggiando le mediazioni. Le missioni della OSCE sul terreno sono incaricate di facilitare il dialogo. Non c’è nessuna azione spettacolare.


Molte volte questi conflitti minori nascondono un conflitto di maggior rilevanza che, in questo caso, vedrebbe la Russia da un lato e le pressioni della NATO, ossia dell’alleanza atlantica, dall’altro. E’ in atto un processo per isolare la Russia e rafforzare l’influenza NATO?

Dal punto di vista della OSCE non si può arrivare a questa conclusione e al di fuori della OSCE non mi trovo nella capacità di poterlo affermare. Nella OSCE i 56 paesi che ne fanno parte si muovono allo stesso livello e tutti hanno lo stesso diritto. Credo che non si tratti di isolare la Russia, sinceramente non credo che questo sia il problema, il fondo della questione. Credo che in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica e allo stabilimento di società democratiche ci sia una situazione difficile, perché ogni paese è differente e ci sono gelosie antiche. Bisogna tenere in conto che questi conflitti che abbiamo menzionato prima, Transnistria, Ossezia del Sud e Nagorno Karabaj, hanno origine esattamente nello stesso momento in cui ha origine la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Non credo che sia interesse della NATO isolare la Russia, al contrario, l’interesse della NATO e dei paesi che ne fanno parte è quello di stabilire società democratiche. Precisamente, nel momento in cui si potessero avviare i meccanismi democratici perderebbero vigenza questi problemi di separatismo.


La OSCE si occupa in primo luogo di questioni relative alla sicurezza, incluso il controllo degli armamenti. Un documento molto importante della vostra organizzazione tratta dei “Principi che regolano la Non Proliferazione”, argomento molto attuale e molto discusso soprattutto in relazione al programma nucleare dell’Iran. Tanto rumore sul nucleare dell’Iran, che aderisce al TNP, e tanto silenzio su Israele, che non aderisce al TNP. Secondo lei vi è un’attitudine, una politica, di due pesi e due misure da parte della Comunità Internazionale?

No,ehm...ehm..Questo tema non entra nell’ambito della OSCE, pertanto non ho niente da dire al rispetto.

Però il controllo degli armamenti si che entra ed i “Principi che regolano la Non Proliferazione” è un documento pubblicato dalla OSCE.

Né Israele né l’Iran appartengono alla OSCE. I principi della OSCE sono validi per i Paesi OSCE e, chiaramente, sono un esempio per tutti gli altri paesi che vorranno aderire. I principi di Non Proliferazione sono chiari. Non posso parlare di politica di due pesi e due misure, credo che le potenze nucleari che esistono sono chiare ed evidenti e si vuole mantenere così.


Abbiamo sentito notizie su voli segreti della CIA, dell’esistenza di carceri segrete, di Guantanamo, abbiamo assistito a guerre non dichiarate, a sovranità nazionali calpestate, etc. Il Diritto Internazionale si può considerare sepolto?

No, credo di no, non è sepolto. La OSCE ha un insieme di norme, diritti, compromessi e principi assunti dai vari Stati, quello che non ha è un meccanismo di imposizione. La OSCE non è un’organizzazione che può abilitare sanzioni. Quindi, io credo che il fatto che si siano potute vulnerare, in qualche caso, le regole del Diritto Internazionale, non significa che tale Diritto sia invalidato. In ogni caso questi sono temi che non vengono trattati nella OSCE, non sono nella nostra agenda, ma in quella del Consiglio d’Europa, dove vi sono delle investigazioni in atto.


Secondo le sue stesse parole “durante la nostra Presidenza si lavorerà per rafforzare i legami dell’Organizzazione con i suoi soci di cooperazione tanto asiatici quanto mediterranei”. Lei crede che l’Europa dovrebbe dare più peso ad una alleanza Eurasiatica e svincolarsi dall’alleanza Euratlantica?

No. Credo che la OSCE, precisamente, è un’organizzazione dove figurano i due poli: Euratlantico e Eurasiatico. Prima lo spazio Eurasiatico era inglobato dall’Unione Sovietica, adesso si è frammentato in un insieme di Paesi e quindi bisogna tornare a stabilire i meccanismi di cooperazione con cadauno di questi Paesi. Il fatto di lavorare nell’ambito Eurasiatico per stabilire la democrazia, la sicurezza e, appunto, la stabilità, non altera in nessun modo la dimensione Euratlantica della OSCE. Il vincolo Transatlantico, per l’Europa, continua ad essere importantissimo.


Fomentare il multilateralismo è un’altra frase chiave del vostro programma. L’unilateralismo si è dimostrato fallimentare?

La Spagna non crede nell’unilateralismo. L’unilateralismo porta sempre con sé una dose di imposizione e pertanto non è il miglior meccanismo per sviluppare le relazioni internazionali. Le relazioni che si portano a termine nei fori multilaterali sono le più dinamiche e sono quelle che permettono di prendere in considerazione gli interessi di tutti i Paesi.


Negli ultimi anni sono comparse a livello internazionale nuove strutture di cooperazione, come ad esempio la SCO (Shangai Cooperation Organization). Quali saranno i rapporti tra la OSCE e queste nuove organizzazioni?

Vogliamo stimolarli. Sono organizzazioni distinte che lavorano in ambiti distinti, quello che succede è che a volte si sovrappongono, perché nella SCO ci sono membri che fanno parte anche della OSCE. Quindi, nella misura in cui la SCO è un’organizzazione di cooperazione e la OSCE anche, io credo che bisogna sviluppare relazioni tra le due con l’obiettivo di rafforzarsi mutuamente e non duplicare azioni che sono di interesse comune. Fino ad ora ci sono state poche relazioni perché è un’organizzazione relativamente nuova e recente però già si è trattato a livello di Segretari generali e la Spagna provvederà a fomentare tali conversazioni.

Che impronta vuole lasciare la Spagna nella sua esperienza come Presidente della OSCE?


Quella di un’organizzazione rafforzata e meglio preparata per le nuove sfide del XXI secolo. Nel 2003 a Maastricht si approvarono due documenti di strategia e quello che vogliamo è svilupparli e preparare, se è possibile, una strategia per l’ambito medio-ambientale e... lasciare l’organizzazione meglio di come l’abbiamo trovata.