PIERRE TEILHARD DE CHARDIN, ovvero l’avvento dell’ Homo Noeticus
di Giuseppe Vatinno - 17/05/2005
Teilhard de Chardin nacque il primo maggio 1881 presso il Catello di Sarcenat (Comune di Ourcines nei pressi di Clermont-Ferrand), in Francia. La madre era pronipote era pronipote di Voltaire; a undici anni entra in collegio dai Gesuiti e a trent’anni aderì alla Compagnia di Gesù a Aix-en-Provence. Durante i tredici anni di formazione in seminario si avvicina alla filosofia di Berson. Dato il suo interesse per la scienza viene inviato ad insegnare fisica e chimica nel collegio dei Gesuiti del Cairo e nel 1911 viene ordinato sacerdote e partecipa alla Prima Guerra mondiale come barelliere meritandosi anche una medaglia al valore e la nomina a cavaliere della Legion d’ onore. Dopo la laurea in Scienza Naturali, viene mandato in Cina a Tien Tsin Nel 1925 torna ad insegnare a Parigi all’Istituto Cattolico. Dopo alcuni scritti di carattere teologico le autorità ecclesiastiche –contrariate- lo rimandano in Cina, dove lavorerà per venti anni,dando anche un contributo a scoprire i resti del cosiddetto “uomo di Pechino” o Sinantropo. Nel 1947 torna a Parigi dove vorrebbe pubblicare la sua opera Il fenomeno umano, ma il Vaticano è ancora contrario cosicché nel 1951 si trasferisce definitivamente a New York dove continua i suoi studi alla Fondazione Wenner non rinunciando ai suoi viaggi di ricerca in Sud Africa e Rhodesia. Un curioso aneddoto riguarda la sua morte: agli amici aveva sempre detto di aver chiesto al signore di morire il giorno di Pasqua. Ebbene, il 10 Aprile 1955, dopo aver assistito ad una messa alla cattedrale di Saint Patrik, a New York, Theilard viene colpito da infarto mentre prende un the a casa di amici; era il giorno di Pasqua. Nel panorama intellettuale della Chiesa Cattolica il caso di De Chardin è senza dubbio particolare: fu infatti il primo uomo di Chiesa che tentò di conciliare le evidenze -diremo sperimentali- della teoria dell’evoluzione naturale proposta da Charles Darwin con i rigidi assiomi della dottrina Cattolica in tema di creazionismo e creazione. Cosicché la sua è stata principalmente un’attività tesa a rendere plausibile la teoria darwiniana nell’ambito teologico; infatti, la sua è una “visione avente per base il mondo della materia e per vertice Dio”. I suoi interessi scientifici lo portarono quindi inevitabilmente verso quella “biologia della complessità” che si sarebbe sviluppata dopo poco in tutto il mondo ma, principalmente, con Jaques Monod in Belgio (anche se con conclusioni opposte per quanto riguarda le ipotesi teleologiche).Quello che il gesuita vede nell’evoluzione naturale è sintetizzabile in due elementi:
1) La crescita verso una sempre maggiore “complessità” 2) La presenza di un “valore limite”, di una “soglia” oltre la quale cominciano a manifestarsi degli epifenomeni come quello della vita, della coscienza e quindi del pensiero.
Il gesuita francese non si limita a fare della scienza ma –inevitabilmente- sconfinò nella filosofia (sempre poi da un’ottica intellettuale squisitamente teologica). Infatti giunse a preconizzare che l’evoluzione della coscienza avrebbe portato ad una “mente planetaria” o meglio una “rete nervosa planetaria” alla fine della quale ci sarebbe il cosiddetto “Punto Omega” (punto Ad quem omnia tendunt), cioè l’unione (e qui è il teologo che parla) con il Cristo Cosmico. Queste idee sono state riprese recentemente dal fisico americano Franck J.Tipler, ma in un senso diverso, legato alla evoluzione del cosmo e che sono smentite dal fatto che l’espansione dell’universo –in realtà- sta accelerando. Questa visione individua nella biosfera (cioè di un’entità che prefigura la Terra come un vero e proprio organismo, che in seguito sarà chiamato Gaia dal fisico J. Lovelock) il fulcro intorno al quale sviluppare tutto il discorso tematico successivo. Gli esseri umani con i loro pensieri, ma soprattutto con la loro coscienza sono quindi simili ai neuroni di un grandioso “cervello globale” o “mente planetaria”. Ma De Chardin parla anche da psicologo quando dice che "ciò che mina ed avvelena in genere la nostra felicità è sentire così vicino il fondo e la fine di tutto quel che ci attira: sofferenza delle separazioni e del logoramento, angoscia del tempo che scorre, terrore di fronte alla fragilità dei beni posseduti, delusione di giungere così presto al termine di quel che siamo e di quel che amiamo”. Tuttavia, esiste una via di salvezza a questa “disperazione esistenziale” ed è quella di comprendere che l’ Universo, Il Sistema, Dio è “qualcosa che evolve” ed è dotato di una sorta di sapienza sistemica e di cui –come natura- facciamo tutti necessariamente parte. Ed ecco quindi che l’estatica gioia di sapere e di adorare (chiamata con il concetto filosofico di supercentrazione) genera una meravigliosa pace. Da notare che le sue idee si svilupparono parallelamente con quelle del matematico e teologo (laico) russo Pavol Flornskij, una delle tante vittime dei gulag staliniani. Il rapporto del teologo francese con le Istituzioni è altalenante. De Chardin scriveva: “Cristo si è realizzato nell’evoluzione” attirandosi inizialmente il sospetto di eresia dal Vaticano che tuttavia –successivamente- soprattutto nell’enciclica di Giovanni XXIII, Gaudium et Spes, si ricredette attingendo addirittura alla sua opera. Ma l’ enciclica di Giovanni Paolo II, Fides et Ratio pare far ritornare la Chiesa su posizioni conservatrici nell’analisi dei difficili rapporti intercorrenti tra Fede e Ragione. Certamente prima del gesuita vi è l’opera di filosofi come Bergson che parlava di “evoluzione creatrice” (ma senza gli esiti finalistici), ma in seguito le sue idee influenzeranno anche Mac Luhan e la “sociologia globale” successiva. Tutta l’opera di Teilhard de Chardin è invece intrisa dalla aspettativa messianica di uno scopo evolutivo, suffragato non solo dalla fede ma anche –e soprattutto- dalla scienza. Il gesuita nota infatti che la trasformazione morfologica degli esseri pare essersi rallentata proprio in concomitanza con lo sviluppo della facoltà umana del pensare. Sono individuabili quindi tre momenti dell’evoluzione: dal mondo organico, alla vita (“biosfera”), al pensiero (“noosfera”) con l’evoluzione finale verso il “Punto Omega” che –come abbiamo già detto- il de Chardin chiama “Cristo Cosmico”. Nella sua opera “L’Ambiente Divino” così si esprime: “...l’uomo scopre, per usare una forte espressione di Julian Huxley, di non essere altra cosa se non l’evoluzione divenuta cosciente di sé stessa”. Morì nel 1955 a New York dove era stato costretto a ritirarsi dalle gerarchie cattoliche a causa dei suoi scritti. Si noti come il pensiero del gesuita francese sia estremamente moderno tanto da essere stato “adottato” –a torto o a ragione- sia dai vari movimento New Age, sia dai cibernauti di Internet che ritengono di scorgere in lui il loro vate e protettore filosofico. L’uomo nuovo, l’ Homo Noeticus, profetizzato dal grande filosofo francese si sta forse avvicinando magari percorrendo a folle velocità qualche iperstrada nel web?
Opere (tutte postume):
“Il fenomeno umano” Edizioni Queriniana ,Brescia 1995
“L’apparizione dell’uomo” (1979) Il Saggiatore, Milano 1979
“La visione del passato” (1973) Il Saggiatore, Milano 1973
“L’ambiente divino” (1994) Edizioni Queriniana, Brescia 1994
“Il futuro dell’uomo” (1972) Il Saggiatore, Milano 1972
“L’energia umana” (1997) Edizioni Pratiche, Milano 1997
“Il posto dell’uomo nella natura” (1970) Il Saggiatore, Milano 1970
“La scienza di fronte a Cristo. Credere nel mondo e credere in Dio” (2002) Edizioni. Il Segno dei Gabrielli, San Pietro in Cariano (Verona) 2002
“La mia fede” (1973) Edizioni Queriniana, Brescia 1973
“Le direzioni del futuro” (1996) Edizioni SEI, Torino 1996
“La vita cosmica” (1970- 1982) Il Saggiatore, Milano 1970 e 1982
“Il cuore della materia” (1993) Edizioni Brescia Queriniana, 1993
“Realizzare l’ uomo” (lettere 1926/52) (1974) Il Saggiatore, Milano 1974
Bernardo Razzotti, "Teilhard de Chardin. Dalla materia al verbo", Edizioni Messaggero Padova, 1999 Claude Cuénot, Teilhard de Chardin, Il Saggiatore, Milano 1966 R. J. Tipler “La Fisica dell’Immortalità”, Mondadori, Milano 1995
Giuseppe Vatinno (g.vatinno@agora.it)