Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / C'è un inferno per noi, appena dietro l'angolo.. la guerra pianificata dal Grande Impero d'Occidente

C'è un inferno per noi, appena dietro l'angolo.. la guerra pianificata dal Grande Impero d'Occidente

di Lucio Manisco - 10/02/2007

C'è un inferno per noi, appena dietro l'angolo  
«L'amministrazione Bush - ha scritto William Pfaff sulla New York Review of Books del 15 gennaio - persegue l'immenso, sedicente progetto di porre fine alla tirannia nel mondo mediante attacchi preventivi, unilaterali e in violazione del diritto internazionale contro altri paesi; questi attacchi sono accompagnati da incarcerazioni arbitrarie, dalla pratica della tortura e dalla pretesa secondo cui gli Usa sono investiti di uno status di eccezionalità nei confronti di tutte le altre nazioni che conferisce ad essi speciali responsabilità internazionali ed eccezionali privilegi nell'espletarle».
Se questo assioma imperiale viene accettato, e dopo l'11 settembre è stato accettato senza riserve da governi come quello italiano, non ha alcun senso parlare di «irritualità» e di «interferenza» a proposito dell'invito dell'ambasciatore statunitense Spogli al popolo italiano a non esitare con il suo contingente militare nel «garantire condizioni di sicurezza» in Afghanistan, nell'osservare gli accordi quinquennali dello «Afganistan Compact» di Londra e gli impegni assunti «al vertice della Nato a Riga», in altri termini a versare il sangue dei nostri soldati sui campi di battaglia oggi contro i talebani ed eventualmente domani su quelli di una programmata grande guerra mediorientale.

E' probabile che il signor Spogli nei suoi rapporti al Dipartimento di stato abbia sopravvalutato l'evanescente opposizione della sinistra parlamentare. E'pressoché certo che la signora Condoleezza Rice nell'autorizzare l'iniziativa dell'ambasciatore abbia voluto informare l'opinione pubblica italiana che l'idea di una conferenza di pace, quella di un incremento dei compiti civili della nostra presenza militare sono vere e proprie balle del governo Prodi e che in base agli impegni già presi un nostro contributo di sangue sia inevitabile per «porre fine alla tirannia» in Afghanistan, in Medio Oriente e nel mondo intero. A quanto risulta dalle dichiarazioni dei suoi più autorevoli esponenti la destra italiana si trova d'accordo con il segretario di stato Usa e si prepara agli inevitabili «momenti di cordoglio». L'Italia deve dunque prepararsi ad entrare in una guerra pianificata dal Grande Impero d'Occidente e contraria ed estranea ai nostri interessi.

Quelli che più preoccupano non sono i vaniloqui del ministro alla difesa Arturo Parisi, bensì i silenzi dei nostri generali sull'inadeguatezza, e l'inesistente copertura aerea del nostro contingente in Afghanistan. Parlano invece i generali degli altri paesi a partire dall'americano Dan K. McNeill che domenica ha assunto il comando dei 35mila militari in Afghanistan e che si accinge a radere al suolo con massicci bombardamenti aerei la città di Musa, Kalaqla occupata otto giorni fa dai Talebani. Il 4 febbraio ha chiesto agli alleati un maggiore contributo militare, altri mezzi corazzati, elicotteri da combattimento e cacciabombardieri (la Germania si accinge ad inviare otto Tornado): il tutto per far fronte ad un'offensiva che quasi certamente assumerà tutti gli aspetti di un'insurrezione generale nell'intero paese. Il suo predecessore, generale David Richards, ha previsto anche lui un dilagare della violenze in tutto il paese e gli hanno fatto eco i comandanti talebani con la promessa a tutte le truppe straniere presenti in Afghanistan di un vero «anno di sangue».

L'imminente divampare del conflitto viene dibattuto ogni settimana ai Comuni di Londra, nei parlamenti dell'Aja e di Ottawa. Così come ne parlano ogni giorno la stampa e le televisioni non solo britanniche, olandesi e canadesi ma anche quelle degli altri paesi europei. Se ne parla poco o affatto in Italia dove il tema dominante è solo quello della chiusura degli stadi. Così come si preferisce ignorare il dibattito in corso all'estero sull'Iran come soluzione finale dei problemi dell'amministrazione Bush. «Iran: guerra sbagliata momento sbagliato» è il titolo dell'editoriale del 7 febbraio sul New York Times. L'allarme è evidente: una grande guerra mediorientale appare così inevitabile e l'Italia appena sfiorata da un dibattito sottaciuto e sottaceto si appresta senza saperlo a scendere all'inferno.