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Bush e la nuova guerra

di Amir Madani - 12/02/2007

 



 

Le notizie e le informazioni provenienti da più fonti parlano di preparativi di una nuova guerra preventiva da parte dell'amministrazione Bush contro l'Iran. Le opinioni pubbliche mondiali - le europee in particolar modo- sono in allarme. Mentre con l'avvicinarsi della scadenza della risoluzione 1737 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, che impone all'Iran di sospendere le proprie attività nel settore nucleare, le cancellerie europee insieme a Russia e Cina cercano di prevenire attraverso una mediazione un'altra guerra dalle conseguenze imprevedibili.

Dopo vari piani di bombardamento nucleare venuti a galla tramite W. Arkin e altri, c'è chi come S. Hersh a più riprese senza essere mai confutato dalla Casa Bianca, basandosi su fonti autorevoli, ha denunciato i piani dello staff presidenziale e c'è chi come “addetto ai lavori” con realismo ha voluto evitare un'altra guerra preventiva. E' il caso di tre generali Usa che sono usciti di recente allo scoperto contro Bush.

Ma l'amministrazione americana, esprimendo gli interessi delle lobby e dei potentati economici desiderosi di rimpossessarsi dell'importante area energetico-geopolitica, contro gli stessi interessi nazionali degli stessi Stati Uniti pensa, lavora e prepara una nuova guerra.

I segnali sono evidenti: con l'arrivo di una nuova portaerei la presenza delle forze aereonavali Usa nel Golfo Persico è ai massimi livelli.

La violenza verbale di Bush contro l'Iran assomiglia sempre di più alla fase precedente all'invasione dell'Iraq.

L'amministrazione Bush ha dotato gli alleati arabi dell'area del Golfo Persico del sistema antimissilistico Patriot.

Dopo la cattura dei diplomatici iraniani ad Erbil in Irak secondo il Washington Post c'è il preciso ordine di Bush di sparare sugli iraniani che minacciassero la vita dei soldati Usa. Intanto Khalilzad, l'ambasciatore Usa a Baghdad, dichiara che gli Usa sono in possesso delle carte che dimostrano il coinvolgimento di elementi legati alla Repubblica Islamica nell'attività contro i marines; parole tutte da dimostrare.

Sono in continuo aumento i voli dei droners Usa, aerei spia senza pilota sui cieli dell'Iran.

La rabbia di Washington ha più radici: secondo il sito Msnbc che cita il Washington Post sembra che “in Libano e in Iraq, l'Iran stia combattendo una guerra per procura con i fondi, armi e ideologia contro gli Usa”.

In realtà nell'area libanese e irachena, ci sono forze e entità sociali con forte radicamento nel territorio, caratterizzate da forti motivazioni ideologiche disposte ad impugnare anche le armi per difendere la propria casa ed i propri diritti alla sopravvivenza. Tali forze sotto le pressioni e le minacce esterne e nel quadro delle loro tradizioni civili e culturali, storicamente sono ancorate all'Iran.

Bush sta alzando artificiosamente il tiro verbale contro l'Iran per coprire tutti i disastri causati dalla sua amministrazione. Secondo la testimonianza dell' ex Consigliere per la Sicurezza Zbigniew Brezinski presso la commissione esteri del Senato Usa, “con l'aumento delle difficoltà in Iraq cresce il rischio di guerra contro l'Iran che coinvolgerebbe una gran parte del mondo islamico”.

La guerra contro l'Iran sarebbe intesa e centrata sul bombardamento missilistico a tappeto di obbiettivi prefissati nel territorio e non su una impossibile e insostenibile invasione su vasta scala. I motivi del nuovo irrigidimento dell'amministrazione neocon sono dovuti soprattutto all'impantanarsi della macchina bellica Usa in Iraq, dove la violenza della guerra è accompagnata sistematicamente dalla violenza quotidiana di un terrorismo proveniente da più direzioni che oramai prende di mira quasi esclusivamente gli innocenti. Un terrorismo che vede gli ex-fedeli di Saddam unirsi ai jihadisti di al-Qaeda provenienti dal bacino culturale dell'estremismo sunnita e agire insieme a loro per dare un volto politico al crimine dai connotati più crudeli. Le piazze arabe sempre più schiacciate dalle pressioni dei regimi di polizia e sempre più povere di idee riformiste ( vedi Martin Luther al-King? New York Times January 24, 2007, By Thomas L. Friedman) di fronte all'incomprensibile silenzio della massima autorità del mondo sunnita dell'università di al-Azhar del Cairo, in un pericoloso passo indietro sono influenzati e modellati sempre di più dalle sentenze tipo quella di 38 alti mofti wahabiti dell'Arabia Saudita che autorizzano la competizione confessionale e il versamento del sangue sciita in nome della religione. Ciò mentre i regimi arabi alleati degli Usa (Egitto,Giordania, Arabia Saudita,….) che Bush definisce moderati, continuano ad esportare il terrorismo verso l'Iraq invece di combatterlo.

Nel clima di guerra civile creata dalla politica dell'amministrazione Bush, secondo il rapporto di 16 agenzie dell'intelligence degli stessi Usa, agisce e opera ogni tipo di terrorismo. Il clima di violenza in Iraq è tale che i seguaci di un gruppo messianico sciita come Jond as-Sama' di Ahmad Hasani Yamani con seguaci tra le tribù sciite di Havatim e Khaza'el residenti nelle vicinanze di Najaf vengono bombardati a tappeto perchè alcuni di loro spostandosi ingenuamente di notte come è abitudine delle tribù locali, teoricamente si sarebbero opposti a un controllo di un check point Usa. Le forze Usa hanno massacrato 265 persone per la maggiore parte donne e bambini definendole terroristi di al-Qaeda. Il massacro degli iracheni è accompagnato da un numero sempre crescente dei caduti Usa. Tale numero ha superato 3000 soldati e un imprecisato numero mai dichiarato di feriti, per la maggior parte provenienti dagli strati meno agiati della popolazione statunitense.

Bush ha annunciato la nuova strategia per l'Iraq chiedendo altri soldi al congresso (Sarah Wheaton, New York Times “Budget Battles Loom on Irak, Taxes” February 5, 2007) dichiarando di voler inviare altre truppe in Iraq. Bush ignorando quasi del tutto le proposte del think - tank bipartisan di Hamilton-Baker ha continuato sulla scia dei neocon espresso da   Frederick W. Kagan membro della congrega neocon dell'American Enterprise Institute che vede tutta la tragedia della guerra totale senza limiti di tempo e luogo nei termini di una guerra fisica tra le due nazioni Usa e Iraq.

Secondo Kagan “la vittoria in Iraq è vitale per la sicurezza dell'America. Una sconfitta condurrebbe ad un conflitto regionale, ad una catastrofe umanitaria e ad un crescente terrorismo globale”. (vedi Choosing Victory A plan for Success in Irak By F.W.Kagan Papers and Studies Aei online)

Il piano-rapporto Baker –Hamilton in sostanza ha suggerito all'amministrazione Bush alcune cose fondamentali:

1- La crisi irachena senza un dialogo con i vicini dell'Iraq e specificamente con l'Iran e la Siria è irrisolvibile. E' necessario intavolare le trattative con l'Iran e la Siria per la soluzione dei problemi regionali e bilaterali.

2- La questione irachena non ha una soluzione magica e gli Usa non potranno risolvere il problema basandosi sulle forze militari.

3- La crisi irachena è legata alla questione palestinese . Bush basandosi sulla formula “due popoli due paesi” deve cercare di risolvere la questione palestinese.

4- Israele deve ritirarsi dalle alture del Golan

Sono i 4 punti cardinali della strategia suggerita dal think tank bipartisan Baker –Hamilton regolata in 79 punti che Bush ignora.

Secondo il commentatore politico di Ria Novosti Vladimir Simonov non si capisce perché i 20.000 nuovi soldati che il presidente americano vuole spedire dovrebbero riuscire a fare quanto non hanno fatto i 140, 000 che sono in Iraq da quattro anni. L'agire di Bush evidenzia che la guerra perpetua senza confini e senza limiti di tempo come concetto risiede nella genetica intellettuale dei neocon che vedono la guerra basata sulla menzogna come il mezzo per fare e costruire la storia.

Bush non solo ignora il rapporto di Baker-Hamilton ma elude anche i rapporti di sedici agenzie di ricerca e d' intelligence americani che dicono che la guerra in Iraq ha dato nuove motivazioni agli estremisti e creato una nuova generazione di jihadisti in grado di riprodursi così rapidamente da rendere inefficace la risposta. Il movimento guidato da Al Qaeda che ha privatizzato e internazionalizzato il terrore, si è poi frantumato in realtà minori capaci di autoriprodursi. Un' al-Qaeda che grazie al supporto culturale del wahabbismo oramai più che più una organizzazione centralizzata grazie a lui e alla sua politica è divenuta una cultura annientatrice di civiltà e di regole di convivenza umana. Bush invece di ammettere i propri errori accusa l'Iran di essere responsabile di questa immane tragedia e contribuisce in maniera determinante all'indebolimento delle istanze di democrazia e di riforma in Iran, rafforzando le anime radicali e le tendenze oscurantiste in tutta la regione. A questo clima di tensione e di scontro contribuiscono gli atteggiamenti schizofrenetici dei ragni locali, l'agire dei quali è funzionale al progetto dei fautori della guerra permanente.

Nel rapporto riservato di 30 pagine del «National Intelligence Estimate» si afferma che sicuramente la guerra ha «peggiorato» la posizione degli Stati Uniti nella lotta al terrore: è lo stesso R. Gates, Segretario alla Difesa, a sostenere che “in Iraq non siamo vincendo”. Non si capisce Gates di quale vittoria sia parlando, ma la Casa Bianca come è oramai nella sua consuetudine contesta o ignora ogni opinione che non sia in piena sintonia.

Le conclusioni dell'inchiesta commissionata dal National Intelligence Council segnalano che il conflitto iracheno si è trasformato in una palestra dove i “mujaheddin” non solo elaborano nuove tecniche ma le esportano con conseguenze disastrose. E' il caso dell'Afghanistan dove i talebani si sono riorganizzati lanciando attacchi simili a quelli che avvengono in Iraq. Quindi autobombe, azioni suicide, esplosivi sofisticati. In perfetta sintonia con i loro colleghi europei, gli 007 americani mettono in guardia sul ritorno dei «volontari» che si sono battuti in Iraq nei Paesi d'origine (Medio Oriente, Nord Africa, Europa).

Bush continua a vedere in questo disastroso quadro non il fallimento della propria politica ma le ingerenze e il coinvolgimento iraniano e ascoltando quel “dio” che gli sussurra nelle orecchie le crociate future contro l' “Asse del male” e le forze oscurantiste che minacciano la democrazia prepara la nuova guerra da conseguenze imprevedibili contro l'Iran.

Bush senza dubbio è pieno di certezze e non si rende conto che chi si trova nel deserto non è necessariamente un profeta.