Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La base di Vicenza e le sue radici

La base di Vicenza e le sue radici

di Alberto Burgio - 13/02/2007

 
Quando occorre colpire i pacifisti e chiunque critichi la politica di guerra degli Stati uniti il Corriere della sera dispone di una potenza di fuoco che non ha eguali in tutta la stampa italiana. Un plotone di firme è sempre pronto contro chi protesta perché l'Italia partecipa alla guerra globale di Bush o perché ospita una quantità impressionante di armi nucleari della Nato e delle forze armate statunitensi. E l'accusa è sempre quella (reperita iuvant): siete antiamericani, quindi fiancheggiatori del terrorismo. Detto questo, e senza nulla togliere ai vari Ostellino, Galli Della Loggia, Panebianco e Allam, la palma dell'articolo più sconcertante e vergognoso va aggiudicata all'editoriale pubblicato giovedì scorso da Pierluigi Battista a proposito della manifestazione del 17 febbraio contro la nuova base americana di Vicenza.

Titolo: Vicenza e violenza. Segue una rappresentazione del corteo in puro stile noir. Infiltrazioni eversive, scenari di nuove violenze, irruzione di frange guerrigliere e di professionisti della violenza di massa. Quindi, con un'acrobazia degna di un funambolo, il parallelo con la cacciata di Lama dalla «Sapienza» nel '77. Potenza degli anniversari, soprattutto quando aiutano a preconizzare (a fomentare) scontri e «tragedie». Bene. Sarà utile allora riepilogare alcuni più pertinenti antefatti della decisione presa da Prodi, di trasformare Vicenza nel principale polo europeo della macchina bellica degli Stati uniti. Non risaliremo agli anni della strategia della tensione e all'abbattimento del Dc9 sui cieli di Ustica. Basterà una rapida corsa lungo l'ultimo decennio.
Cermis, Val di Fiemme, 3 febbraio 1998. Un aereo militare dei marines, decollato da Aviano, trancia il cavo della funivia. Nella cabina che precipita a valle sono stipate venti persone. Non vi sono superstiti. Dall'istruttoria preliminare emerge che il comandante pilota, Richard Ashby, aveva puntato sulla funivia per dimostrare la propria abilità, ma i magistrati italiani non riescono a procedere. La Corte militare americana pretende e ottiene di processare i quattro militari responsabili della strage. E assolve Ashby. Nel febbraio del '99 il Senato americano stanzia 40 milioni di dollari per risarcire le famiglie delle vittime. Tre mesi dopo il ministro della Difesa Cohen cancella quest'ultima decisione.

Milano, via Guerzoni,17 febbraio 2003. Abu Omar, cittadino egiziano beneficiario di asilo politico nel nostro paese, viene rapito da un commando della Cia in un'operazione di «estradizione straordinaria». Viene portato a Aviano e qui torturato. Poi è trasferito in Egitto, dove le torture continuano al fine di convincerlo a diventare una spia americana. Il segreto di stato (posto dal governo Berlusconi e mantenuto dal governo Prodi) non permette di appurare presunte complicità dei servizi italiani e del nostro stesso governo. Lo scorso ottobre la Procura di Milano rinvia a giudizio 26 agenti della Cia, che dichiarano di non riconoscere l'autorità della magistratura italiana.

Baghdad, 5 marzo 2005. Nicola Calipari, alto ufficiale del Sismi in missione in Iraq, viene ucciso dai marines nelle fasi immediatamente successive alla liberazione di Giuliana Sgrena. La magistratura italiana incrimina e rinvia a giudizio il marine Mario Lozano con l'accusa di omicidio volontario a danno di Calipari e di tentato omicidio nei confronti di Giuliana Sgrena e del maggiore dei carabinieri alla guida dell'auto che trasportava Sgrena e Calipari all'aeroporto della capitale irachena. L'8 febbraio di quest'anno il Pentagono fa sapere che Lozano non sarà al processo perché il governo americano giudica incolpevoli i marines che spararono contro l'auto italiana e considera il caso definitivamente chiuso.
La chiave del dossier Vicenza sta tutta qui, altro che gli improbabili paragoni di Battista. Per gli Stati uniti l'Italia è cortile di casa e deve pagare il fio del ritiro anticipato dall'Iraq. Non dovremmo quindi nemmeno discutere della nuova base di Vicenza, per non parlare dell'Afghanistan. A questo punto però il problema non riguarda il Corriere con le sue campagne di stampa, ma il governo e le massime autorità dello stato. Vogliamo dare ragione al signor Luttwak, che qualche mese prima delle elezioni del 2006 spiegò perché, sin dai tempi del Kosovo, gli americani fanno il tifo per l'Ulivo? Più semplicemente, vogliamo trasformare la nostra sovranità nazionale in una battuta sarcastica?