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Il Portogallo fuori moda

di redazionale - 13/02/2007

La non rivoluzione dei garofani
Lisbona coltiva la sua eccezione e non esige l’aborto come una conquista

E’ scandaloso: per la seconda volta (la prima fu nel 1998) il Portogallo ha mostrato di non sentire affatto l’urgenza di modernità, l’ansia di avvicinarsi alla Spagna, o persino all’Italia. E’ scandaloso, nessun quorum è stato raggiunto per modificare la legge sull’aborto (che non lo vieta, ma prevede l’interruzione di gravidanza nelle prime dodici settimane in caso di rischio per la vita o la salute mentale della madre, fino a sedici se la gravidanza è stata causata da una violenza, e fino alla ventiquattresima in caso di malformazioni del feto), e il quaranta per cento di coloro che sono andati a votare si sono espressi per il no. Hanno detto, insomma, che la legge funziona bene così. Nonostante la campagna referendaria sia stata potente e guidata dal premier in persona, e nonostante il ceto politico abbia evidentemente una gran voglia di non sentirsi più in clamoroso ritardo rispetto alla storia. Mentre l’Europa s’interroga mollemente sui limiti della scienza, su un’eugenetica accettabile e gentile e su magnifiche possibilità ancora inesplorate di manipolazione, il Portogallo ride in faccia anche al proprio primo ministro e sceglie il super eccezionalismo. Preferisce restare fuori moda: certamente avrà presto l’annunciata riforma libertaria dell’aborto, per via legislativa, ma ha appena dimostrato, con un gesto enorme che non potrà mai passare per indifferentismo etico, di non avvertire alcun passionale bisogno di inseguire il resto del mondo, e soprattutto di non considerare l’interruzione di gravidanza una conquista.