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Il discorso di Vladimir Putin alla conferenza di Monaco

di Vladimir Putin - 14/02/2007

 
 
 
Vladimir Putin alla conferenza di Monaco

Pubblichiamo in modo quasi integrale il discorso tenuto da Vladimir Putin alla Conferenza per la Sicurezza  a Monaco l'11 febbraio scorso.
Vale la pena di leggerlo con attenzione: nessun altro uomo di Stato ha affrontato con tanta esplicita chiarezza il cuore dei problemi dell'ora, l'aggressività unipolare degli Stati Uniti, avvolta ipocritamente nel concetto di  «esportazione della democrazia».
Si noterà anche un passo in cui Putin confessa di «non aver capito bene» il ministro italiano della Difesa, il nostro ridicolo Parisi, che là ha fatto la figura che gli compete, di servo sciocco.

Maurizio Blondet


La natura di questa conferenza mi consente di evitare l'eccesso di buona educazione e il bisogno di parlare in termini diplomatici, piacevoli ma vuoti.
Mi consente di dire ciò che penso realmente dei problemi  della sicurezza internazionale.
E se i miei commenti appariranno indebitamente polemici, chiedo ai colleghi di non arrabbiarsi con me. Dopotutto, questa è solo una conferenza.
[…] Il carattere universale e indivisibile della sicurezza è espresso dal principio che «la sicurezza per uno è la sicurezza per tutti».
Come disse Franklin D. Roosevelt nei primi giorni della seconda guerra mondiale, «Quando la pace è violata da qualche parte, è in pericolo la pace di tutti i Paesi».
Queste parole restano essenziali anche oggi. […].
Che cos'è un mondo unipolare?
Per quanto si possa edulcorare il concetto, in ultima analisi significa che c'è un solo centro di autorità, un solo centro di forza, un solo centro di decisione.
E' un mondo dove esiste un solo padrone, un solo sovrano.
E alla fin fine questo è pernicioso non solo per tutti quelli che sono soggetti al sistema, ma anche per il sovrano stesso, perché lo distrugge dal di dentro.
E questo sistema non ha nulla a che fare con la democrazia.
Perché come sapete, la democrazia è il governo della maggioranza alla luce degli interessi e delle opinioni della minoranza.
La Russia, ossia noi, riceviamo continue lezioni di democrazia.
Ma per qualche motivo, chi ci dà le lezioni non vuole imparare lui stesso.
Io ritengo che il modello unipolare non è solo inaccettabile ma anche impossibile nel mondo d'oggi.
E ciò non solo perché le risorse politiche, militari ed economiche non basterebbero per instaurarlo. Ancor più importante, è che il sistema stesso è fallace, perché non ha alla base alcun fondamento morale nella civiltà d'oggi.
[…] Azioni unilaterali e spesso illegittime non risolvono alcun problema.
Anzi hanno causato tragedie umane e creato nuovi centri di tensione.
Giudicate voi stessi: guerre e conflitti regionali e locali non sono diminuiti.
E non muore meno gente in questi conflitti, anzi muoiono più di prima.
Molto, molto di più.
Oggi vediamo un quasi incontrollato iper-uso della forza - la forza militare - nelle relazioni internazionali, e questa affonda il mondo in un abisso di conflitti permanenti.
Di conseguenza, non abbiamo energia  sufficiente per trovare una soluzione complessiva a questi problemi.
Diventa impossibile anche trovare soluzioni politiche.
Assistiamo ad un sempre più grande disprezzo per i principi elementari del diritto internazionale. […]
Un solo Stato, gli Stati Uniti, ha scavalcato i suoi confini nazionali in ogni modo.
Lo si vede dai sistemi economici, politici, culturali ed educativi che impone alle altre nazioni.
Ebbene: a chi piace questo? Chi è a suo agio con questo?
Nelle relazioni internazionali vediamo sempre più la voglia di risolvere ogni questione attraverso ciò che si chiama la «opportunità e interesse», secondo il clima attuale.
Ciò è ovviamente molto pericoloso.
Ne consegue che nessuno si sente sicuro.


Sottolineo: nessuno, perché nessuno sente che il diritto internazionale è più un muro di pietra capace di proteggerlo.
Ovviamente, questa politica stimola una corsa agli armamenti.
Il dominio della forza incita diversi Paesi a dotarsi di armi di distruzione di massa.
Siamo giunti al punto decisivo in cui dobbiamo seriamente pensare all'architettura della sicurezza globale.
E dobbiamo procedere cercando un ragionevole bilanciamento tra gli interessi di tutti i partecipanti al dialogo internazionale.
Specie dal momento che il panorama internazionale è variato e in così rapido cambiamento.
Il prodotto interno lordo combinato di Cina ed India è già superiore a quello degli Stati Uniti.
E il prodotto interno congiunto dei Paesi del BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) supera il PIL dell'Unione Europea.
E questa tendenza crescerà in futuro […].
Ne consegue che il ruolo della diplomazia multilaterale sta notevolmente crescendo.
Lìesigenza di principi di apertura, trasparenza e prevedibilità è incontestabile, e l'uso della forza deve diventare una misura assolutamente eccezionale, come la pena di morte nel sistema giudiziario di certi Stati.
[…]
Sono convinto che il solo meccanismo che possa decidere sull'uso della forza militare come ultima ratio è la Carta delle Nazioni Unite.
A questo proposito, o io non ho capito bene quello che ha appena detto il ministro italiano della Difesa, oppure ha detto una cosa inesatta.
Io ho capito che secondo lui l'uso della forza è legittimo quando la decisione è presa dalla NATO, dalla UE o dall'ONU.
Se pensa così, allora abbiamo punti di vista diversi.
L'uso della forza deve essere considerato legittimo solo se la decisione è sanzionata dall'ONU. […]
E' necessario essere sicuri che il diritto internazionale abbia carattere universale sia nella concezione delle norme, sia nella loro applicazione.
Senza dimenticare che le azioni politiche democratiche necessariamente risultano dalla discussione e da un laborioso processo decisionale.
Il pericolo di destabilizzazione delle relazioni internazionali ha naturalmente provocato la stagnazione del tema del disarmo. […]
In accordo con gli Stati Uniti noi abbiamo accettato di ridurre la nostra capacità nucleare e missilistico - strategica a 1700 - 2000 testate entro il dicembre 2012.
La Russia intende adempiere strettamente all'impegno che ha assunto.
Noi speriamo che i nostri partner si trattengano dal mettere da parte un duecento bombe atomiche per i giorni difficili. […] Non le nascondano sotto il tappeto.
[…].


Oggi molti altri Paesi dispongono di questi missili, fra cui la repubblica popolare di Corea, l'India, l'Iran, il Pakistan ed Israele.
Altri Paesi ci stanno lavorando… e solo gli Stati Uniti e la Russia si sono impegnati a non creare tali sistemi d'arma.
E' ovvio che in questa situazione noi dobbiamo assicurare la nostra sicurezza.
E' diventato impossibile sanzionare la comparsa di nuove armi d'alta tecnologia destabilizzanti.
Mi riferisco a misure per prevenire una nuova zona di confronto, nello spazio esterno.
Le guerre stellari non sono una fantasia, ma una realtà.
Nel 1980 i nostri partner americani sono stati già in grado di intercettare un loro satellite.
Dal punto di vista russo, la militarizzazione dello spazio rischia di avere conseguenze imprevedibili, e provocare nulla di meno che una nuova era nucleare.
Io ho il piacere di dirvi oggi che abbiamo preparato un progetto di accordo per la prevenzione del dispiegamento di armi nello spazio.
Diventerà ufficiale, lavoriamoci insieme.
I piani per espandere la difesa anti-missile all'Europa non possono che disturbarci; chi ha bisogno di una cosa che sarà l'innesco di una inevitabile corsa agli armamenti?
Dubito molto che siano gli europei.
Un missile con portata di 5 - 8 mila chilometri capace di minacciare realmente l'Europa non esiste in nessuno dei Paesi che chiamiamo «problematici». […].
E qui in Germania non posso fare a meno di citare la condizione pietosa del Trattato sulle forze convenzionali in Europa.
Il Trattato è stato firmato nel 1999.
Esso teneva conto della nuova realtà geopolitica, ossia l'eliminazione del blocco di Varsavia.
Sette anni sono passati, e solo quattro Stati - fra cui la Russia - hanno ratificato il documento.
Paesi della NATO hanno dichiarato apertamente che non ratificheranno il trattato, finchè la Russia non rimuoverà le sue basi militari da Georgia e Moldavia.
Il nostro esercito sta lasciando la Georgia, ed anche prima del tempo stabilito.
In Moldavia restano 1.500 militari che conducono operazioni di mantenimento della pace e sorvegliano i depositi di munizioni rimasti dai tempi sovietici.
Ne parliamo regolarmente con il signor Solana ed egli conosce la nostra posizione.
Ma che succede intanto? Nello stesso momento, avanza la cosiddetta «linea flessibile del fronte» con basi americane di cinquemila uomini ciascuna.
Risulta che la NATO stia piazzando le forze del suo fronte ai nostri confini, e noi continuiamo strettamente ad aderire agli obblighi del trattato e non reagiamo a queste azioni.


Mi pare ovvio che l'espansione della NATO non ha rapporto alcuno con la modernizzazione dell'Alleanza o con la sicurezza europea.
Al contrario: rappresenta una grave provocazione che riduce il livello della fiducia reciproca.
Abbiamo il diritto di chiedere: contro chi è diretta questa provocazione?
Cosa è successo delle assicurazioni date dai nostri partner occidentali dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia?
Nessuno le ricorda nemmeno.
Io mi prendo la libertà di ricordarvi che cosa fu detto.
Con le parole del discorso del segretario generale della NATO, Woerner a Bruxelles, il 17 maggio 1990: «Il fatto che siamo pronti a non piazzare una forza armata NATO fuori dal territorio della Germania dà all'Unione Sovietica una ferma garanzia di sicurezza».
Dove sono queste garanzie?
Non dobbiamo dimenticare che la caduta del Muro di Berlino fu possibili grazie ad una scelta storica: quella fatta dalla nostra gente, il popolo della Russia.
Una scelta per la democrazia, la libertà, l'apertura, e la sincera partnership con tutti i membri della grande famiglia europea.
Ed ora, cercano di imporci altre linee di divisione ed altri muri […].
Ed è possibile che occorrano di nuovo anni e decenni, e numerose generazioni di politici, per smantellare questi nuovi muri.
Noi siamo inequivocabilmente a favore della non-proliferazione.
Gli attuali princìpi legali internazionali consentono di sviluppare tecnologie nucleari per scopi pacifici. E diversi Paesi con buone ragioni vogliono crearsi la propria tecnologia nucleare per la propria indipendenza energetica.
Ma comprendiamo che queste tecnologie possono essere trasformate rapidamente in armi nucleari.
Questo crea tensioni internazionali.
Il programma nucleare iraniano ne è un chiaro esempio. […]
Ma ci sono più Paesi che non l'Iran ad essere sul «limite».
Lo sappiamo tutti.
Siamo condannati a combattere costantemente contro la minaccia di proliferazione.
L'anno  corso la Russia ha proposto l'iniziativa di  stabilire centri internazionali per l'arricchimento dell'uranio.
Siamo aperti alla possibilità che simili centri vengano creati non solo in Russia, ma anche in altri Paesi dove è legittimo usare energia nucleare civile […] sotto la diretta supervisione della IAEA.


Ritengo che USA e Russia abbiano oggettivamente lo stesso interesse a rafforzare il regime di non proliferazione.
E sono proprio i nostri due Paesi, con le superiori capacità nucleari e missilistiche, che devono agire come guide per sviluppare nuove e più strette misure.
La Russia è pronta.
In generale, dobbiamo parlare di come stabilire un intero sistema di incentivi politici ed economici per cui non sia nell'interesse degli Stati di crearsi le loro proprie capacità di arricchimento del combustibile nucleare, pur mantenendo essi la opportunità di sviluppare la propria energia nucleare.
La signora Merkel ne ha parlato in breve.
La Russia intende creare principi uniformi di mercato e condizioni trasparenti per tutti.
E' ovvio che i prezzi energetici devono essere determinati dal mercato e non dalla speculazione politica, o da ricatti e pressioni  economici.
Noi siamo aperti alla cooperazione.
Fino al 26 % dell'estrazione petrolifera in Russia - e vi prego di notare la cifra - fino al 26 % è fatto da capitale straniero.
Trovatemi un altro esempio in cui l'economia russa partecipa nella stessa percentuale in interessi economici cruciali nei Paesi occidentali.
Non c'è questo esempio.
Voglio ricordare anche la proporzione degli investimenti esteri in Russia e degli investimenti russi all'estero: la proporzione è di 15 ad uno.
E questo è un ovvio esempio dell'apertura e della stabilità dell'economia russa.
La sicurezza economica è un settore in cui dobbiamo attenerci a principii uniformi.
[…] Inoltre, come sapete, il processo di ammissione della Russia al World Trade Organization (WTO) ha raggiunto gli stadi finali.
Voglio sottolineare che durante lunghi e difficili negoziati abbiamo sentito parlare molto di libertà di parola, libertà di commercio e uguali possibilità; ma, per qualche motivo, solo in rapporto al mercato russo.
C'è un altro tema che incide direttamente sulla sicurezza globale […]: la lotta alla povertà.
Ma cosa accade di fatto in questo settore?
Da una parte, sono stanziate risorse e si fanno programmi per sostenere i Paesi più poveri del mondo, a volte con notevoli risorse finanziarie.
Ma per essere onesti, queste sono collegate allo sviluppo delle imprese del paese donatore [….].
Una mano distribuisce aiuto di carità e l'altra mano non solo mantiene l'arretratezza economica, ma ne ricava anche profitti.


La tensione sociale che cresce nei paesi depressi finisce inevitabilmente per far crescere l'estremismo, alimenta il terrorismo e i conflitti locali. E quando ciò accade nel Medio Oriente dove cresce il sentimento di essere trattato in modo sleale dal mondo nel suo complesso. Allora ecco il rischio di una destabilizzazione globale.
E non è possibile tralasciare le attività dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE)….cosa accade adesso?
C'è gente che cerca di trasformare l'OSCE in un volgare strumento di promozione degli interessi di un solo paese o di un gruppo di paesi. E questo compito è svolto dall'apparato burocratico dell'OSCE  che assolutamente non è collegato con gli stati fondatori. Le procedure decisionali e il coinvolgimenti delle cosiddette Organizzazioni non-governative sono fatte su misura per questo.
Queste organizzazioni, formalmente indipendenti, sono finanziate con certi scopi e quindi controllate.
Secondo i documenti di fondazione, l'OSCE assiste i paesi membri nell'osservare i diritti umani. E' un compito importante, che noi appoggiamo. Ma ciò non significa interferire negli affari interni di altri paesi, e secialmente non significa imporre un regime che determini come questi stati debbano vivere e svilupparsi.
E' chiaro che questa interferenza non promuove per niente lo sviluppo di stati democratici. Al contrario, li rende dipendenti e di conseguenza, instabili politicamente ed economicamente.
[…] vogliamo agire con partner responsabili e indipendenti che […]  mirino alla prosperità non solo di certuni selezionati, ma di tutti.

di Vladimir Putin
Monaco, 11 febbraio 2007

http://kremlin.ru/eng/text/speeches/2007/02/11/0138_type82914type84779_118135.shtml