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Cina mistica. Il paese di Mao sta vivendo un forte revival delle religioni tradizionali

di Enrico Piovesana - 14/02/2007

“La religione è un veleno”, diceva Mao Tse Tung. E per decenni, l’ateismo di Stato è stato un potente antidoto. Che però, a quanto pare, sta esaurendo i suoi effetti. Oggi, infatti, la religiosità sta tornando a diffondersi nella società cinese, e in misura assai maggiore di quanto finora ammesso dal governo di Pechino. Secondo un grande sondaggio condotto negli ultimi due anni dall’Università Normale della Cina Orientale, e appena pubblicato sulla rivista cinese Oriental Outlook, i cinesi che si dicono credenti, non atei, sono almeno 300 milioni: il triplo rispetto alle statistiche ufficiali fornite dal governo.
 
Un monaco buddista cineseRitorno alla tradizione. Dalla ricerca sociale (la prima effettuata su questa tematica) condotta dai professori Tong Shijun e Liu Zhongyu emerge innanzitutto la rivitalizzazione delle religioni tradizionali cinesi: sono almeno 200 milioni i cinesi che professano il buddismo, il taoismo, il confucianesimo e i culti popolari – come quello del Dio della Fortuna o quello del Re Dragone.
Il secondo dato più evidente è una forte diffusione del cristianesimo, religione assolutamente minoritaria negli anni Novanta (non aveva più di 10 milioni di fedeli) che ora appare assai più affermata: sarebbero almeno 40 milioni i cinesi cristiani, ovvero il 12 percento di tutti i credenti. Secondo le stime ufficiali, invece, essi sono solo 16 milioni: il governo dovrà correggere le sue statistiche (o sconfessare i risultati del prestigioso ateneo di Shanghai).
 
Cinesi cristianiUn fenomeno trasversale. La religione come “vero sentiero della vita” o come strumento per “curare malattie” ed “evitare disastri”. Queste sono le più frequenti motivazioni fornite dagli intervistati riguardo alla loro religiosità. Motivazioni che ben riflettono l’aspetto mistico e quasi magico delle religioni orientali.
Il professore Liu spiega che, stando ai risultati del sondaggio, questa rinascita religiosa è assolutamente trasversale, sia in termini geografici che sociali. Se è vero che i contadini poveri delle depresse zone rurali dell’interno sono quelli maggiormente attratti dal revival religioso, anche la nuova borghesia delle città costiere del boom economico pare attratta dalla spiritualità.
La dimostrazione più evidente del ritorno alla religione nel paese di Mao viene dai dati anagrafici: il 62 per cento dei credenti cinesi è composto da giovani. Gli anziani, ormai assuefatti all’antidoto dell’ateismo di Stato, sono solo il 9,6 percento.