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Libano. Sull'orlo del baratro

di Giacomo Catrame - 14/02/2007

 


I riflettori della stampa internazionale sono tornati ad accendersi sul Libano. Il martoriato paese dei Cedri ha vissuto una settimana di passione come non si registrava da quest'estate. Prima lo sciopero generale proclamato dai sindacati a guida sciita e da quelli a guida cristiana ha impressionato gli osservatori per la compattezza con la quale ha bloccato il paese registrando altissimi tassi di adesione anche nelle zone cristiane, a suggello dell'egemonia del generale Aoun sui settori popolari di fede maronita del paese. Pochi giorni dopo la vendetta governativa culminata con l'assalto all'interno dell'Università contro le associazioni studentesche sciite da parte di squadristi riconducibili ai partiti sunniti e al partito maronita di Geagea, riconosciuto criminale di guerra e nemico giurato di Aoun all'interno della comunità cristiana del Levante. A chiudere il giro i 7,6 miliardi concessi dai paesi occidentali, in primis Francia ed Italia, al Libano per la ricostruzione ma legati alla condizione della continuità del premier Siniora. In questo momento ci sono tutte le condizioni perché il Libano ridiventi uno dei fronti della guerra infinita che insanguina il Medio Oriente.
L'antefatto è da collocarsi negli avvenimenti di dicembre, quando i partiti sciiti Hezbollah e Amal e il partito maronita Corrente Patriottica Libera del generale Aoun abbandonano l'esecutivo di unità nazionale nato in seguito all'aggressione israeliana di quest'Estate. In seguito a questa decisione i partiti di opposizione iniziarono ad assediare pacificamente il premier con un accampamento di tende davanti agli uffici del governo. Fino allo sciopero generale e allo scatenamento degli squadristi governativi si deve dire che la protesta non era mai trascesa sul piano dello scontro armato. Ora l'attacco mosso dalle Forze libanesi di Geagea e dei sunniti di Mustaqbal (fondato dall'ex premier saltato in aria nel 2004 Hariri) unito al diktat imposto da Francia e Italia sull'uso degli aiuti finanziari costringerà probabilmente le opposizioni a rallentare la propria azione e ad accettare il compromesso che l'accorto Siniora ha iniziato ad offrire loro.
Ma su cosa versa la disputa all'interno del Levante? I protagonisti di una e dell'altra parte vengono tutti da storie complesse e poco sovrapponibili: nell'opposizione troviamo gli sciiti filoiraniani di Hezbollah e quelli filosiriani di Amal (per non parlare del partito nazionale e sociale siriano il cui orientamento è dichiarato dal nome), insieme al generale cristiano Aoun, eroe della resistenza nazionale contro la Siria ed esiliato in Francia per non aver voluto accettare gli accordi di Taif del 1990 che posero fine alla guerra civile iniziata nel 1976. Al governo troviamo il criminale di guerra maronita Geagea, massacratore dei palestinesi nei campi di Sabra e Chatila, graziato dalla Siria proprio con gli accordi di pace, insieme ai partiti sunniti legati all'ambiente dei palazzinari arricchitisi negli anni Novanta con la prima ricostruzione e soprattutto agli ambienti finanziari dell'Arabia Saudita. I due blocchi hanno riferimenti internazionali e locali evidentemente contrapposti e che ci permettono di leggere in modo più chiaro la partita in corso in Medio Oriente.
Il blocco di potere rappresentato da Siniora e dal clan Hariri è legato in primo luogo all'Arabia Saudita che ha scelto di giocare in libano lo scontro con l'Iran per la supremazia regionale in campo islamico. I fondamentalisti wahabiti contro la repubblica sciita, ognuno dei due ad urlare all'altro la propria fedeltà all'Islam e l'eresia del rivale. Dietro a questo teatro, interessi corposi di potere, leadership nella produzione petrolifera e all'interno dell'OPEC, possibilità di influenzare più di un miliardo di musulmani in tutto il pianeta. L'Iran con la resistenza di Hezbollah all'offensiva di Israele ha segnato un colpo da molti punti quest'estate e i sauditi si sentono oggi in dovere di aumentare il proprio peso specifico nell'area per evitare l'egemonia di Teheran. Insieme ai sauditi gli altri sponsor principali del blocco di governo sono gli USA e la Francia (ai quali si è aggiunta in posizione più moderata e defilata l'Italia) che sostengono i maroniti alleati dei sunniti allo scopo di aumentare la propria influenza nell'area e di limitare la capacità di leadership dell'Iran. Il comportamento israeliano verso il governo Siniora, alternante aperture di credito e minacce esplicite nel sud del paese, è parte dello stesso piano che punta al ridimensionamento della forza sciita nel paese e allo stabilizzarsi dell'influenza saudita su Beirut. In questo modo Washington ha recuperato Riyad al suo "gioco" mediorientale e ne ha fatto l'avanguardia nel conflitto con l'Iran e con le sue tentazioni egemoniche.
L'opposizione d'altra parte rappresenta sia i settori comunitari meno potenti del paese come gli sciiti che da sempre hanno guardato al di fuori dei confini nazionali per trovare dei referenti che permettessero loro di superare l'angusto ruolo assegnatoli dalla costituzione spartitoria libanese. Se Aoun e una parte consistente dei maroniti sono schierati oggi con loro è perché essi sanno che il conflitto comunitario non è tra musulmani e cristiani ma, all'interno dell'Islam, tra sunniti e sciiti e i cristiani arabi possono solo giocare un ruolo di alleanza con i settori più aperti (perché minoritari) del mondo islamico. Gli USA e l'Europa, poi, sono ritenuti poco credibili, troppo vicini ad Israele e quindi poco spendibili nel mondo arabo e, soprattutto alleati con i sauditi in un progetto che vede Libano e Siria consegnati alle correnti sunnite a detrimento di tutte le minoranze presenti nei due paesi, compresi i cristiani.
Dal punto di vista sociale, poi, lo sciopero ha mostrato come i settori popolari del paese siano a maggioranza collocati nel campo dell'opposizione vuoi perché il welfare esistente è gestito unicamente dalle loro organizzazioni, vuoi perché l'esperienza della ricostruzione degli anni Novanta ha dimostrato ai settori popolari del paese che la gestione sunnita del Libano ha significato grandi profitti per i palazzinari e impoverimento senza fine per lavoratori, impiegati e piccoli commercianti.
Una situazione, quindi, esplosiva dove fattori geopolitici, comunitari e sociali si intrecciano senza fine in un contesto fortemente influenzato dai venti di guerra che spirano oggi anche verso l'Iran dopo aver devastato l'Iraq e messo in ginocchio lo stesso Libano.