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Il pil cresce, che bravi! I rifiuti aumentano, che sfiga!

di greenreport - 14/02/2007

Romano Prodi plaude soddisfatto dall’India, dove si trova in missione economica a fianco di Luca Cordero di Montezemolo, ai dati dell’ultimo trimestre del 2006 che indicano un ulteriore incremento del Pil che ha raggiunto quota 2%, la più alta dal 2000. «La sferzata dell’economia ha funzionato» ha dichiarato Prodi, come a dire che il principale faro della politica del suo governo sembra finalmente illuminare la rotta. Bene. La notizia che il paese è in costante ripresa è da annoverare senza dubbio tra le notizie positive.

Nel frattempo, il parlamento Europeo ha votato ieri a larga maggioranza gli emendamenti presentati da molti deputati dell’area progressista alla direttiva quadro sui rifiuti. La prossima normativa di riferimento su questo settore per gli stati dell’Unione, se il Consiglio avvallerà il testo licenziato ieri, avrà tra i punti cardine la stabilizzazione della produzione dei rifiuti al 2012 e un obiettivo di riciclaggio del 50% dei rifiuti urbani e del 70% dei rifiuti industriali al 2020.

Bene, anzi ottimo. La produzione dei rifiuti segue infatti un continuo trend di crescita sia in Europa che in Italia, dove sempre ieri è stato presentato il rapporto annuale dell’APAT –ONR, da cui si legge che nel 2005 c’è stato un aumento di 1,6 milioni di tonnellate rispetto al 2003, per un totale di 31,7 milioni di tonnellate. Solo di rifiuti urbani: sono infatti 108 i milioni di tonnellate di rifiuti speciali di cui 5,3 pericolosi. Quindi è assolutamente necessario porsi obiettivi di riduzione per contrastare il fenomeno dell’aumento dei rifiuti, che dal ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio è stato definito “una calamità umana”.

Ma se lette congiuntamente queste notizie, viene da riflettere su come sarà possibile portare a sintesi tutti insieme gli obiettivi fissati: quello della crescita economica e quello della diminuzione dei rifiuti prodotti. Difficile ignorare infatti che i rifiuti rappresentano il metabolismo diretto (o per meglio dire il catabolismo) di un sistema produttivo basato su un aumento continuo dell’input delle risorse utilizzate a cui non può che seguire un output delle scorie prodotte.

Quindi se aumenta la crescita economica basata sul paradigma dell’aumento della produttività, sarà alquanto problematico mettere mano in maniera concreta al disaccoppiamento tra produzione dei rifiuti, consumo di risorse e tasso di crescita economica. Obiettivo che era anche indicato nel V programma di azione europea e poi ribadito nel VI.
Se questo paradigma non cambia risulterà allora impossibile raggiungere entrambi gli obiettivi, evitando al contempo che la capacità di carico dell’ambiente ne risulti assolutamente in deficit. Come nei fatti sta già accadendo.

«L’astrazione dell’economia standard dal contesto dell’ambiente , produce la fallacia ecologica; quella che chiude il processo economico nel cerchio produzione-consumo, senza preoccuparsi di ciò che sta prima e di ciò che avviene dopo» dice Giorgio Ruffolo in un articolo pubblicato oggi su Repubblica. E prosegue: «L’economia standard poggia tutta la sua raffinata struttura su una implicita e grossolanamente falsa premessa: che il pianeta sia una miniera inesauribile e un pozzo senza fondo. Ignorando i limiti dell’ambiente, gli economisti produttivisti ignorano il costo del suo uso».

O al più, come dice ancora Ruffolo «questi costi diventano un valore negativo, una diseconomia alla quale viene dato un prezzo da pagare». Ma in maniera relativa e non assoluta: si potrà pagare di più in termini di interventi di risanamento, quindi relativi, ma non certo in termini assoluti, per il consumo del capitale naturale. A meno che non si voglia mettere una polizza da far riscattare alle future generazioni, se arriveranno in tempo a riscuoterla!

Allora quali possono essere gli strumenti necessari per risvegliare la classe politica da un torpore che la attanaglia, quali studi devono ancora essere prodotti per aiutare chi opera le scelte politiche ed economiche, a considerare il mondo “tuttattaccato”, quali altre previsioni di sciagura servono per indurre ad un pensiero meno schizofrenico che da una parte inneggia alla crescita del pil e dall’altra indica la necessità di ridurre la produzione dei rifiuti e del consumo delle materie prime?
Come sollecitare la coscienza pigra della politica a prendere atto di queste discrepanze e ad agire per riassestare la rotta, prima che gli equilibri già assai precari del pianeta siano definitivamente rovesciati ?

Ruffolo dice che non bisogna stancarsi di agire sulla coscienza con la strategia della parola. Noi cercheremo di seguire il suo consiglio e continueremo a recitare la parte di Cassandra, perché come lui stesso suggerisce «dopo tutto, qualche ragione l’aveva».