Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Brindisi, colonia inglese?

Brindisi, colonia inglese?

di Guglielmo Ragozzino - 14/02/2007

 
Come la British gas è riuscita ad accaparrarsi l'affare. Grazie a un accordo tra Blair e Prodi. Che lo ha tranquillizzato sulle «tensioni» in città

Un motivo impone di ritornare sulla decisione relativa al rigassificatore di Brindisi. E' la collocazione dell'impianto a ridosso del porto, a prevalente vocazione turistica. A terminale completato, dovrebbero arrivare, secondo il progetto, 110 navi gasiere l'anno, cariche ciascuna di 120/140 mila tonnellate. Per giornate intere, per un terzo dell'anno, il porto sarebbe impraticabile per l'attività preferita e i flussi turistici tenderebbero a spostarsi altrove, appoggiandosi a porti concorrenti, meno accidentati.

Nel progetto questo non c'è. Il quadro che precede, inoltre, non tiene conto di ogni possibile intralcio legato a imprevedibili questioni di sicurezza ambientale, tutte superabili, ma tutte lunghe da superare. E questo senza tenere conto dell'insuperabile rischio di incendi, ben presente agli specialisti dell'Enea. Solo dedicando il porto al gas, da riportare dallo stato liquido a quello gassoso, pericoli e disagi potrebbero essere superati, ma con un costo economico sociale che nessuno ha contabilizzato.
Si è fatto invece un paio di conti il numero uno di British Gas, Bg, Frank Chapman. All'assemblea annuale, a Londra, ha dichiarato che «Brindisi» sarà operativo nel 2010, mentre il costo dell'investimento è cresciuto da 390 a 500 milioni. «Ha sottolineato - riferisce la Staffetta quotidiana del 10 febbraio - di non avere ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla riapertura dell'iter autorizzativo per il progetto, come invece annuciato dal Governo in una nota alla fine dell'anno». E ha aggiunto che «se pure ciò dovesse risultare vero, l'iniziativa del governo non avrà "alcun effetto sulla validità dell'autorizzazione" rilasciata regolarmente nel 2003 anche se in assenza di Via, al tempo non richiasta dalla legislazione».

L'impianto di rigassificazione di Brindisi da 8 miliardi di metri cubi annui è interamente di Bg che ha ricomprato nel 2005 la metà di Enel. L'Enel aveva comprato la sua metà nel 2003. Volubilità o cambio di strategia, con l'arrivo di Fulvio Conti sul ponte di comando? Il 20% del gas lavorato dovrebbe essere a disposizione di un'altra impresa, ancora da nominare. L'eventuale rigassificatore non è però l'unica attività di Bg in Italia. Ve ne è un'altra, fiorente, di nome Serene. In Serene, Bg ha un terzo del capitale. Si tratta di una serie di impianti di cogenerazione affiancati agli stabilimenti Fiat: Melfi, Termoli, Cassino per un totale di 400 Mw; più 50 Mw a Rivalta e Sulmona. E mentre Fiat, socio ai due terzi, ritira 344 mila tonnellate di vapore, l'operatore della rete elettrica, Gse (ex Grtn) compera 3.000 Gwh di elettricità. Il gas è fornito da Edison ed Eni.

Cosa c'entra tutto questo con il rigassificatore in progetto per Brindisi? Serve a collocare Bg all'interno del principale sistema di poteri industriali - e di poteri e basta - in Italia. Si pensi solo alla forza di Fiat che appoggia, nelle giuste stanze, il suo alleato. Si pensi all'interesse vero di Edison ed Eni nei confronti del loro cliente, in un connubio che lascerà assai perplessi coloro che si immaginano i grandi gruppi industriali concorrenti sempre pronti a farsi lo sgambetto e a tagliarsi la strada.

E poi c'è il grande amico di Londra, l'ospite di Downing Street, sua eccellenza il primo ministro inglese, Antony Blair. Questi non l'ha mandata a dire, ma si è mosso in continuità per aiutare la «sua» società, in una complicata vicenda nel sud-Europa. E dai colloqui londinesi di Romano Prodi, nel novembre 2006, emerge la portata dell'affare: «Blair mi ha manifestato la grande preoccupazione di British Gas per le tensioni e i problemi che si sono verificati a Brindisi, e io gli ho espresso tutto il mio dispiacere».