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L'informazione da parte Palestinese

di Angela Lano - 15/02/2007





intervista con Angela Lano di Davide Pelanda - Megachip

Da poco più di un anno e mezzo è nata l'agenzia di stampa Infopal. A dirigerla è stata chiamata Angela Lano, giornalista torinese ed orientalista, già collaboratrice di numerose testate tra cui le cronache di Torino de La Repubblica ed autrice di numerosi libri tra cui spicca “Islam d'Italia”, un volume edito dalle Edizioni Paoline che racconta di un interessante viaggio nelle varie comunità islamiche della nostra penisola.

Come nasce www.infopal.it ? Perché quest'agenzia?

«L'idea è nata alle comunità palestinesi arabo-islamiche italiane. Già da tempo ci stavano pensando vista soprattutto la qualità e la scarsezza di notizie nei nostri quotidiani e nelle nostre tv sulla Palestina. Questo sogno di creare una agenzia stampa che diffondesse notizie veritiere sulla Palestina in Italia, un anno e mezzo fa circa è diventato realtà: nel novembre 2005, visto che sono una giornalista e visto che sono anche una orientalista che vent'anni fa avevo fatto una tesi di laurea sulla Palestina, hanno affidato a me il compito di dirigere questa agenzia. Abbiamo cominciato dal niente: non c'erano traduttori, non c'erano giornalisti, non c'era nulla. Sostanzialmente solo un PC e l'ufficio di casa mia. Sono poi stati stipulati contratti di collaborazione con corrispondenti e giornalisti che vivono direttamente in Palestina, a Gaza e nei territori: tutti i giorni e più volte al giorno ci mandano notizie di cronaca, commenti e tutto ciò che attiene alla Palestina ed ai palestinesi che sono in Iraq. Il materiale che ci arriva è in arabo e noi lo traduciamo il più velocemente possibile con l'aiuto sia di volontari che anche di due traduttori. La redazione vera e propria è on-line. Il nostro personale è sparso per tutta Italia: a Genova, Milano, Firenze e Torino. Ci sentiamo regolarmente tra noi e con i corrispondenti in medioriente facilitati anche grazie alla tecnologia: con la mail, le telefonate con Skype ecc… Facciamo riunioni di redazione on-line, decidiamo cosa tradurre e cosa lanciare nel sito, ci accordiamo e sentiamo frequentemente. E man mano arricchiamo il nostro sito».

Il flusso di notizie che arriva a voi è diverso da quello che leggiamo sui giornali, da quelle notizie che arrivano alle varie altre agenzie come l'ANSA ?

«Ci sono delle notizie che riporta, per esempio, anche la Reuters, soprattutto quando ci sono scontri inter-palestinesi: queste notizia vanno subito pubblicate quasi contemporaneamente nei siti di Ansa e le altre agenzie, ma anche nel nostro. Perché sono queste le notizie che interessano i media classici. Sembra esserci interesse solo quando i palestinesi si mazzolano tra di loro e puntualmente anche i tg li raccontano.

Le notizie non pubblicate sugli altri media che invece noi pubblichiamo riguardano, ad esempio, se è Israele a bombardare. Gli altri media danno la notizia solo se sono bombardamenti talmente eclatanti come è successo la scorsa estate o a novembre quando hanno tirato giù un palazzo con venti persone morte. Una cosa talmente grossa che era quasi inevitabile dare la notizia anche sugli altri media. Ma la nostra diversità è che noi non registriamo il punto di vista dell'esercito israeliano, come fanno tutti gli altri giornali e testate che ricevono e danno direttamente la velina dell'esercito israeliano: noi raccontiamo il punto di vista delle persone che ti dicono che in quel tal palazzo, di cui dicevo prima, non c'erano i terroristi ma solo donne e bambini. Raccontiamo quindi il punto di vista palestinese. Inoltre noi facciamo sapere chi c'è dietro questi scontri inter-palestinesi.

Per esempio in questi giorni abbiamo messo tre notizie eclatanti. Una di queste parlava dell'arrivo via mare di navi israeliane con armi da dare a Fathah. La seconda diceva che via terra (via Gaza) stavano arrivando camion da destinare alla presidente dell'Anp (cioè ad Abbas) ma in tv è stato detto che erano carichi umanitari, medicine ecc… e ciò non è vero. La testimonianza dei presenti della nostra agenzia, quindi testimoni oculari, ci hanno detto che erano una serie di armi. Nessun tg o giornale nazionale o agenzia aveva la stessa nostra notizia. Ma anche se l'avessero avuta l'avrebbero evidentemente buttata».

Quanti vi leggono? Avete dei clienti che si abbonano al vostro servizio così come succede in qualsiasi agenzia di stampa come ad esempio l'ANSA? Oppure è un servizio libero in copyleft?

«Questo mese abbiamo raggiunto 90 mila visite al sito. Parecchio. Tra le agenzie italiane riporta i nostri lanci abbastanza spesso l'Adnkronos, qualche volta ci ha riportati l'Ansa, mentre c'è invece chi ci frega le notizie e non ci citano: Ci sarebbe da arrabbiarsi ogni volta!

Noi vogliamo divulgare queste notizie il più possibile a chiunque, non solo agli addetti ai lavori, cioè ai giornalisti. Se infatti noi mettessimo un servizio di agenzia a pagamento limiteremmo molto gli accessi ai non giornalisti. Così invece c'è tanta gente comune, volontari ecc. che ci leggono. Al fondo di ogni articolo abbiamo messo il copywright, ma si sa come funzionano le cose…»

Le voci maligne dicono che dietro a voi ci sarebbero quelli di Hamas. E' così?

«Ovviamente non è così. Mi sembra che cerchiamo di essere equilibrati. E' chiaro che siamo dalla parte dei palestinesi. Il governo attuale lì è Hamas e quindi, come in Italia, diamo leggermente più spazio al governo invece che all'opposizione. Però noi non siamo assolutamente finanziati da Hamas: i soldi per proseguire nel progetto arrivano da una serie di donazioni interne delle comunità arabe e palestinesi italiane. L'obiettivo è riuscire a fare un progetto che sia finanziato, che so, dalla Comunità europea piuttosto che dagli Stati ecc… Hamas non ha soldi per pagare i suoi dipendenti, figuriamoci se può venire a pagare noi!»

Vi avvalete anche di esperti del mondo arabo e israeliano?

«Sì, noi riportiamo anche articoli di intellettuali, arabi, ebrei pacifisti o altri nomi eccellenti, quali per esempio Noam Chomsky, altri del Global Researche. Con noi collaborano anche storici e orientalisti italiani: ormai si è attivato un meccanismo di persone che ci mandano articoli che però non devono essere denigratori o razzistici».

C'è un comitato di redazione di esperti ed illustri firme che vi aiutano nella selezione di articoli e notizie?

«Lo stiamo formando con alcuni esperti quali docenti universitari, cristiani, ebrei, musulmani che abbiano voglia di confrontarsi. Stiamo avviando una specie di comitato scientifico di cui presto pubblicheremo i nomi».

Il vostro scopo è quello di essere corretti, equilibrati nel vostro lavoro, oppure di essere schierati? Siete per così dire “politycally correct”? Oppure seguite un certo modello di denuncia?

«Se si tratta di seguire il modello, per esempio, di Stefano Chiarini (giornalista de “Il manifesto” recentemente scomparso ndr) che poteva essere tacciato di essere scorretto, allora dico subito di sì: quello per noi è il modello. Così come lo è Giulietto Chiesa. Sono persone schierate che denunciano certe situazioni senza mezzi termini. Se moderazione vuol dire quel tentativo italiano di dare un colpo al cerchio ed uno alla botte e di essere “così vicini” come dice D'Alema, noi non lo siamo. Il nostro modello non è neanche lanciare slogan guerrafondai. Vogliamo solo informare nel modo più corretto e scientifico senza insultare nessuno e senza usare terminologie da parata militare».

Il vostro è un compito delicatissimo, dato il “surriscaldamento” delle zone mediorientali. Avete paura? Siete mai stati minacciati con lettere o con altri avvertimenti?

«Per il momento no. Diciamo che gli attacchi paradossalmente ci sono arrivati dall'interno della comunità palestinese stessa. Per esempio a Torino ci hanno accusato di essere pagati da Hamas, in cattiva fede perché, come già detto, Hamas non ha i soldi per pagare i suoi uomini, figurati se li manda a noi; a Roma sempre persone interne alla comunità palestinese ci hanno attaccato probabilmente per invidia, forse perché per molti anni loro più che una mailing list non hanno messo in piedi».

Tu hai una esperienza giornalistica molto variegata, ma il filo conduttore del tuo lavoro è sempre stato il mondo arabo, anche dovuto ai tuoi studi universitari. Ti chiedo: non sei un po' stanca di vedere stragi, sentire di attentati e morti le più crudeli, vedere foto terribili che metti regolarmente sul sito da te diretto? Non ti sembra di fare una lotta contro i mulini a vento? Cosa speri di cambiare con questo lavoro?

«Che bella domanda! L'estate passata, quando erano in corso i bombardamenti contro Gaza passati un po' in silenzio per via di quelli contro il Libano, sono arrivata ad una sorta di burn-out come dicono gli psicologi: ero proprio fuori di me, non ce la facevo più! Sono andata via tre giorni perché mi pigliava l'angoscia.

Anche se cerchi di essere professionale e distaccato come fa il medico, non puoi! Quando vedi i bambini… ci sono arrivate delle foto allucinanti!

E lì non hai più strumenti, non hai più parole…

Da una parte c'è l'interesse professionale, dall'altra c'è l'interesse umano in una lotta contro i mulini a vento. D'altronde il buon Stefano Chiarini è stato definito colui che lottava per le cause perse».

Dal tuo particolare osservatorio come vedi il futuro, tra dieci-quindici anni, del medioriente? Secondo te come si evolverà?

«Credo si evolverà in peggio, sì, sì…Se scoppierà la guerra contro l'Iran…

Da quello che dice Michel Chossudovsky nel suo bel sito Global Research tutto fa pensare a questo! Anche perché nel Mediterraneo ci sono movimenti di truppe molto forti, navi americane ecc… che fanno presagire una escalation del medioriente. Ciò infiammerà tutta la regione e quindi sarà un disastro. Io purtroppo non sono ottimista. Mi sembra che Israele non accetterà mai di creare uno Stato con confini onesti e corretti per i palestinesi, mentre dall'altra parte c'è la volontà di muovere guerra all'Iran. I palestinesi non so….un disastro! La vedo brutta la faccenda!»


di Davide Pelanda - Megachip