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Washington usa Baghdad per attaccare Teheran

di Alessia Lai - 15/02/2007



Le strategie atlantiche volte a screditare l’Iran agli occhi della comunità internazionale oggi passano per Baghdad. Impantanati come sono sulla questione nucleare, sulla quale le insistenti minacce di Condoleezza Rice hanno ormai il sapore di un ritornello stantio, gli atlantici stanno cercando di appigliarsi a qualcosa di più tangibile per poter continuare ad additare Teheran come un pericolo per la ‘democrazia’. Così ‘salta fuori’ la notizia che l’Iran fornirebbe alle milizie sciite irachene l’ordigno più letale usato contro le forze militari americane. La denuncia è, manco a dirlo, di fonti dell’intelligence militari e civili Usa, citate sabato scorso dal New York Times poche ore prima di una denuncia pubblica da parte dell’Amministrazione Bush.
Nello specifico si tratterebbe di ordigni ad alta precisione costituiti da cilindri pieni di esplosivo definiti Efp ‘esplosively formed projectiles’ (foto). Bombe in grado di distruggere i tank Abrams che in genere vengono posti sul ciglio delle strade e fatti esplodere al passaggio dei mezzi militari statunitensi.
Ora, gli analisti dell’intelligence avrebbero stabilito che sono stati prodotti in Iran e fatti “Tutte le fonti riportano che dal 2004 le guardie rivoluzionarie iraniane forniscono componenti alle milizie sciite irachene. Sulla base di analisi forensiche dei materiali recuperati in Iraq, l’Iran è il produttore di questi oggetti”, si legge su un memorandum ancora classificato dell’intelligence Usa, citato sabato scorso dal ‘New York Times’.
Secondo il servizio segreto di Washington, inoltre, le spedizioni di materiale bellico avverrebbero per ordine dei “più alti livelli” del governo iraniano, addirittura sarebbero approvate dal leader supremo, Ali Khamenei e portata avanti dalla Forza Quds, le forze di elite, delle guardie rivoluzionarie.
Un’accusa pesante, ma sicuramente facile da argomentare. Stavolta non servono provette finte nelle meni del segretario di Stato o foto aeree di fantomatici ‘laboratori mobili’ di armi chimiche. Nove anni di guerra tra Iran e Iraq hanno sicuramente lasciato residui sul territorio iracheno e, in ogni caso, il contrabbando di armi è un tipo di traffico che non necessariamente coinvolge governi. Ma tant’è, la “pistola fumante” che tanto piaceva a Bush ai tempi dell’aggressione contro l’Iraq resta il leit motiv della politica-spettacolo statunitense: mostrare pezzi di bombe con matrici ricollegabili all’Iran è veramente gioco facile. Ovviamente, in tutto questo, le amnesie selettive di Washington cancellano i flussi di armi e denaro che negli anni ’80 gli Usa indirizzavano sia verso l’Iran che verso l’Iraq (più verso Teheran che verso Baghdad, nonostante in molti affermino il contrario) al tempo del conflitto fra i due Paesi.
La logica dei ‘due pesi e due misure’ continua a guidare le azioni nordamericane e la propaganda che le sostiene.