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George W. Bush in tour... America Latina in piazza

di Siro Asinelli - 16/02/2007



I popoli dell’America Latina sono pronti a rispondere in massa alle provocazioni della Casa Bianca e ad accogliere in maniera adeguata il presidente Usa George Bush “che tanti danni sta facendo all’umanità, alla pace, alla vita”. Il ministro degli Esteri venezuelano Nicolás Maduro ha lanciato il guanto di sfida all’indirizzo del presidente statunitense che ha annunciato nei giorni scorsi la sua prossima visita nel continente sudamericano, dall’8 al 14 marzo. Brasile, Uruguay, Colombia, Guatemala e Messico le uniche tappe di questo tour latinoamericano il cui scopo, ovviamente, è quello di racimolare rassicurazioni e consensi tra gli amici più fidati, come il presidente colombiano Alvaro Uribe ed il collega messicano Felipe Calderón, tastare il terreno brasiliano e tentare di spingere l’indecisa presidenza uruguayana ad accettare in via definitiva il Trattato di Libero Commercio. A Montevideo, in particolare, il lavoro diplomatico di Bush sarà arduo: il governo è spaccato tra chi, al seguito del ministro degli Esteri Reinaldo Gargano, rifiuta di sottoscrivere l’accordo neo liberista e chi, al seguito del ministro dell’Economia Danilo Astori, è favorevole ad un accordo. Il presidente Tabaré Vasquez in ottobre aveva annunciato che l’Uruguay non avrebbe firmato il TLC. La decisione è stata ribadita la settimana scorsa e agli Usa non resta che sperare che lo stuolo di tecnici e diplomatici che viaggeranno al seguito di Bush possa convincere il capo di Stato uruguayano a tornare sui suoi passi.
La Casa Bianca ha reso noto che la spedizione presidenziale ha lo scopo di “sostenere l’agenda comune per far avanzare la libertà, la prosperità e la giustizia sociale, così come presentare i benefici della democrazia nei settori della sanità, dell’educazione e delle opportunità economiche”. Il viaggio è stato preceduto dalla richiesta di approvazione presentata al Congresso del bilancio per l’anno fiscale 2008 dove figurano 1,6 miliardi di dollari destinati ad alcuni Paesi latinoamericani, ovvero destinati a finanziare i vari programmi d’intervento in sostegno delle amministrazioni fedeli e contro quelle ostili. Ingenti finanziamenti che rappresentano un ottimo biglietto da visita per l’esportazione del modello democratico a stelle e strisce soprattutto per Bogotá - dove Bush corre a salvare la faccia e la poltrona di un Uribe sempre più travolto dallo scandalo degli intrecci tra politica, narcotraffico e paramilitari – e per il Messico – dove il neo liberista Calderón affronta una crisi sociale ed economica che nasce nel solco dell’accordo di libero commercio con gli Usa.
A fronte dei prevedibili inchini di referenza di Uribe e Calderón, Bush dovrà affrontare una piazza continentale dove le ingerenze statunitensi sono sempre più ridotte dalla politica integrazionista avviata sulla spinta della vittoriosa Rivoluzione Bolivariana in Venezuela. Il capo della Casa Bianca “viene a perdere il suo tempo”, ha dichiarato Maduro che si è detto certo che il reale obbiettivo di Bush è quello di “dividere” i popoli e le istituzioni latinoamericane: “Bush non sarà ascoltato, mentre noi continueremo nel frattempo a lavorare con i popoli fratelli di Colombia, Ecuador, Bolivia, Argentina, Brasile e di tutta l’America Latina e i Carabi per il raggiungimento di una vera unità finalizzata alla felicità ed al progresso”.