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Verso una società solare - 1

di Giorgio Nebbia - 19/02/2007

 

Nella prolusione all’anno accademico 1903-1904 dell’Università di Bologna, Giacomo Ciamician, professore di chimica in quella Università, disse: “Il problema dell’impiego dell’energia raggiante del Sole si impone e s’imporrà anche maggiormente in seguito. Quando un tale sogno fosse realizzato, le industrie sarebbero ricondotte ad un ciclo perfetto, a macchine che produrrebbero lavoro colla forza della luce del giorno, che non costa niente e non paga tasse!” E, vorrei aggiungere, non ha padrone!
Pochi anni dopo, nel 1912, in una conferenza tenuta negli Stati Uniti, lo stesso professore affermava: “Se la nostra nera e nervosa civiltà, basata sul carbone, sarà seguita da una civiltà più quieta, basata sull’utilizzazione dell’energia solare, non ne verrà certo un danno al progresso e alla felicità umana!

Quando sono state pronunciate queste parole il consumo totale mondiale annuo di energia era di poco più di un miliardo di tonnellate equivalenti di petrolio (TEP); esso era salito di circa di 2 miliardi di TEP/anno nel 1950 ed è, sulla soglia del XXI secolo, di oltre 9 miliardi di TEP/anno!
L’odierno consumo di energia – e la produzione e il consumo delle macchine che divorano questa energia e delle merci fabbricate trasformando le risorse naturali con questa energia – hanno conseguenze che si riconoscono non più soltanto a livello locale – la “nera e nervosa civiltà” – ma che si fanno sentire a livello planetario.
L’impoverimento delle risorse di fonti di energia, di minerali, di foreste, l’usura delle terre coltivabili, l’inquinamento dell’aria e delle acque, inducono a chiederci se è possibile continuare su questa strada senza compromettere le condizioni di vita e di salute delle generazioni future.
Sempre più spesso ci si interroga sulla possibilità di realizzare una società, uno sviluppo, capaci di soddisfare i bisogni di alimenti, abitazioni, energia, beni materiali, ma anche salute, libertà, dignità, indipendenza, bellezza, della nostra generazione attraverso un uso delle risorse naturali – minerali combustibili fossili, acqua, foreste, terreno coltivabile ecc. – che lasci alle generazioni future condizioni tali da assicurare loro una vita dignitosa e soddisfacente.
Benché molti auspichino l’avvento di un’organizzazione sociale capace di svilupparsi in modo meno insostenibile di quello odierno, le attuali tendenze dei consumi di risorse naturali sono tali da far pensare che le generazioni future dovranno far fronte a problemi di scarsità, ad un impoverimento dei “beni ambientali” e addirittura a disastri ecologici di dimensioni non immaginabili.
Accanto alle possibili crisi ambientali se ne prospettano altre, di carattere politico e sociale, dovute alla maniera ineguale e ingiusta con cui l’energia è usata nel mondo. Circa 1,5 miliardi di terrestri consumano circa 4,5 miliardi di TEP/anno e ai restanti circa 4,5 miliardi abitanti della Terra rimangono a disposizione circa 4,5 miliardi di TEP/anno. Sembra quindi abbastanza ragionevole che i paesi che finora hanno avuto a disposizione pochissima energia reclamino una proporzione maggiore dell’energia consumata complessivamente nel mondo.
È possibile tracciare vari scenari di tale più giusta distribuzione, ma tutti inevitabilmente portano ad un aumento dei consumi totali di energia attraverso l’uso di crescenti quantità di combustibili fossili: carbone, petrolio, gas naturale.
Ma il consumo di combustibili fossili produce gravi effetti ambientali, in parte locali (inquinamento dovuto a varie sostanze nocive, piogge acide con danni alla salute e alla vegetazione, inquinamento termico, ecc.), in parte planetari, soprattutto mutamenti climatici dovuti all’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica atmosferica (“effetto serra”).
Già al livello degli attuali consumi di “appena” 9 miliardi di TEP/anno vengono immessi ogni anno nell’atmosfera circa 30 miliardi di tonnellate di anidride carbonica: anche considerando i meccanismi di autodepurazione dell’atmosfera, si osserva un aumento della concentrazione dell’anidride carbonica atmosferica di oltre una parte per milione in volume all’anno: da circa 320 a 370 parti per milione nel periodo che va dagli inizi degli anni Cinquanta alle soglie del 2000.
Come è noto, un ulteriore aumento di questa pur piccolissima concentrazione di anidride carbonica (oggi, nel 2000, lo 0,037 per cento in volume, rispetto ai gas totali dell’atmosfera) comporta una modificazione del delicato equilibrio fra energia solare che raggiunge la Terra e calore re-irraggiato dalla Terra verso gli spazi interplanetari, con conseguente aumento del calore trattenuto dentro l’atmosfera – che si comporta come una serra, una trappola del calore – e della temperatura media della Terra.
Ci sono tutti i segni che il pianeta Terra non potrà sopportare le alterazioni climatiche ed ecologiche corrispondenti a un sensibile aumento dell’uso dei combustibili fossili. Tanto più che tale aumento porterebbe a un rapido impoverimento delle riserve di idrocarburi con conseguenti crisi economiche e politiche e comunque in contrasto con gli interessi delle generazioni future.
Ci sono dei tentativi di far resuscitare l’energia nucleare come possibile mezzo per ottenere energia senza immissione di anidride carbonica nell’atmosfera, ma allo stato attuale delle conoscenze l’energia nucleare non solo non è destinata a giocare un ruolo importante nel futuro energetico, ma è destinata ad un inarrestabile declino, e già così lascia un drammatica eredità di scorie e residui radioattivi.

(continua - qui la seconda parte)