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La cultura ideologica dell' "antismo": antiamericanismo, antifascismo, anticomunismo

di Carlo Gambescia - 20/02/2007

 

La dura polemica politica, tuttora in corso, sulle frange “antiamericaniste” presenti nel governo di centrosinistra impone di riflettere sulla pericolosità dell’ ”antismo”. Un termine, da noi coniato, prendendo spunto dal prefisso “anti”. Ma cerchiamo prima di scoprirne il significato sotto l’aspetto linguistico.
Sul piano definitorio è sufficiente aprire un qualsiasi dizionario, per scoprire che indica “opposizione”, “avversione”. E che deriva dal greco ante.
Ma andiamo più a fondo.
Il termine “anti” appartiene alla cultura politica novecentesca, e ne riflette la natura dannosamente conflittuale, soprattutto sul piano culturale: quello del costruttivismo ideologico totalitario racchiuso nell' espressione: "se le mie idee non sono in linea con i fatti, tanto peggio per i fatti". Un'enfasi costruttivistica che ritroviame in tre "antismi": antifascismo, anticomunismo, antiamericanismo.
Ovviamente, la nostra una pura e semplice e ricognizione, priva di qualsiasi pretesa di completezza scientifica. Deve rappresentare un puro stimolo per ulteriori e più approfondite indagini.
Il termine antifascismo, come “avversione al fascismo” viene fatto risalire a Mussolini: “Chi è contrario al fascismo” (1920) [Si veda M. Coltellazzo e P. Zoli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna 1990, vol. I, p. 60].
Il termine anticomunismo, che a grande linee, risale al periodo tra le due guerre mondiali, è per la prima volta definito chiaramente, come “avversione al comunismo” - per l’area linguistica italiana da Paolo Alatri, storico comunista, sulla rivista “Rinascita” (1946) [ si veda Coltelazzo e P. Zoli, op. cit, vol. I, p. 59].
Il termini antiamericanismo, non è ancora largamente presente nei dizionari. Difficile perciò ricostruirne con precisione le origini storiche e linguistiche, anche solo per l’Italia. Ad esempio nel Dizionario della lingua italiana , La Biblioteca del Sapere - Corriere della Sera, Milano, Bologna Bergamo 2004 (già Sabatini Colletti), che abbiamo a portata di mano, “Antiamericano” è chiunque sia “contrario, polemico, con la politica, la cultura, l’ideologia dominante negli Stati Uniti d’ America; riferito a uno stato, a un partito avversario degli Stati Uniti”. E lo si fa risalire, senza ulteriori spiegazioni storiche al 1985 [ vol. I, p. 196]. In realtà, e stando agli storici, il termine, e non solo per l’Italia, risale agli anni Trenta del Novecento, e agli ambienti fascisti e comunisti [ si vedano i lavori di Michela Nacci: L’antimericanismo in Italia negli anni Trenta, Bollati Boringhieri, Torino 1989 La barbarie del comfort. Il Modello di vita americano nella cultura francese del Novecento, Guerini e Associati, Milano 1996]. Per quello che invece riguarda la sua accezione contemporanea, la data più verosimile sembra essere il 1987. Ne parla l’ambasciatore americano Price, che in un articolo apparso sul Guardian definisce “l’antiamericanismo (…) un modo di sentire amorfo, totalmente soggettivo (…), difficile che si trovi un accordo sul darne una definizione accettabile”. Il che non toglie, conclude, che “oggi ne vedo moltissimo, in Inghilterra e in Europa” [ L’antiamericanismo in Italia e in Europa nel secondo dopoguerra, a cura di P. Crateri e G. Quagliariello, Rubbettino, Soveria Mannelli 2004, p. 73].
E qui purtroppo, anche per ragioni di leggibilità del “post”, dobbiamo fermarci. Ci scusiamo, naturalmente, per premessa “filologica” e storica, e per le pedanti citazioni. Che tuttavia ci suggerisce le seguenti conclusioni.
In primo luogo, il prefisso “anti” privilegia una concezione del mondo totalitaria. Chi è anti è contro, e in modo totalistico, la concezione opposta, che a sua volta, viene difesa, con pari violenza da chi è attaccato. E così via lungo una specie di spirale dell’odio. Il che significa, sul piano della cultura politica, la fine di ogni libero dibattito.
In secondo luogo, quanto sopra, mostra la natura ideologica dell’ “antismo”, e soprattutto come sia legato a una forma di comunicazione politica fortemente simbolica, nata in un “secolo di ferro” volta a squalificare totalmente il nemico, mettendolo completamente fuori gioco. A ogni costo, anche limitando la democrazia. Il che significa, sul piano della pratica politica, la fine di ogni libera partecipazione.
In terzo luogo, come abbiamo già accennato, condividere l’ “antismo” significa, in certo senso, autorizzare, il “nemico” a farne uso, a sua volta. E qui, ad esempio, si pensi alle guerre, non solo ideologiche, tra comunisti “antiamericani” da una parte, e “antifascisti” “anticomunisti” ma non antiamericani dall’altra. Gli uni odiano gli altri, come nemici “ assoluti”. Il che provoca l’ imbarbarimento progressivo del conflitto politico, perché all’avversario, al quale si dovrebbe in qualche misura umano rispetto, si sostituisce il nemico assoluto, da sterminare per ragioni di barbara prevalenza ideologica.
Ora, dovrebbe essere chiaro quanto l’ ”antismo” sia pericoloso. E continuare a screditare i movimenti “antiamericani”, enfatizzandone per ragioni ideologiche la pericolosità, ne favorisce, oggettivamente, la radicalizzazione.
L’ ”antismo” è una strada senza ritorno.