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La Repubblica dei sognatori. Antropologia critica del lettore progressista

di Gianfranco La Grassa - 20/02/2007

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La Repubblica – parlo dei suoi lettori – è lo specchio della sinistra diessina, semicolta, intellettualoide, un po’ chic e con la puzza sotto il naso di fronte alla “cattiva estetica” dei “berluscones”; mentre i lettori del Corriere sono più ferrati in affari e finanza, sono commercialisti, avvocati, consulenti, manager, ecc. Una quota di entrambe queste “cordate di lettori” compra anche Il Sole24ore, perché gioca in borsa e con la sua compravendita di titoli sente di essere la vera “struttura portante” dell’Italia “che fa ricchezza” (non producendo che chiacchiere, imbrogli, raggiri vari con carta straccia). Complessivamente, i lettori di cui si tratta sono una buona rappresentazione del cancro – in via di metastasi – che sta distruggendo il paese. Per loro occorrerebbe una punizione esemplare e non indolore; ogni angolino della società andrebbe ripulito da queste cellule ormai putride, fonte di sempre nuove infezioni.

Un piccolo sintomo di quanto si sta dicendo lo si riscontra nello scontro che oppone da mesi i redattori di Repubblica all’editore (che più “progressista” non si può). A dicembre, la redazione inviò un comunicato al “padrone”, in cui lo definiva “delle ferriere” (dal titolo di un vecchio romanzo di fine ottocento, un feuilleton ma significativo dello spirito dei capitalisti del tempo, sfruttatori nel senso letterale e peggiore del termine); e affermava “che si professa liberal, pretende di avere come ragione sociale la difesa dei diritti delle persone e della dignità del lavoro”, ma in realtà “disprezza la redazione”.

Altrettanto duro e articolato il comunicato di questi ultimi giorni. In esso si afferma che l’editore “a parole smentisce di essere uno dei ‘falchi’ ma poi non fa nulla di concreto per sbloccare la situazione” mentre “un quarto dei colleghi….fa letteralmente fatica ad arrivare alla fine del mese”. “Nonostante quasi ogni giorno le testate del gruppo raccontino quale impatto abbia avuto l’arrivo dell’euro sui prezzi e denuncino la perdita del potere d’acquisto dei salari, il nostro editore trova il tempo e il denaro per tentare la conquista di Alitalia, dimenticando che i suoi dipendenti devono far quadrare il loro bilancio con gli stessi salari di sette anni fa. Bella coerenza. Un gran brutto segnale da parte di chi aspira a sottoscrivere la tessera n. 1 del Partito democratico”. In conclusione, la redazione invita i “lettori ad aprire gli occhi su una realtà, quella del Gruppo Espresso, che a parole promuove la concertazione, il dialogo, il rapporto costruttivo e negoziale con tutte le componenti del mondo del lavoro e che invece, al suo interno, mantiene retribuzioni, sistemi normativi e rapporti di lavoro del tutto incoerenti con questi ‘buoni’ propositi”.

Per carità, ai redattori, in quanto lavoratori salariati, vada tutta la nostra solidarietà. Ci consentiamo solo di ricordare loro sommessamente che i lettori di Repubblica sono quei semicolti intellettualoidi già sopra ricordati. Gente dai lavori più improbabili e improduttivi, nei settori del turismo e dello spettacolo, dell’informazione soprattutto pubblicitaria, dell’organizzazione di kermesse similculturali e di viaggi, dell’apparato sanitario semipubblico e semiprivato, del volontariato e del sedicente no profit, del multi e interculturalismo, delle scuole di specializzazione e formazione (di perfetti incapaci nei più vari lavori inutili, e nella scuola anch’essa ormai inutile, anzi dannosa), delle organizzazioni non governative, degli aiuti ai diseredati di mezzo mondo, insomma  del “magna-magna” foraggiato da pezzi importanti dell’apparato pubblico (centrale e locale); quello controllato dai marpioni di sinistra, che succhiano risorse a non finire, nel mentre i Prodi e TPS e Visco e Bersani d’occasione pestano sui ceti produttivi per estorcere tutto il possibile e anche di più.

I lettori di Repubblica sono quelle persone di “raffinata” cultura – e che odiano i bottegai così ignoranti – che non hanno mai letto (o quasi) i grandi classici della letteratura; si sbronzano con gli autorucoli di quest’epoca di nani, trovandoli sempre “bellissimi”, girano l’Italia e l’estero per “consumare” mostre d’arte (anch’esse sempre “bellissime”, originalissime, perché “timbrate” dalla loro presenza onnivora e superficiale), fanno viaggi “esotici” e ne ritornano con orripilanti filmini con cui torturano gli “amici non colti” che non viaggiano, si recano sempre in spiagge esotiche dove, purtroppo, solo rarissimamente sono organizzati attentati “islamici” e si sollevano Tsunami (che risparmiano sempre i peggiori, quelli veramente “di sinistra”).

Chi scrive critica da tempo l’idea di tempi preistorici secondo cui esisterebbe la Classe Universale, quella del “levarsi del Sol dell’avvenire”. Tuttavia, sia chiaro che stimo pienamente sia i veri e propri operai sia, in generale, i lavoratori salariati dei settori produttivi e dei servizi effettivamente utili; si tratta di persone estremamente serie, la reale parte sana che ancora manda avanti questa povera Italia. Se rientrasse nella mia possibilità, mi si perdoni questo insano desiderio, sterminerei invece – magari con qualche gas esilarante, così questi buffoni morirebbero nel modo più adatto alla loro assoluta superfluità – una buona parte dei lettori di Repubblica (e del Corriere pure), in specie la quota diessina e margheritina, la più ghiotta da “servire” secondo queste “dolci” modalità. In fondo, non è che un innocuo sogno, ma fa sentire un certo calorino in tutto il corpo. Solidarietà convinta dunque ai redattori di cui abbiamo parlato, ma perché non imparano anch’essi a coltivare questi sogni innocui? Una Repubblica di “sognatori”, il che non nuoce alla energica richiesta di “non sognati” aumenti salariali.