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Afghanistan. Un paese distrutto

di Cecilia Strada - 21/02/2007

Un bilancio della situazione in Afghanistan, tra guerra, oppio e diritti negati
combattenti talebaniLa guerra. Nel 2006 il conflitto in Afghanistan ha ucciso più di 6mila persone. Dall'inizio del 2007, invece, si sono già contati più di 500 morti. Considerando che nei mesi invernali le attività militari sono ridotte a causa della neve che blocca gran parte del paese, e che nei primi due mesi del 2006 si erano contate poco più di 200 vittime, quest'anno sembra annunciarsi particolarmente sanguinoso. Negli ultimi mesi l'epicentro della guerra è a sud, in particolare nelle province di Kandahar e Uruzgan, e in quella di Helmand, dove i talebani hanno conquistato due distretti in quindici giorni. Ma il conflitto è ormai esteso anche alle province orientali, a ridosso del confine pachistano, e si sta allargando a ovest, nella zona sotto il comando militare italiano. Continuano gli attentati suicidi contro le truppe della coalizione, che coinvolgono anche la popolazione civile, e i talebani hanno annunciato di essere pronti a sferrare l'offensiva di primavera con almeno 10mila combattenti. Continuano anche i bombardamenti dell'aviazione Nato nel sud. Ogni raid aereo provoca decine di morti: tutti talebani, secondo il comando della Nato, quasi sempre civili secondo gli abitanti delle zone colpite. I civili muoiono anche colpiti dalle pallottole delle truppe straniere e dell'esercito afgano, che aprono il fuoco contro chiunque si avvicini troppo ai loro convogli: a ogni episodio, le scuse ufficiali della Nato non bastano a placare la rabbia della popolazione, sempre più insofferente rispetto alla presenza straniera.

il presidente Hamid Karzai (sinistra) con George W. BushDemocrazia e governo centrale. L'Afghanistan sulla carta è una democrazia parlamentare, ma di fatto continua ad essere amministrato a livello locale da forme di governo tribali. Fuori dalla capitale il potere del governo centrale cede il passo a quello dei leader religiosi (mullah e maulawi) e alle assemblee degli anziani (shura) che nei singoli villaggi dirimono controversie, amministrano la giustizia, gestiscono le risorse. Il presidente Hamid Karzai, ironicamente ribattezzato dagli afgani “il sindaco di Kabul”, è considerato dalla maggior parte della popolazione una marionetta nelle mani delle potenze straniere. Nel parlamento afgano siedono perlopiù signori della guerra, che grazie alle elezioni del 2005 hanno potuto confermare a livello istituzionale il potere che già detenevano grazie al loro peso militare. I pochi deputati non compromessi si lamentano di avere le mani legate dalla maggioranza, che impedisce vere riforme in senso democratico per mantenere intatto il proprio potere. Il 20 febbraio 2007, tra le proteste di questa minoranza, la camera alta del Parlamento ha approvato una legge, già passata alla camera bassa, che “in nome della riconciliazione nazionale” garantisce l'amnistia a tutti coloro che hanno preso parte al conflitto che ha insanguinato il paese negli ultimi 25 anni: i criminali di guerra possono tirare un sospiro di sollievo, certi che non potranno più essere perseguiti.

un ragazzo afgano ara un campoEconomia. Con un Pil procapite di 800 dollari (poco più di 600 euro) l'anno, l'Afghanistan continua a essere uno dei paesi più poveri al mondo. L'80 percento degli afgani è occupato nell'agricoltura, di questi il 12 percento ha come unica fonte di sussistenza la coltivazione di papavero da oppio. La metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La precaria situazione economica è uno dei fattori decisivi nel reclutamento di combattenti da parte della guerriglia contro le truppe straniere: una recente ricerca nelle province meridionali di Helmand e Kandahar ha rivelato che, mentre lo stipendio di un afgano impiegato nell'esercito o nella polizia arriva a circa 30 euro al mese, chi combatte per i talebani viene pagato con somme che vanno dai 150 ai 450 euro al mese.

donne afgane indossano il burqaI diritti umani. Per la maggior parte degli afgani, i diritti umani esistono solo sulla carta. La condizione delle donne non ha subito quei drastici miglioramenti che la comunità internazionale si aspettava, e nella gran parte del paese la situazione è cambiata ben poco rispetto all'epoca talebana. Fawzia Koofi, vicepresidente della camera bassa del parlamento afgano, ha recentemente sottolineato che “secondo i dati Unifem, il 65 percento delle 50mila vedove di Kabul pensa al suicidio come unica via di uscita. La maggioranza delle donne afgane è vittima di violenza e vive in media circa vent'anni in meno rispetto alle donne negli altri paesi del mondo”. I matrimoni forzati sono all'ordine del giorno, così come la violenza domestica. Al di fuori delle grandi città, alle donne è raramente concesso lavorare fuori casa. Il diritto all'istruzione continua ad essere ampiamente negato alle bambine, specialmente nel sud del paese. Il diritto alla salute soffre della mancanza di infrastrutture sanitarie qualificate nella maggior parte del paese e, ad eccezione di qualche ospedale gestito dalle organizzazioni non governative, le strutture sanitarie esistenti sono a pagamento.

La lotta alla droga. Il programma anti-narcotraffico si è finora dimostrato un fallimento, costato diverse decine di milioni di dollari. Nel 2006, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, la produzione di oppio è aumentata del 59 percento rispetto all'anno precedente, e l'Afghanistan ormai detiene il monopolio pressoché totale della produzione di eroina nel mondo. Le campagne di eradicazione delle colture, intraprese del governo afgano nelle province meridionali, stanno scatenando gli scontri fra l'esercito afgano e i contadini che cercano di difendere i loro campi.