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Mogadiscio nella morsa della violenza

di Matteo Fagotto - 21/02/2007

Nuovi scontri nella capitale somala, i più sanguinosi da inizio anno
E’ stata un’altra nottata campale, quella appena trascorsa a Mogadiscio. Un attacco in serie contro il palazzo presidenziale, il porto e alcune caserme militari condotto da forze presumibilmente vicine alle ex-Corti islamiche ha scatenato la reazione dei soldati somalo-etiopi: un bombardamento, condotto dall'esercito, contro alcuni quartieri dove si supponeva fossero i ribelli ha fatto almeno 12 morti e 40 feriti, tutti civili. A un mese e mezzo dalla cacciata delle Corti dalla città, Mogadiscio continua ad essere terra di nessuno, alla mercè di bande armate che se ne contendono il controllo.
 
Un ragazzo ferito negli scontri di stanotteScontri. I combattimenti della scorsa notte sono stati i peggiori dalla fine del conflitto con le Corti, cacciate a inizio gennaio dalla coalizione di forze somalo-etiopi che sostiene il governo. Gli scontri ormai quotidiani per le strade della città provocano in media la morte di 5 persone al giorno. “I civili hanno cominciato a fuggire dalla città – riferisce a PeaceReporter da Nairobi Eric Laroche, responsabile dello United Nations Development Programme per la Somalia – anche se purtroppo non sappiano che direzione prenda questa gente. Si parla comunque di migliaia di sfollati. La maggior parte torna in città pochi giorni dopo, quando la situazione si calma, ma il problema è che in un contesto del genere è impossibile organizzare qualsiasi forma di assistenza umanitaria. Ong e organizzazioni umanitarie non possono operare nei pressi della capitale, e anche noi manteniamo a Mogadiscio solo il personale strettamente necessario. Stamani, a causa degli scontri, sono stato costretto a cancellare il mio volo per la Somalia”.
 
Peacekeepers. La mancanza di un’autorità che riesca ad ottenere il controllo dell’intero centro abitato si fa sentire sempre di più: un coacervo di ex-elementi delle Corti, ex-miliziani vicini ai signori della guerra che fino all’anno scorso controllavano la città e criminali comuni si contende il centro abitato, tanto che il governo è stato costretto a creare una task force antiterrorismo, ufficialmente nata lo scorso lunedì ma che comincerà ad operare sul terreno tra qualche giorno. Nonostante molti dubitino dell’efficacia di questa sorta di gruppo paramilitare il governo ostenta fiducia, e assicura che in poco tempo la situazione si stabilizzerà. A breve dovrebbero giungere nel Paese anche i primi peacekeepers dell’Unione Africana, che ha dato il via libera a una missione di 8 mila uomini che avranno il compito di stabilizzare il Paese, permettendo così ai contingenti etiopi di ritirarsi. Un processo non facile, anche perché il numero dei “berretti verdi” dell’Ua sembra largamente insufficiente anche solo per mantenere il controllo della capitale.
 
Soldati somali in pattugliamentoTestimonianze. “La scorsa notte è stata una delle peggiori mai vissute – conferma a PeaceReporter il giornalista Sahal Abdulle, di ritorno da una visita al Medina Hospital – siamo stati svegliati dai rumori di mortaio dei soldati, che hanno deciso di colpire indiscriminatamente interi quartieri, visto che non riuscivano a capire da dove provenissero gli assalitori. Ho intervistato un ragazzo di 22 anni, ferito, che dalle tre alle otto di stamani ha continuato a sanguinare in casa senza alcuna assistenza, perché non ci sono ambulanze e molta gente non ha neanche i soldi per pagarsi un taxi. Non so come i soldati possano pensare di comportarsi così. Si creeranno solo nuovi nemici, visti gli atti criminali che hanno compiuto stanotte”.
Il numero dei feriti negli scontri è stato così elevato da costringere i due ospedali di Mogadiscio a respingere parte delle persone. Uno scenario che potrebbe ripetersi presto, se scontri come quelli di stanotte dovessero nuovamente colpire la città. “Capisco che il rischio per le organizzazioni umanitarie sia alto – conclude Abdulle – ma almeno la comunità internazionale potrebbe spedire aiuti e medicine, che stanno finendo”. Nell’indifferenza generale, Mogadiscio si prepara a un’altra notte di passione.