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Pronto l'attacco all'Iran. La Bbc svela i piani Usa

di Franco Pantarelli - 22/02/2007

 


Innanzitutto ad essere attaccato sarà lo stabilimento di Nantaz, dove l'uranio viene arricchito. Ma siccome ci sono «possibilità di reazione» da parte degli iraniani bisognerà colpire anche le basi militari di Isfahan, Arak e Bushehr. Siccome però non si tagliano le gambe lasciando la testa intatta, anche i centri di comando dovranno essere bombardati. Sono una specie di parabola dell'escalation i piani che il Pentagono ha messo a punto nel caso in cui il comandate in capo americano, George Bush, decida che l'Iran è andato oltre la soglia e merita una punizione.
Le armi che si prevede di usare sono «convenzionali», nel senso che non ammazzano centinaia di migliaia di persone ma solo decine, però nel caso dello stabilimento di Nantaz, le cui attrezzature da quanto se ne sa si trovano a 25 metri di profondità e sono protette da uno spesso «soffitto» di cemento armato, quelle che occorreranno sono le bombe cosiddette «semi-nucleari», le uniche considerate capaci a penetrarlo. E poiché quelle bombe sono pesanti da trasportare, ecco che finalmente si potrà usare il costosissimo B2, il bombardiere «invisibile» che quando fu sperimentato per la prima volta, negli anni Novanta suscitò scandalo perché non riuscì a sollevarsi da terra e per qualche tempo fu chiamato «il taxi invisibile».

I piani, rivelati ieri dalla Bbc (ma tutti pensano che le siano stati passati a bella posta per «premere» sulle ultime schermaglie in vista della scadenza di oggi dell'ultimatum del Consiglio di sicurezza dell'Onu all'Iran), sono ufficialmente ipotetici e nel loro stesso «corpo» sono contenute le condizioni perché possano diventare effettivi. Ma su questo piano c'è una novità che rende la cosa più allarmante: che prima la condizione era una, adesso sono due. Alla conferma inequivocabile che l'Iran stia effettivamente sviluppando le armi nucleari (la prima condizione) è stata infatti aggiunta quella «alternativa» che le truppe americane in Iraq subiscano un attacco dalle «alte perdite» portato con armi di accertata provenienza iraniana. E questo, ovviamente, riporta alla pantomima di alcuni giorni fa, quando due alti ufficiali americani tennero una conferenza stampa a Baghdad per mostrare le armi iraniane catturate e affermare senza mezzi termini che «gli alti livelli del governo iraniano» erano dietro a quella loro presenza in Iraq, subito seguita da una smentita formale del generale Peter Pace, capo degli stati maggiori riuniti, che corresse i suoi anonimi sottoposti dicendo che «non ci sono prove che il governo di Tehran sia chiaramente a conoscenza o complice». Il commento iraniano a quell'imbarazzante «sì, no, non so» americano fu che Washington stava cercando scuse al fatto che la «nuova strategia» di George Bush in Iraq - quelle dei 21.500 soldati in più - non funzionava.
Ma ora, collegando quell'uscita con la divulgazione dei «piani di attacco», l'allarme si fa più serio e la stessa Bbc ha citato tutti gli esperti di Medio Oriente che è riuscita a trovare per raccogliere opinioni sulle «catastrofiche conseguenze» per l'intera regione che avrebbe un attacco americano all'Iran. Ieri Tehran si è data da fare su due direzioni: una proposta-provocazione-ma-non-troppo del suo presidente Mahmud Ahmadinejad - «Interrompiamo l'arricchimento dell'uranio ma interrompiamolo tutti, non solo l'Iran. Se vogliono dialogare il modo di farlo è questo, non quello di privarci del nostro diritto a dotarci di energia nucleare» - e una attraverso un incontro fra Ali Larijiani, il suo negoziatore, con Mohammed el Baradei, il direttore dell'Aiea, l'agenzia dell'Onu per l'energia atomica.

Oggi el Baradei deve presentare il suo rapporto per dire in termini tecnici se l'Iran ha accolto o no l'ingiunzione del Consiglio di sicurezza di interrompere il lavoro di arricchimento dell'uranio. Se lui affermerà che no, quell'interruzione non c'è stata, dovrebbero scattare ulteriori sanzioni economiche. Ieri, quando è stato chiesto a Tony Snow, il portavoce ufficiale della Casa bianca, cosa pensasse il suo capo delle parole di Ahamadinejad sull'interruzione «collettiva» dell'arricchimento dell'uranio, lui non ha voluto neanche prenderla in considerazione.
«Vi sembra una proposta seria?», ha detto. Poi, incalzato, ha aggiunto: «I problemi sorgono sull'idea di un Iran capace di sviluppare un armamento nucleare». Un confine fra le due cose si potrebbe trovare discutendo, ma quella di discutere al momento non è una pratica molto in uso alla Casa bianca. 

Sempre a correggere questi del Manifesto....

Il B2 che, secondo loro, "finalmente verrebbe usato" è già in realtà ampiamente usato dagli USA nelle missioni di bombardamento. Parte tranquillamente dalle basi in America e si dirige senza scalo verso l'obiettivo. Decolla benissimo, vola alto e invisibile, porta il suo bel carico di bombe e poi se ne torna bonariamente alla sua base in patria.

Se mai si arriverà a far guerra all'Iran ci saranno due conseguenze: l'Iran verrà riportato all'età pre-industriale e se reagirà verrà raso al suolo (Russia e Cina non rischieranno certo un coinvolgimento diretto, il massimo che potrà fare la Russia sarà fornire un certo grado di assistenza); verrà destabilizzato il mercato dell'energia il che potrebbe seriamente portare ad una gravissima crisi economica globale che, questa si, potrebbe portare ad un allargamento dei conflitti per la sete di oro nero.
Se mai dovesse affondare anche una portaerei americana si tratterà molto probabilmente di una provocazione volta a passare alle maniere forti.

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