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L'Europa di Wolfgang Sachs

di Marco Frattodi - 23/02/2007


Wolfgang Sachs
Lo studioso racconta il futuro equo del Vecchio continente, alla vigilia della presentazione del suo nuovo libro. L'intervista integrale si trova su La Nuova Ecologia di marzo

Adesso o mai più. Il rapporto dell’Onu sul clima, presentato il mese scorso a Parigi, ha rivelato alla comunità internazionale la scomoda verità della bomba climatica: la Terra, come spiegano i 2.500 scienziati che hanno realizzato lo studio, è vicina al punto di non ritorno. E tutti i governi, Ue compresa, si trovano di fronte ad un bivio che non si esagera a definire epocale: quello fra la catastrofe climatica e una politica energetica fortemente orientata verso le rinnovabili. Come andrà a finire? Ne abbiamo parlato con Wolfgang Sachs: fra i più importanti esponenti del movimento ecologista internazionale e autore (insieme a Tilman Santarius) del recentissimo Per un futuro equo, che ruota proprio intorno alla gestione globale delle risorse energetiche.

Professor Sachs, il ciclone Kyrill ha mostrato all’Europa, un po’ come ha fatto Katrina negli Stati Uniti, le conseguenze degli sconvolgimenti climatici. Basterà per convincere la Commissione a puntare sul progetto di un’economia a impatto zero?
Difficile dirlo. Tutti ormai si sono resi conto che la sfida per il clima è fondamentale ma intanto assistiamo a un conflitto molto forte fra chi vorrebbe decentrare la produzione e le compagnie che rischiano di perdere il proprio monopolio, fra piccoli capitali e grandi lobby energetiche. Una cosa è certa: Kyoto è un obiettivo che l’Europa non può fallire, per Bruxelles sarebbe una sconfitta troppo forte sul piano internazionale. L’Ue sente la pressione di questo impegno e forse proprio per questo dovrà compiere, finalmente, il salto di qualità che tutti aspettiamo.

Quale sarebbe?
Quello del risparmio energetico e della generazione distribuita. Si possono trasformare tetti e facciate di case, scuole e uffici, persino di treni e automobili, in altrettanti luoghi che immettono nella rete ciascuno un piccolo contributo al fabbisogno generale. Ma questa idea certamente non piace ai grandi produttori che faranno di tutto per impedirlo. È un conflitto che ci porteremo avanti per diverso tempo e che vale anche per l’industrializzazione delle biomasse che rischia di incrementare l’importazione di biocarburanti con conseguenze ambientali disastrose.

Peraltro, come scrive il filosofo Ulrich Beck, guidare la comunità internazionale nella battaglia contro gli sconvolgimenti climatici aiuterebbe l’Europa a risolvere il problema della propria identità. Che cosa pensa di questa idea?
In linea di massima è un’affermazione che condivido. La metterei però in un quadro più ampio: le energie rinnovabili acquistano senso nella prospettiva di un’Europa delle risorse leggere, che porta avanti uno sviluppo compatibile con la biosfera. In questo quadro credo anche io che l’Ue abbia una missione cosmopolita: creare un’economia che permetta anche agli altri paesi di acquistare un certo livello di benessere.