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Indagine sul «giallo» dell’autismo

di Cristiana Pulcinelli - 23/02/2007


INTERVISTA con Cammie McGovern, autrice del mistery Contatto visivo. «Non c’è solo l’autismo e ho cercato di far capire che le forme di isolamento sono molte»

Adam ha nove anni. In un normale giorno di scuola, durante l’ora di ricreazione, sparisce insieme ad Amelia, una sua compagna. Dopo alcune ore viene ritrovato nel bosco che confina con il giardino della scuola, accanto a lui il cadavere di Amelia, uccisa con una coltellata. Il bambino è stato testimone dell’assassinio, ma difficilmente potrà aiutare la polizia: Adam è affetto da autismo e, dopo lo shock, i suoi già rarefatti rapporti con il mondo si chiudono del tutto.
Contatto visivo (Garzanti, pp 314, euro 16,50) è un giallo avvincente, ma è anche un viaggio attraverso un mondo per lo più sconosciuto, quello dell’autismo. L’autrice, Cammie McGovern, è una signora americana dallo sguardo intelligente. Finora aveva scritto racconti pubblicati su riviste e un romanzo inedito in Italia ma che negli Stati Uniti aveva avuto un certo successo. In questo libro, però, per la prima volta è entrato anche un pezzo della sua vita privata: uno dei suoi tre figli è affetto da autismo.
Perché ha scelto il genere «giallo» per raccontare l’autismo?
«Il primo motivo è che i racconti del mistero mi piacciono. Il secondo motivo è che quando hai un bambino affetto da autismo, ti trovi quotidianamente di fronte a un mistero: lui stesso è un mistero che non arrivi a capire».
In realtà, nel libro non c’è solo l’autismo. Tutti i bambini che hanno un ruolo importante sono bambini problematici. Come mai?
«Ho cercato di far capire che le forme di isolamento possono essere molte. Non c’è solo l’autismo, ma molte altre condizioni con cui sono alle prese tante persone».
Esistono delle caratteristiche del comportamento comuni a tutti i bambini affetti da autismo?
«L’autismo non è una malattia sempre uguale a se stessa. È piuttosto un ombrello sotto cui si possono raggruppare forme di disagio diverse. Tuttavia, ci sono aspetti comuni a tutti i bambini autistici. Uno di questi aspetti è l’alterazione dell’esperienza sensoriale: questi bambini possono essere molto sensibili alla luce o ai suoni e reagire in modo eccessivo a questi stimoli. Un altro aspetto è l’alterazione dell’abilità linguistica. Il linguaggio è sempre compromesso, ma non lo è sempre nello stesso modo. Alcuni bambini, ad esempio, parlano moltissimo di fatti che stanno nella loro testa, altri non parlano affatto. Quello che è importante capire però è che questi bambini non sono chiusi in se stessi o disinteressati al mondo, ma piuttosto hanno un’esperienza del mondo diversa dalla nostra».
Esiste una componente genetica della malattia?
«Sicuramente sì, come dimostra il fatto che è più probabile avere un figlio autistico se ne hai già uno affetto da questo disordine. Quale sia questa componente genetica però ancora non si sa. Quello che oggi si pensa è che ci sia una vulnerabilità genetica a certi fattori ambientali scatenanti. I bambini autistici sarebbero particolarmente vulnerabili a tossine presenti nell’ambiente. A volte così vulnerabili che, si dice, il bambino è allergico al mondo. In effetti, molti di questi bambini hanno problemi gastrointestinali cronici. Mio figlio è uno di loro: ricordo che per anni curare il suo danno cerebrale era passato in secondo piano rispetto al problema di fargli assorbire ciò che mangiava».
Nel suo libro ci sono due temi fondamentali: l’incomunicabilità (che non affligge solo il bambino autistico ma anche gli adulti sani), e il bullismo (che nella scuola viene tollerato con gravi danni). Pensa siano collegati?
«Io credo di sì. Negli Stati Uniti, dove il fenomeno del bullismo è diventato un problema importante, sono anche nati dei programmi di comunicazione sociale: si cerca di insegnare ai bambini a esprimere i propri sentimenti verbalmente piuttosto che con la violenza».
Lei ha creato un’associazione no profit che si occupa di bambini disabili. Che cosa fate?
«L’associazione si chiama Whole Children (bambini interi) ed è nata 3 anni e mezzo fa dall’impegno di 5 mamme di bambini disabili. Oggi ci sono più di 300 bambini che vengono da noi. Sono affetti da autismo, ma anche ciechi, sordi, paralitici. Offriamo programmi ricreativi per il pomeriggio e per i fine settimana. Facciamo ginnastica, yoga, corsi di espressione artistica e musicale, falegnameria».
Quanti sono i bambini affetti da autismo?
«Vent’anni fa la probabilità che a un bambino venisse diagnosticato l’autismo era di 1 su 5000. Oggi di 1 su 166. Il fenomeno è cresciuto in modo impressionante».
Cosa vorrebbe che trovasse nel suo libro la mamma di un bambino autistico?
«La storia del libro è anche una storia di speranza. Solo una piccola parte dei bambini autistici guarirà grazie alla terapia. Tuttavia, molti potranno fare progressi notevoli perché le loro possibilità sono straordinarie. Dobbiamo imparare a celebrare le piccole vittorie. Questo vorrei comunicare a una mamma che si trovi nelle mie condizioni».