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La Fiat festeggia... col denaro pubblico

di Andrea Angelini - 24/02/2007

 
La Fiat nel 2006 è tornata in utile e distribuirà un dividendo dopo ben cinque anni. La conferma è arrivata ieri, guarda caso il giorno dopo l'accordo con il Governo sulla “mobilità lunga” che vedrà il licenziamento di fatto di 2 mila dipendenti. Ad osservare come si comporta la Borsa nel trattare i titoli Fiat si fanno delle scoperte interessanti. La notizia dell’accordo è stata salutata infatti con un rialzo delle quotazioni (gli investitori sono più fiduciosi di guadagnare quando un’azienda taglia la forza lavoro) mentre si è andati al ribasso quando è stata comunicata l’entità del dividendo (evidentemente ritenuto inadeguato) che verrà assegnato alle azioni di risparmio, alle privilegiate e alle ordinarie, quelle con diritto di voto che sono tornate ad essere richieste da quando è cambiato il vento al Lingotto con una media giornaliera di 28 milioni di titoli trattati in gennaio pari al 2,7% del capitale. Da inizio anno l'azione ordinaria è salita di quasi il 30%. Così all’assemblea dei soci convocata per il 5 aprile, il Consiglio d'amministrazione proporrà la distribuzione di un dividendo complessivo di 275,6 milioni di euro, pari ad un dividendo unitario di 0,93 euro per le azioni di risparmio (0,31 per l'esercizio 2006 e 0,62 euro per gli esercizi 2004 e 2005), di 0,31 euro per le azioni privilegiate e di 0,155 euro per le azioni ordinarie. Nello specifico, il gruppo Fiat ha chiuso il 2006 con un utile netto consolidato di 1.151 milioni di euro, effetto di ricavi per 51.832 milioni di euro rispetto ai 46.544 milioni del 2005. A trainare il rilancio del gruppo sono state in particolare auto come la Panda nel segmento delle piccole, la nuova Punto in quello delle utilitarie. A queste due nel 2007 si dovranno aggiungere le vendite della nuova Bravo nel segmento C, quello delle vetture medie che coprono il 20% delle vendite e che da venti anni registra il predominio della Volkswagen con la Golf disegnata da Giugiaro, e le vendite della nuova 500 che dovrebbe affiancare la Panda nel segmento A pur non insidiandone la supremazia che vi è stata raggiunta.

La notizia dell’accordo per la mobilità lunga, una cassa integrazione prolungata fino al momento della pensione, non è stata presa bene da diversi esponenti del mondo politico che pur favorevoli al Mercato non possono sopportare che la Fiat continui ad essere governativa e a ricevere aiuti di Stato da tutti i governi in carica, a prescindere dal loro colore, anche quando non ne avrebbe bisogno come adesso che è tornata in utile e distribuisce dividendi ai suoi azionisti. La notizia non è stata nemmeno compensata dalla notizia che la Fiat assumerà 1.000 dipendenti giovani che potranno essere qualificati o riqualificati ed immessi nel processo produttivo grazie all’età. Cosa che al contrario non si poteva fare per i 2.000 licenziati o mobilitati che dir si voglia. La levata di scudi è arrivata curiosamente da Benedetto Della Vedova, Presidente dei Riformatori Liberali e deputato di Forza Italia. A suo avviso: “I costi delle ristrutturazioni non devono e non possono essere scaricati sulla collettività, tanto meno, come invece fa l'esecutivo, ricorrendo al prepensionamento. Le misure di sostegno concesse dal governo alla Fiat sono paradossali e insensate. Oggi la Fiat è un'azienda tornata in utile, cosa della quale siamo tutti felici: allora a maggior ragione non si comprende la scelta assistenzialista compiuta dal Governo Prodi, che contrasta con quella liberale del governo Berlusconi che ha spinto l'azienda torinese sulla via di un risanamento virtuoso. Senza contare – ha precisato - che stando ai dati di copertura inseriti nella Finanziaria 2007, il costo per lo Stato dell'accordo Fiat dovrebbe ammontare a circa un terzo della somma stanziata, pari a 140 milioni di euro. Con 46 milioni di euro all'anno si premierebbe il cambio di marcia del Lingotto, senza badare al fatto che oggi quella cifra corrisponde a meno del 2% dell'ultimo utile di esercizio di Fiat Auto, che e' a sua volta superiore al doppio di quello del 2005”.

Dello stesso avviso Antonio Borghesi, deputato dell'Italia dei Valori, membro della commissione Finanze alla Camera: “La sensazione è che la Fiat rimanga a galla in qualunque situazione grazie al sostegno dei contribuenti, mentre le piccole e medie imprese vanno inesorabilmente verso il fallimento quando intravedono la crisi.
E' vero che non si può pensare allo sviluppo economico senza il contributo della Fiat ma sarebbe necessario, però, rivolgere lo sguardo anche a quelle piccole e medie imprese per le quali il salvataggio, in caso di crisi, non è quasi mai assicurato. Non è corretto – ha concluso polemicamente - che tali realtà minori siano sempre costrette, nei momenti di difficoltà, a contare sui propri mezzi, andando inevitabilmente verso il fallimento, mentre la Fiat ha sempre il salvataggio assicurato a carico della collettività”.