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Gli Emirati Arabi Uniti scommettono su fonti d’energia pulita e rinnovabile

di red - 24/02/2007

Verso il sole
“Noi non volgiamo e non possiamo essere al 100 percento dipendenti dal petrolio. Abbiamo un programma di sviluppo economico destinato a un nuovo settore: quello delle fonti di energia rinnovabili ed ecologicamente sostenibili”.
 
pannelli solari in iraqUn bagno di sole. A parlare è Sultan al-Jaber, responsabile esecutivo dell’Abu Dhabi Future Energy Company, ente statale degli Emirati Arabi Uniti che ha lanciato nei giorni scorsi un rivoluzionario piano di sviluppo per produrre energia pulita nel ricco Paese del Golfo Persico. Il progetto, che dovrebbe essere completato nel 2009 e che costerà alle casse dello Stato poco più di 350 milioni di dollari, prevede la costruzione e la posa di una moltitudine di pannelli solari che formeranno una centrale capace di generare 500 megawatt di energia pulita. E l’iniziativa diventa ancora più significativa proprio perché proviene da uno di quegli stati che ha costruito la propria fortuna sull’oro nero. Secondo al-Jaber, in un’intervista rilasciata al al-Jazeera, saranno circa 10mila le abitazioni che usufruiranno dell’energia solare. Inoltre, la centrale dovrebbe essere il fulcro di un futuro polo dell’energia pulita e rinnovabile.
 
un militare di guardia a un pozzo petroliferoCambio di rotta. L’iniziativa parte da Abu Dhabi, l’emirato più ricco di petrolio dei 7 che compongono la federazione degli Emirati Arabi Uniti, in quanto possiede il 90 percento delle risorse petrolifere dell’intero Paese. Questo elemento è importante per cogliere il senso di una politica più vasta che oltrepassa la mera istallazione dei pannelli solari. Il petrolio, che per anni ha rappresentato l’alimento stesso del mercato economico mondiale, non è eterno e in tanti si stanno muovendo per attrezzarsi con nuove fonti di energia, rinnovabili e pulite. Mentre in Iraq e altrove si muore a causa di quella lotta planetaria per il controllo e lo sfruttamento delle risorse energetiche, dagli Emirati arriva un segnale in controtendenza, che fa sperare in un mutamento di rotta radicale nelle scelte di politica economica delle grandi monarchie del petrolio nel Golfo Persico.