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Intervista all'ex ministro Hizbollah Trad Hamade

di Dagoberto Bellucci - 24/02/2007

 


Cerchiamo di fare il punto della situazione dopo il successo dello sciopero generale del 23 gennaio scorso e gli incidenti provocati quarantott’ore più tardi dai miliziani di Mustaqbal all’Università Araba a Beirut. Quale è attualmente la vostra opinione, e quella di Hizbollah, sul futuro del Libano?

“La manifestazione del 23 gennaio scorso e i fatti seguenti all’Università Araba sono, a mio avviso, segnali molto negativi che indicano chiaramente che il Libano rischia di precipitare in un vortice di odio e violenza molto pericoloso. Sia chiaro che lo sciopero generale era pienamente legittimo e l’Opposizione aveva tutto il diritto di scendere nelle piazze e bloccare il Paese. Ma c’è una brutta atmosfera: c’è un chiaro tentativo di voler mettere i libanesi gli uni contro gli altri soprattutto tra i musulmani. Ci sono forze che sono alla ricerca di qualsiasi pretesto per opporre i sunniti agli sciiti. Questa è una minaccia alla nostra stabilità politica e un rischio troppo alto che non dobbiamo correre. È una minaccia alla stessa stabilità di tutto il mondo arabo se pensiamo che anche nei Paesi vicini vivono comunità sciite, in Siria, Giordania e Turchia dove troviamo qualche milione di sciiti. Tutto il mondo islamico è attualmente sotto la pressione e le minacce dell’America: c’è il rischio altissimo di una escalation di violenza in tutta la regione mediorientale, di nuovi complotti per dividere e opporre i musulmani e più in generale il mondo arabo ponendo, per esempio, curdi contro arabi, come è successo in Iraq o utilizzando comunità confessionali o etniche come drusi e maroniti contro i musulmani dividendo questi ultimi tra sunniti pro-Usa e sciitipro-Iran.
Noi siamo interessati a calmare questa tensione che rischia di incendiare l’area. Siamo in una fase estremamente delicata e penso che dovremmo tornare ad un tavolo negoziale e al dialogo tra tutte le fazioni politiche libanesi per trovare una via d’uscita a questa crisi. Voglio dirvi anche che le due crisi - quella palestinese e quella libanese - a mio avviso sono sostanzialmente collegate. È per questo motivo che sono abbastanza ottimista: sono riusciti a trovare una soluzione per formare un governo di unità nazionale in Palestina grazie alla mediazione saudita e mi auguro che ciò possa positivamente avere ripercussioni anche sulla scena politica libanese. La nascita di un esecutivo di unità nazionale palestinese con la presenza di Hamas e Fatah è una buona notizia che speriamo possa aprire una nuova fase anche nei rapporti ancora tesi tra maggioranza e opposizione in Libano”.

A proposito dei tentativi di trovare una soluzione alla crisi libanese abbiamo avuto recentemente la visita a Ryad del responsabile della sicurezza nazionale iraniana, Ali Larijani. Pensa che le diplomazie iraniana e saudita riusciranno a calmare le agitate acque libanesi? Che ruolo giocheranno secondo voi ed Hizbollah, sauditi e iraniani in questo momento in Libano?

“Io credo che le due diplomazie, quella di Teheran e quella di Ryad, potranno giocare un ruolo estremamente positivo in Libano e non solo nel nostro Paese. È un tentativo d’intesa e cooperazione interessante, quello che Iran e Arabia Saudita stanno cercando di attuare, per tutto il Vicino Oriente. La cooperazione tra questi due Paesi, il principale Stato arabo e il principale Stato islamico del Golfo, è determinante per i futuri assetti geopolitici e geostrategici di tutta l’area e dimostra chiaramente che l’Iran si sta sforzando per arrivare ad una pacificazione regionale fondata sul reciproco riconoscimento dei suoi interessi e di quelli dei vicini Stati arabi. Questa iniziativa congiunta saudita-iraniana da inoltre al Libano un’occasione per difendersi dalle strategie americane che minacciano l’Iran ma anche la Siria, la Palestina e il Libano e tutti i paesi del Golfo.
Per difendere il nostro Paese dalla superpotenza americana che minaccia la nostra indipendenza , la nostra stabilità e sovranità nazionale noi libanesi dobbiamo ritrovare innanzitutto un unità nazionale che è stata seriamente messa a rischio da queste strategie destabilizzanti e successivamente incoraggiare qualsiasi iniziativa arabo-islamica che favorisca il dialogo tra le forze politiche libanesi. La cooperazione irano-saudita è molto interessante per tutto il mondo arabo , per impedire agli Stati Uniti e ai loro alleati di dettare le loro condizioni e imporre i loro diktat. Non dobbiamo permettere all’America di continuare a determinare in modo unilaterale l’avvenire del nostro Paese e dei vicini Stati arabi. Questa iniziativa inoltre è interessante anche per l’Europa perchè, come voi sicuramente sapete, ci sono relazioni profonde e interessi reciproci tra noi arabi e i Paesi europei.
La strategia americana mira a dividere il mondo arabo in paesi ‘estremisti’ e ‘moderati’, vorrebbe dividere i sunniti dagli sciiti, o gli arabi rispetto ai non-arabi. Questa politica egemonica serve solamente agli interessi americani. Serve a Washington per proseguire nel suo progetto di Nuovo o Grande Medio Oriente che mira a controllare i popoli e dominare le nazioni, modificando i loro valori, le loro culture, i loro retaggi storici e tradizionali.
L’America crede di poter controllare il nostro futuro mettendo le sue mani sulle nostre risorse energetiche e attraverso la potenza dei mass media e delle armi di distruzione di massa in suo possesso. Noi diciamo che non è possibile accettare tutto ciò.
L’iniziativa irano-saudita è realmente essenziale soprattutto perché entrambe le due diplomazie sono al lavoro per trovare un soluzione duratura e equa e per dare una risposta al caos prodotto dagli americani nella regione. Entrambi questi Stati hanno una notevole influenza e buone relazioni con l’uno o l’altro fronte della maggioranza e opposizione libanese. Mi auguro che attraverso questo coordinamento si arrivi ad una soluzione”.

Dopo le commemorazioni per il secondo anniversario della scomparsa del presidente Hariri abbiamo visto accuse molto pesanti, provenienti dal ‘fronte del 14 Marzo’ pro-americano, all’indirizzo dell’Opposizione, della presidenza della Repubblica e della Siria. Dopo queste manifestazioni della maggioranza , quale è lo spazio di manovra per l’Opposizione: ci sono secondo voi dei margini per la ripresa di un dialogo?

“Io credo che a tutt’oggi esista ancora questa eventualità. C’è ancora un margine di spazio per trovare un dialogo anche perché, se avete notato, quest’alleanza del ‘14 Marzo’ non è affatto omogenea come si pensa in Europa. La maggioranza si divide tra la Corrente Futura di Saad Hariri e il duo Geagea-Jumblatt e i loro partiti , Forze Libanesi e Partito Social-Progressista.
Esistono in effetti due ‘correnti’ interne a quest’alleanza: una moderata ed una estremista. La corrente delle Forze Libanesi e dei socialprogressisti è rabbiosa e ha dimostrato tutto il suo carico di rabbia in occasione delle ultime manifestazioni del 14 febbraio scorso. La corrente moderata è rappresentata da Hariri. Se avete notato non fanno il medesimo tipo di analisi: hanno due voci in seno al 14 Marzo. Personalmente, come anziano professore di filosofia, mi domando: se non si fanno gli stessi discorsi significa che non si hanno neanche le medesime strategie e programmi e sicuramente neanche una identica visione politica.
Ora, detto questo, bisogna capire se Hariri sarà capace di prendere in mano le redini di quest’alleanza da autentico leader politico e dirigerne la politica su binari più moderati o lascerà fare ai vari Geagea e Jumblatt. Il problema credo stia tutto qua: se Hariri riuscisse a imporsi come vero leader di tutto il fronte del ‘14 Marzo’ la situazione potrebbe modificarsi. Deve dimostrare di essere un vero statista, di prendere le decisioni giuste e di guardare lontano riprendendo il dialogo con l’Opposizione. Se Hariri prenderà coraggio e segnerà un accordo con l’Opposizione per la costituzione di un governo di unità nazionale e per la questione del Tribunale Internazionale avremo stabilità in questo Paese. Se continueranno le pressioni delle forze estremiste allora probabilmente questa crisi rischia realmente di precipitare. È una domanda che andrebbe posta al signor Hariri visto che è lui ad avere la palla in mano. Deve saperla giocare da gran campione: di mezzo ci sono i destini del Libano.
Dunque, per concludere, noi diciamo di esser pronti a riprendere un dialogo per costituire un esecutivo di unità nazionale e accettare il Tribunale Internazionale dopo averne ovviamente discusso e condiviso ogni condizione. Vedete, questo Tribunale Internazionale che deve giudicare i crimini politici commessi in Libano è un iniziativa che potrebbe anche avere qualche lato positivo, soprattutto perché permetterebbe al nostro Paese di raggiungere un accordo di massima definitivo con le Nazioni Unite. La domanda allora è: Hariri, il presidente della Corrente Futura, avrà il coraggio, la possibilità e l’intelligenza di trovare un accordo con l’Opposizione dopo averlo illustrato e fatto accettare da tutti i suoi alleati?
Io penso che Geagea sia assolutamente contrario a qualsiasi accordo basato sul riconoscimento del principio del 10+1, cioè 11 dicasteri all’Opposizione sui 30 previsti in caso di ampliamento del numero dei ministri. È per questa ragione che Hariri ha bisogno di molto coraggio e di imporre quello che sarebbe realmente un compromesso storico per il nostro Paese. Ho dichiarato non più di due settimane or sono, rivolgendomi a Hariri, che deve prendere l’iniziativa politica nel solco di quella politica equidistante e riformatrice di suo padre. Ho invitato Saad Hariri a guardare lontano per ottenere la riconciliazione nazionale e assumersi l’eredità politica di suo padre”.

Che cosa sta succedendo invece nel Libano meridionale? Due settimane fa abbiamo avuto uno scambio di tiri tra l’esercito libanese e quello israeliano che cercava, con buldozer e tank Merkava, di forzare un posto lungo la linea di confine. Queste provocazioni potranno provocare una nuova escalation militare secondo voi? Qual’è l’analisi di Hizbollah circa l’attuale situazione ai confini meridionali?

“La minaccia israeliana esiste a tutt’oggi immutata. Ma che Israele abbia veramente la volontà e soprattutto la capacità militare di arrischiarsi ad una nuova guerra contro il Libano io credo sia abbastanza improbabile.
Al di là di quelle che sono le loro volontà politiche e delle dichiarazioni propagandistiche dei loro ministri, io dubito che l’Esercito Israeliano sia capace, dopo l’aggressione dell’estate scorsa, di uscire dalla crisi nel quale è precipitata la società israeliana. Vedete, in questo momento Israele vive una triplice crisi che è realmente strutturale: è uno Stato che non riesce a vivere senza scatenare conflitti nella regione contro i Paesi vicini. Dopo l’aggressione si sono resi conto di essere entrati in un vicolo cieco. Hanno subito una sconfitta che non avevano calcolato. Israele vive dunque da mesi una triplice crisi che ha colpito la stessa ideologia che sta alla base dello Stato sionista. In discussione è stata messa l’essenza dello Stato d’Israele.
Questa loro crisi è politica, militare e ideologica. Dopo l’apertura dell’inchiesta che ha investito i principali esponenti militari e politici israeliani, chiamati a rispondere della loro irresponsabile e fallimentare condotta bellica, dopo le dimissioni del capo di stato maggiore, il generale Dan Halutz, altre conseguenze potrebbero gravare sull’esecutivo Olmert compreso un ennesimo rimpasto governativo o nuove elezioni. Il premier israeliano è in piena crisi e difficilmente la politica di Tel Aviv uscirà da quest’impasse entro la fine dell’anno. In queste condizioni non penso proprio che vorranno nuovamente aggredire il Libano. Gli israeliani si trovano davanti a un problema essenziale: sono obbligati a riprendere le ostilità per l’affronto subito e perché la scorsa estate la loro aggressione non ha prodotto alcun risultato ma, ed è un loro problema, non ne sono capaci in questo momento.
Ora possiamo dire che Israele non è pronto ad una nuova guerra ma, sotto la pressione americana tutto è possibile purtroppo. Se pensiamo secondo logica e ragionevolmente, facendo il calcolo dei diversi fattori, delle lezioni dell’ultimo conflitto di luglio/agosto e facciamo un bilancio finale delle forze in campo, mi pare ovvio che la sentenza sia chiara: Israele, almeno fino alla fine del 2007, resterà un Paese in crisi politicamente, ideologicamente e militarmente. Hizbollah ha disintegrato il mito della loro invincibilità.
Dunque un Paese che vive una crisi così profonda difficilmente si lancerà in una nuova avventura militare, anche se ne fosse costretto. Riguardo alle pressioni statunitensi è chiaro che l’amministrazione Bush, che è anch’essa in piena crisi un po’ ovunque e viene criticata dallo stesso Congresso americano, cerca di perseguire i propri obiettivi e le sue strategie. Bush e i neoconservatori hanno una filosofia, o meglio interpretano la politica, in un modo che impedisce loro qualsiasi ripensamento: devono andare avanti nel loro progetto di dominio mondiale e non intendono lasciare niente d’intentato a metà dell’opera, anche se questa è risultata un totale fallimento. L’America continuerà dunque a premere su Israele per riaprire le ostilità contro il Libano. È una strategia suicida in queste condizioni ma è la loro visione del mondo”.

Cosa pensate del polverone di critiche piovute all’indirizzo del comandante delle Forze Armate Libanesi per aver risposto al fuoco israeliano? Queste polemiche, provenienti da alcuni settori del ‘14 Marzo’, non sono un indice di irresponsabilità politica da parte dell’attuale maggioranza?

“Personalmente credo che ci siano, in Libano, politici irresponsabili o ingenui. Queste dichiarazioni non meritano neanche delle risposte o commenti. Questi signori parlano senza evidentemente rendersi conto che in ballo c’è l’interesse nazionale. Lascerei cadere la cosa se non ci fossero in ballo la situazione e il futuro di un intera nazione. Qualcuno come Geagea o Jumblatt continua a provocare e utilizzare qualunque polemica per dividere e confondere i libanesi. Lasciamo che parlino.
L’Esercito Libanese è una garanzia di libertà per il nostro Paese. La collaborazione e solidarietà tra le nostre forze armate e la Resistenza è una realtà storica che non potrà mai esser messa in discussione da nessun politico. Esercito e Resistenza meritano tutta la nostra stima e rispetto perché hanno eroicamente affrontato assieme l’aggressione israeliana e contato decine di martiri entrambi. Sono stati entrambi capaci di difendere il nostro Paese e credo che le nostre forze armate nel Libano meridionale si stiano comportando più che egregiamente svolgendo impeccabilmente il loro ruolo di garanti della tregua unitamente ai reparti Unifil.
Noi siamo convinti che il generale Souleiman sia un ufficiale capace e responsabile che ha finora mantenuto un comportamento irreprensibile senza entrare nelle polemiche politiche come richiede la sua autorità e posizione, senza cioè schierarsi con l’una o l’altra fazione. È un ufficiale che merita tutta la nostra stima per il suo senso del dovere e dello Stato, per aver mantenuto una posizione neutra. Qualcuno forse pensava di fare anche il suo nome come possibile candidato per le prossime presidenziali. Ma queste sono voci che fanno parte di quelli che io chiamo i “sapori della cucina libanese”. Lasciamo dunque che le forze armate svolgano il loro ruolo e la politica il suo”.

Vuole indirizzare un saluto ai lettori del nostro quotidiano e agli amici della Resistenza e dell’Opposizione Nazionale in Italia?
“Voglio ringraziarvi per il vostro lavoro. Siamo molto soddisfatti di sapere che in Italia esiste un giornale indipendente e libero che riesce a riportare fedelmente i fatti e gli avvenimenti della realtà libanese. Un quotidiano interessante che vedo segue con molta attenzione quelle che sono l’evoluzione e le vicende politiche e militari del Vicino Oriente. Un quotidiano che potrebbe essere un ottimo strumento per stabilire nuove relazioni amichevoli tra mondo arabo e Italia. Siamo  certi di avere in ‘Rinascita’ un quotidiano amico”