La strage di Bologna e il caso Ciavardini: si può e si deve uscire dalle verità di convenienza
di redazionale/Raffaele Morani/Gabriele Adinolfi - 27/02/2007
Non esiste argomento più scomodo, ma il fenomeno stragista è il perno storico della subalternità al potere atlantico nel nostro paese, che si fa gioco di facili capri espiatori. Il coraggio di uscire dai luoghi comuni aiuterebbe la verità giuridica, l'onestà intellettuale, l'obiettività storica, la coerenza politica di ogni sostanziale richiesta di sovranità ed esercizio democratico del vivere civile.
la redazione della Arianna editrice
Più che un colpevole, un capro espiatorio di comodo per sviare le indagini
La strage di Bologna è una tragedia su cui bisogna fare piena luce. Leggendo gli atti sorgono molti dubbi sulla colpevolezza di Luigi Ciavardini, se ci sono dubbi può esserci una condanna? Come fa un giudizio ad individuare gli esecutori senza indicare i mandanti? Nella speranza che venga fatta veramente piena luce su quella e sulle altre vicende buie della nostra storia, esprimo la mia solidarietà alle vittime innocenti di quella strage, perché secondo me aspettano ancora giustizia ed esprimo la mia Solidarietà personale per Luigi Ciavardini, da cui sono lontanissimo politicamente, ma che più che un esecutore sembra essere sempre di più un capro espiatorio ideale.
Raffaele Morani, segretario Partito di Rifondazione Comunista di Faenza
[rimandiamo al sito http://www.loradellaverita.org/ dell'omonima associazione per ogni approfondimento in merito all'inconsistenza processuale sui capi d'accusa specifici degli imputati, che denunciano la loro completa estraneità alla strage, non sottraendosi peraltro al riconoscimento dei gravi reati commessi all'epoca dei fatti e per cui hanno scontato lunghe pene detentive. E’ inoltre prossimo all’uscita il libro del comitato “Bologna, un caso di coscienza”.]
LIBERTA' L'E' MORTA
Lo sapevamo da tanto tempo. Sapevamo di vivere in un paese ipocrita: buonista ma forcaiolo e spietato, che non rispetta il Diritto e la Libertà. Lo sapevamo da sempre, ma ce lo confermarono carnalmente le vicissitudini di migliaia e migliaia di ragazzi, uomini e donne che incrociarono gli Anni di Piombo. Condanne lorde, appesantite da “aggravanti specifiche” che riconoscevano lo statuto politico solo in negativo, per aumentare di un terzo qualsiasi pena. Ce lo confermarono le peripezie singole di spietati assassini che, sapendosi vendere o vantando qualche santo in paradiso, trascorsero molti meno anni in galera (e molto meglio per condizioni detentive) di tanti altri, rei, spesso, solo di aver pensato a voce alta. Era il lascito di uno Stato che non è uno Stato se non nel solo aspetto funzionale, dunque cinico, lontano dagli uomini che considera numeri o carne da macello. Alcuni s'illusero che quello Stato cambiasse con la fine della guerra fredda e con la persecuzione dei trimalcioni del Consociativismo.Dicevano che la Prima Repubblica, con tutto il suo codazzo di latrocini, pantomime e repressioni selvagge, ce l'eravamo lasciata alle spalle.E invece non c'è voluto molto per sentir puzza d'inferno, odore di “1984” in tutti i settori della vita italiana, dal calcio alla politica. Siamo di nuovo alla dittatura. A una dittatura che assomma in sé il peggio del comunismo e il peggio del capitalismo senza offrire dell'uno le speranze sociali e dell'altro le possibilità imprenditoriali. È questo Leviatano che oggi, 20 febbraio, ha processato e condannato Luigi. Luigi Ciavardini, un ragazzo pulito che combatté quella guerra civile per pochi mesi, a diciassette anni e che continua a pagarne il fio ventisette anni dopo. Lo hanno condannato due volte per la strage di Bologna, alla Corte d'Appello del capoluogo emiliano, solo perché non ha mai voluto ritirare la sua testimonianza in favore di Mambro e Fioravanti. Glielo suggerirono esplicitamente ma non cedette. E non per proteggere qualcuno, ché verso i due egli non ha debiti, ma solo perché non si può non dire la verità. Neanche per confermare condanne di comodo, buone per il gregge ma talmente assurde che ai due imputati neppure le hanno fatte scontare. Se di quella strage essi sono innocenti (e lo sono) non poteva Luigi far finta di niente, nemmeno per calcolo, anzi forse, proprio perché il calcolo gli diceva di fare altrimenti egli, uomo di cuore, scelse con maggior ragione di non piegarsi.. E così lo hanno condannato, senza nemmeno un inidizio contrario, solo per aver testimoniato e scagionato i colpevoli designati. Per ciò soltanto è diventato colpevole anche lui.Il 14 marzo andrà per la seconda volta in Cassazione. Ma stavolta ci andrà da rapinatore incallito, condannato a una dura pena e questo, si sa, non può incidere positivamente sulla Corte. Visti i precedenti (già una volta era stato condannato per una rapina della quale si scoprì poi essere totalmente innocente) alcuni si domandano se non si sia trattato di un'operazione orchestrata a tavolino. Contro di lui un frantumo d'impronta digitale reperita su di una busta che avrebbe contenuto la pistola di un rapinatore. Una busta che oltretutto non corrisponderebbe come colore a quella riconosciuta dalla principale teste. A suo favore un numero impressionante di testimonianze al di sopra di ogni sospetto e persino quella di un rapinato che ha escluso che fosse Luigi il rapinatore del caso. Assurdo? Assurdo! Incomprensibile? Mi auguro tanto di poter rispondere sì, ma non ci riesco.Ovviamente non è detto che a dettare una sentenza così drastica sia stato un calcolo, perché il clima in questi giorni, tra BR e ultrà, si è arroventato e forse proprio quest'atmosfera ha finito col determinare la condanna. Certo che se l'accusa aveva chiesto quattro anni e quattro mesi il GUP ne ha comminati sette più quattro mesi la sorpresa si fa grande, anzi si fa sgomento e le domande più astruse vengono spontanee. E trattano di calcoli di pene e di possibili indulti nell'ottica di farlo presentare alla Cassazione per Bologna da detenuto e non a piede libero. Le domande si fanno angosciate. E le risposte, purtroppo, sono monotone e disperate. Benvenuti nello stalinismo peggiore che si potesse confezionare. Dimenticatevi definitivamente il Diritto e la Libertà. Non sono concetti di oggi, non sono concetti di questa repubblica, non sono concetti che si confanno al genere d'uomini che ci comanda, non sono concetti adatti a quest'era.
Gabriele Adinolfi
www.noreporter.org