Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Iraq: un altro attacco Usa contro i media

Iraq: un altro attacco Usa contro i media

di Dahr Jamail e Ali al-Fadhily - 27/02/2007


Ennesima incursione militare Usa contro i giornalisti iracheni. La settimana scorsa, soldati americani hanno attaccato e saccheggiato gli uffici del Sindacato iracheno dei giornalisti (ISJ) nel centro di Baghdad

Dieci guardie armate sono state arrestate, 10 computer e 15 piccoli generatori elettrici destinati a famiglie di giornalisti uccisi sono stati sequestrati.

Non è il primo attacco delle truppe Usa contro i media in Iraq, ma stavolta il raid ha colpito il vero simbolo dell’informazione. Secondo molti iracheni, i soldati americani hanno fatto tutto il possibile per far passare il messaggio della loro leadership tra i giornalisti iracheni, cercando di fargli tenere la bocca chiusa su tutti gli sbagli dell’occupazione Usa.

”I messaggi degli americani sono stati molti, ma noi li abbiamo rifiutati tutti”, ha detto all’IPS Youssif al-Tamimi, dell’ISJ di Baghdad. “Hanno ucciso nostri colleghi, chiuso diversi giornali, arrestato centinaia di noi, e ora ci stanno sparando al cuore, attaccando i nostri quartier generali. Questa è la libertà di parola che abbiamo ricevuto”.

Alcuni giornalisti iracheni accusano il governo dell’Iraq.

”Quattro anni di occupazione, e gli americani commettono ancora errori così stupidi, seguendo il consiglio dei loro collaboratori iracheni”, ha detto all’IPS Ahmad Hassan, giornalista freelance di Bassora in visita a Baghdad. “Loro (i militari Usa) non hanno ancora imparato che i giornalisti iracheni alzeranno la voce contro queste azioni e manterranno la promessa fatta alla popolazione di cercare la verità e fargliela copcoscere, a qualunque costo”.

In Iraq cresce la convinzione che gli alleati Usa dell’attuale governo iracheno stanno spingendo i militari americani ad attaccare luoghi e persone che non appoggiano le direttive del Primo Ministro Nouri al-Maliki.

”Sono stati i nostri stessi colleghi iracheni a spingere gli americani in quel buco”, ha detto all’IPS Fadhil Abbas, produttore della televisione irachena. “Alcuni giornalisti che non sono riusciti a distorcere la verità, ora cercano di mettere a tacere chi la cerca, alterando le informazioni rivolte all’esercito Usa per trarre vantaggio della loro stupidità nella gestione dell’intera questione irachena”.

L’incidente è avvenuto appena due giorni dopo la consegna di un riconoscimento da parte del governo al Sindacato iracheno che protegge i giornalisti. Grazie al nuovo status, il sindacato aveva potuto accedere al suo conto bancario bloccato, e acquistare così nuovi computer e attrezzatura satellitare.

”Proprio quando il Sindacato ottiene un riconoscimento formale per il suo lavoro come associazione di professionisti indipendenti, i militari americani sferrano un attacco così brutale e gratuito”, dichiara Aidan White, segretario generale della Federazione internazionale dei giornalisti. “Oggi, chiunque lavori per i media e non sottoscriva la politica e le azioni Usa potrebbe essere a rischio”.

Il raid è stata una “scioccante violazione dei diritti del giornalisti”, ha detto White. “Negli ultimi tre anni più di 120 giornalisti iracheni, molti di loro membri del Sindacato, sono stati uccisi, e ora la loro aggregazione produce un atto di intimidazione arbitrario”.

”Gli americani e i loro sostenitori nel governo iracheno stanno distruggendo le attività sociali e le unioni civili, in modo che nessun gruppo si possa opporre ai loro crimini e piani”, ha detto all’IPS l’avvocato Hashim Jawad, 55 anni, del Sindacato degli avvocati iracheni a Baghdad. “La stampa è l’unico polmone rimasto per respirare la democrazia in questo paese, e lo hanno preso di mira”.

Anche la Press Emblem Campaign (PEC), associazione umanitaria indipendente con sede a Ginevra, che cerca di rafforzare la protezione e la sicurezza legale dei giornalisti nel mondo, ha duramente condannato il raid dei militari Usa.

L’organizzazione Reporter senza frontiere riferisce di almeno 148 giornalisti e operatori media uccisi in Iraq dall’inizio dell’invasione condotta dagli Usa nel marzo 2003.

Il gruppo compila ogni anno un Indice della libertà di stampa per tutti i paesi del mondo. Nel 2002, sotto il regime di Saddam Hussein, l’Iraq era al centotrentesimo posto. Nel 2006, l’Iraq è passato alla posizione 154.

Lo stesso indice aveva messo gli Usa al diciassettesimo posto nel 2002, per declassarlo alla posizione 56 nel 2006.

Il Tribunale di Bruxelles, gruppo di “intellettuali, artisti e attivisti che denunciano la ...guerra”, riporta nomi, date e circostanze nelle quali 191 professionisti dell’informazione di nazionalità irachena sono stati assassinati.

Il PEC e altri osservatori hanno chiesto al governo iracheno di istituire immediatamente un’indagine sull’attacco.

”Spero solo che l’amministrazione Usa e il nostro governo smettano di mentire sulla libertà in Iraq”, ha detto all’IPS Mansoor Salim, giornalista in pensione. “Che stupidi ad aver creduto alle loro dichiarazioni sulla libertà. Ammetto di essere stato anch’io uno di quegli stupidi”.


Dahr Jamail è un giornalista free lance che ha trascorso oltre otto mesi nell’Iraq occupato. Lo scorso gennaio a New York ha fornito le prove dei crimini di guerra Usa alla Commissione Internazionale d’Inchiesta sui Crimini contro l’Umanità commessi dall’Amministrazione Bush. Scrive regolarmente per ‘Inter Press Service’, ‘Truthout.org’, ‘Asia Times’, ‘TomDispatch’; il suo sito è www.dahrjamailiraq.com.
Dahr Jamail è tra gli autori dell’antologia Tutto in vendita – Ogni cosa ha un prezzo. Anche noi.
Sull'Iraq vedi Iraq Confidential – Intrighi e raggiri: la testimonianza del più famoso ispettore ONU (prefazione di Seymour Hersh, prefazione all'edizione italiana di Gino Strada).


Fonte: Inter Press Service