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1966–2006: Quaranta anni di legislazione ambientale in Italia.

di Filippo Gargallo - 28/02/2007

 

 

 

 

 

 

         L’anno che è appena terminato ha rappresentato un traguardo nel contesto della legislazione ambientale del nostro ordinamento. Sono dunque passati quaranta anni dall’emanazione della prima legge considerabile a pieno titolo “ambientale” e, partendo da questa data, possiamo oggi tracciare una ricostruzione del percorso legislativo che il nostro Parlamento ha posto in atto per salvaguardare l’ambiente ed in genere per tutelare il territorio della Nazione e gli abitanti (umani, animali e vegetali) che vi insistono.

 

Chiaramente, la mera ricorrenza di date e la cabalistica dei numeri non è in alcun modo oggetto della nostra ricerca eppure la verifica di scadenze curiosamente ricorrenti ci può invitare a riflettere sulle dinamiche temporali con cui il Paese pone la sua attenzione alle tematiche ambientali, quasi che la maturazione della conoscenza e quindi della coscienza degli argomenti afferenti la tutela dell’ambiente comporti un ciclo temporale ben definito al quale risponde da un lato il potere legislativo e contestualmente anche la società civile.

 

Abbiamo fatto prima accenno ad una legge di quaranta anni fa che viene considerata come la prima normativa ambientale in Italia; non che non vi fossero state in precedenza leggi che non prendessero in considerazione fattispecie ambientali ma si trattava sempre di considerazioni incidentali, discipline che contemplavano più interessi contemporaneamente e che raccoglievano all’interno di un più vasto corpo anche specifiche norme per la tutela ad es. del paesaggio, della salute, del decoro urbano, della proprietà, ecc.; ossia leggi che pur oggi riconoscibili quali antesignane della normativa ambientale non avevano in origine lo scopo precipuo della salvaguardia dell’ambiente, così come oggi siamo abituati a ritrovare nelle intenzioni delle leggi di riferimento.

 

Con la legge 13 luglio 1966 n. 615 (provvedimenti contro l’inquinamento atmosferico), invece, si apre una stagione diversa nel nostro panorama normativo, una stagione che ha per oggetto direttamente la tutela dell’ambiente, ossia una tutela rivolta unicamente nei confronti dell’ambiente e non solo quale risultato di un perseguimento diverso. Questa legge, preso atto dell’inquinamento atmosferico causato dagli impianti industriali e dai mezzi di trasporto, si poneva quale obiettivo quello di regolamentare e quindi ridurre l’emissione in atmosfera di fumi, polveri, gas, odori, ecc.. E’, dunque, la prima legge italiana di lotta all’inquinamento.

Certo oggi questa legge è superata (fu abrogata già dal d.p.r. 203/1998 ed in definitiva oggi dalla parte quinta del D.Lgs. n.152 del 2006) sia da un punto di vista più prettamente giuridico sia da un punto di vista più empiricamente fattuale ma ha significato un momento di svolta, mai più sottinteso o ignorato dal nostro legislatore.

 

Dicevamo prima delle coincidenze che poi coincidenze non sono. Non è un caso, infatti, che proprio in quell’anno – il 1966 – vedeva la luce l’associazione italiana del WWF, ossia la filiazione nazionale di quell’organizzazione mondiale (World Wildlife Fund) sorta, per iniziativa di scienziati e personalità varie, cinque anni prima in Svizzera. E’ dunque maturo il tempo anche in Italia per la presenza di un associazionismo di stampo unicamente ambientalista (l’associazione Italia Nostra, ad es., era in vita già da tempo ma aveva anche altri, meritori, scopi). E, come visto, vi è un ormai diffuso comune sentire che trova la sua naturale cassa di risonanza presso il Parlamento nazionale.

 

Dal 1966 in poi la nostra legislazione ambientale conosce un’accellerazione importante che la porta a colmare, non sempre in maniera armonica, le lacune di un tessuto normativo rimasto fino ad allora curiosamente vincolato ad un mondo agricolo che purtroppo andava scomparendo a vantaggio di conquiste industriali che, insieme ad un invidiabile tasso di progresso, presentavano i costi dei sacrifici sopportati dall’ambiente .

 

Elencare tutte le singole norme succedutesi dal dies a quo di cui sopra sarebbe un lavoro importante ma non percorribile in una occasione di semplice commento, quindi ci limitiamo a giocare ancora con le ricorrenze temporali, che come visto ci danno anche un’indicazione della crescente maturazione nel Paese della coscienza ambientale.

 

Facendo dunque dei rapidi salti di dieci anni in dieci anni non possiamo non occuparci della Legge c.d. Merli ossia della L. 10 maggio 1976 n. 319 (e delle sue successive modificazioni ed integrazioni), una legge che ha ad oggetto la tutela di un elemento divenuto nel variare dei tempi particolarmente sensibile da un punto di vista ambientale: l’acqua. Anche qui, non che in precedenza dell’acqua, da Roma antica in poi non ci si sia preoccupati da un punto di vista normativo (basti pensare alla secolare questione sul carattere privatistico o pubblicistico delle acque), ma con questa legge si giunge finalmente ad una ricognizione organica della regolamentazione degli impianti industriali, di quelli civili, delle fognature, all’introduzione dei primi criteri per la razionalizzazione dell’uso delle risorse idriche. Anche questa legge è stata da tempo sorpassata (prima dal D.Lgs. 152/99, oggi dal D.Lgs. 152/06) ma vale quanto detto in precedenza: essa rappresenta il termometro dell’attenzione che i problemi ambientali andavano nel tempo acquisendo sia tra la popolazione che all’interno del “Palazzo”.

 

Il 1986 poi rappresenta l’anno in cui le istituzioni decidono di dotarsi di un dicastero interamente dedicato all’ambiente: con la Legge 8 luglio 1986 n. 349, infatti, viene istituito il Ministero dell’Ambiente. E’ questo un momento centrale per  i nostri interessi; con il Ministero dell’Ambiente tutto il mondo ambientalista ha finalmente una casa (nel frattempo molte sono le associazioni sorte nel contesto nazionale: per ricordarne alcune, la LIPU, Legambiente, Marevivo, Fare Verde, ecc.), e le attività ambientali, prima frammentate tra i vari ministeri (agricoltura, marina mercantile, trasporti, industria, sanità, beni culturali, interni, ecc.), vengono ora tutte concentrate in capo ad un organismo che porta la propria voce nel Consiglio dei Ministri, comportando di fatto una presa di coscienza del potere esecutivo sulla necessità di fare i conti con le risorse ambientali prima ancora che con quelle meramente economiche.

Questo processo, certo, non avviene in un unico momento. Ci vorrà un po’ di tempo perché gli scopi previsti nell’articolo uno della legge (assicurare in un quadro organico la promozione, la conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e alla qualità della vita nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento) trovino compimento, ma il più era fatto ed oggi il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (come con successive modifiche, ridenominato) è lo strumento cardine delle politiche ambientali della Nazione.

 

         Altre materie richiedevano via via una legislazione esclusiva ed organica ed è con il D. Lgs. 5 febbraio 1997 (per pochi giorni non viene rispettata la nostra curiosa coincidenza decennale)  n. 22, c.d. Decreto Ronchi, che vengono recepite le direttive comunitarie (alma fonte per la nostra legislazione ambientale) in materia di rifiuti. Questa norma introduce nel nostro ordinamento il principio della gestione dei rifiuti in sostituzione del semplice smaltimento degli stessi. I rifiuti dunque giungono a diventare una risorsa e non più uno scarto, perlomeno negli scopi della legge che pur avendo ottenuto importanti risultati non ha centrato gli obiettivi che si era prefissata. In ogni caso i principi introdotti con questo decreto, che porta il nome dell’allora Ministro dell’Ambiente, sono quelli che faticosamente il mondo reale sta pian piano recependo, sia pur con una disparità di risultati tra le varie macroaree nazionali.

 

         Giungiamo dunque ai giorni nostri per verificare come, ancora una volta con cadenza regolare, il legislatore delegato emana una norma intendendo riordinare in un testo unico l’intera materia ambientale che con il tempo appariva divenuta troppo ridondante. Ci riferiamo al controverso D. Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 rubricato come “Norme in materia ambientale” che suddivide in sei parti la quasi totalità della disciplina di riferimento, rimanendo escluse alcune materie peraltro oggetto di delega (L. 308/2004), come la gestione delle aree protette che rimane vincolata alla precedente produzione normativa. Molto si è già detto di questo decreto legislativo e del suo impatto fortemente innovativo anche in campi dove la consolidata applicazione delle norme precedenti appariva garantire risultati apprezzabili. L’intervenuto cambio di compagine governativa ha portato poi ad una sospensione dell’entrata in vigore del decreto (in particolare della seconda parte) sia attraverso il c.d. Decreto Milleproroghe che per altre iniziative in particolar modo assunte dal nuovo Ministro dell’Ambiente. Naturalmente non entriamo nell’analisi di questa vicenda, che pure deve trovare giusti momenti di riflessione per dotare il Paese di una disciplina unitaria e coerente con le direttive comunitarie alle quali dobbiamo dare applicazione, se non per evidenziare come la forte contrapposizione degli animi coinvolti ben rappresenta l’importanza che tale settore ha raggiunto. Anche in questo caso, poi, possiamo verificare come il “tagliando dei dieci anni” sia stato invariabilmente rispettato dal legislatore nazionale.

 

         E così siamo giunti ai quaranta anni di legislazione ambientale di cui parlavamo all’inizio. Per carità non bisogna certo prendere questa rapida carrellata di norme (comunque fondamentali nella disciplina di riferimento) come esaustiva della materia. Troppi riferimenti importanti vengono tralasciati in questa occasione e non poteva essere diversamente. Ma, abusando della pazienza del lettore, abbiamo voluto giocare con il rincorrersi dei decenni originati dalla legge del 1966 per cercare di rendere evidente l’importanza che le tematiche ambientali hanno raggiunto in questo lasso di tempo nel nostro panorama legislativo.

 

 

                                                                            di Castel Lentini