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L’inganno europeo (recensione)

di Giorgio Tedeschi - 01/03/2007

 

 

 

Il nuovo libro di Enzo Erra è intitolato “L’inganno europeo”, titolo in cui si riassume tutta, sin dai suoi presupposti, fino alle sue ultime sue attuali conseguenze, la problematica di un’Europa unita solo virtuale, in quanto sprovvista di sovranità ed identità, ma perfettamente coerente ed integrata con il sistema capitalista globale a dominio americano. L’europeismo è quindi frutto di un inganno perpetrato dagli invasori dell’Europa, cioè dalle potenze anglosassoni ai danni degli europei. L’unità europea è stata infatti progettata al fine di creare un’entità parallela e conforme, sia dal punto di vista economico che politico, al modello imposto dalla potenza occupante americana e l’inganno perpetrato nei confronti degli europei consiste proprio nell’aver creato una prospettiva europeista millantata come libera, unitaria e indipendente, ma, nella realtà legittimata ideologicamente e politicamente dagli USA, nei cui confronti l’Europa riveste un ruolo di subordinato vassallaggio.

Il libro prende le mosse dal “Manifesto di Ventotene”, in cui i confinati antifascisti (in primis Altiero Spinelli), elaborarono un progetto europeista su base ideologica anti-totalitaria e, identificando il totalitarismo tout court con l’Italia e la Germania, teorizzarono che sarebbe stata sufficiente allo scopo la sconfitta delle potenze dell’Asse. Il germe totalitario sarebbe poi stato definitivamente estirpato solo mediante l’abbattimento degli stessi Stati nazionali, in funzione di una nuova entità sovranazionale europea .Emerge dunque dal “Manifesto”, che l’Europa avrebbe potuto essere unita solo a seguito della sua sconfitta e la sua unità sarebbe stata possibile solo con l’annientamento delle sovranità nazionali. Il “manifesto” costituisce quindi la premessa ideologica degli equilibri di potenza generatisi successivamente alla occupazione e spartizione dell’Europa nei blocchi delle superpotenze USA e URSS. La capacità di resistenza, la volontà di essere dimostrata dagli europei nel combattere l’invasione delle superpotenze, avrebbe potuto quindi, secondo Erra, costituire il presupposto di una nuova rinascita europea e pertanto, fu necessario ai vincitori anglosassoni creare un simulacro di Europa unita, ma non indipendente, omologando all’interno del sistema capitalistico made in USA le aspirazioni degli europei e la loro volontà di riscatto dei popoli che non avrebbe tardato a manifestarsi contro gli invasori russi e americani.

L’Europa fu divisa in due blocchi contrapposti, da una “cortina di ferro” da Stettino a Trieste, come disse Churcill. Contrariamente a quanto auspicato dagli antifascisti del “manifesto di Ventotene”, gli Stati nazionali continuarono a sussistere, inglobati nei sistemi ideologici ed economici sovietico e americano, secondo la logica dei blocchi contrapposti scaturita dall’accordo di Yalta. Lo stesso stato di fatto, di occupazione che sancì la sconfitta e lo smembramento dell’Europa in due zone di occupazione contrapposte, presiedette alla formazione dell’assetto politico europeo. Lo stato di occupazione si tradusse un una tecnica di dominio che fu in grado di sottomettere l’Europa, ma non di governarla. Si creò un’Europa del benessere diffuso, ma non equamente distribuito in occidente e un’altra nell’oriente, sottoposta a dittatura e povertà. Gli europeisti dell’antifascismo, quando parlavano di un’Europa falsamente unita perché limitata ad un mercato interno, si riferivano in realtà solo al blocco occidentale. Demagogicamente si inneggiava al pacifismo, adducendo pretestuosamente che questo “processo unitario” avesse scongiurato le guerre tra europei, ma gli stati europei, integrati nella logica di dominio sovietico-americana erano stati privati della loro sovranità e non potendo adottare politiche autonome, non sarebbero mai stati nemmeno in grado di farsi la guerra.

La fine del comunismo, con la caduta del muro di Berlino nel 1989, rivelò la fragilità interna del blocco orientale, che si frantumò con la fine dell’occupazione sovietica ed il crollo dei regimi comunisti, per essere integrato nel sistema capitalista occidentale. Con la fine del comunismo, si realizzò la riunificazione della Germania ed ancora una volta furono smentite le previsioni dell’Europa sovranazionale idealizzate dal “Manifesto di Ventotene”: si riaffermarono nell’Europa orientale gli Stati nazionali nei loro confini precedenti. Al contrario, si frantumarono le entità sovranazionali quali la Cecoslovacchia, la Jugoslavia e la stessa URSS. Al loro posto si affermarono nuovi nazionalismi ed etnicismi a lungo sopiti perché repressi, generando sanguinose guerre civili che dilaniarono ulteriormente l’Europa. Con la fine dell’URSS, così come si era realizzata l’unità tedesca, avrebbe potuto nascere l’unità europea, ma ciò non avvenne perché l’Europa occidentale, anziché estendere il processo di unificazione agli Stati orientali, rimase prigioniera della logica subalterna agli USA, rimasti unici occupanti dell’Europa. L’integrazione dell’est si presentò difficile per mancanza di progettualità politica dell’Europa occidentale, entità unitaria solo nei rapporti economici, ma vuota di contenuti politici. La UE era ed é solo un mercato, che deve la sua nascita al sistema ideologico liberal democratico impostole dalla occupazione americana e pertanto, tale simulacro europeista fu incapace, una volta scomparsa la minaccia sovietica, di costituirsi in una unità indipendente, capace di svolgere un suo ruolo autonomo nel mondo. Ma l’ostacolo maggiore alla piena affermazione di una Europa libera ed indipendente era ed é soprattutto quello di liberarsi dell’unico occupante rimesto. In realtà, l’Europa occidentale, pur estendendosi ad est, perpetuò sé stessa restando nell’ambito della NATO ed in quella condizione passiva e deresponsabilizzante impostale nel dopoguerra. La sovranità limitata si rivelò uno status non solo imposto, ma anche condiviso dagli europei, perché essa era stata la premessa necessaria al benessere diffuso, del consumismo, quali caratteri dominanti di una società decadente ed estranea agli sconvolgimenti di un mondo in cui l’Europa aveva delegato la propria soggettività politica alla potenza americana, nei cui confronti, invece di reclamare l’indipendenza, invocava protezione; si é dunque delineata quella condizione di fuoriuscita dalla storia dell’Europa ultimamente denunciata da Benedetto XVI.

Con la fine dell’URSS, avrebbe dovuto infatti sciogliersi, oltre che il patto di Varsavia, anche la NATO, dato che questa era un’alleanza militare di difesa contro l’URSS, ma il Patto Atlantico rimase, estendendo la sua presenza anche all’Europa orientale ed ha assunto un ruolo di primo piano nella politica imperialista americana nel mondo, di cui la stessa Europa si è resa complice. A nostro avviso, l’errore fondamentale europeo consiste proprio nel non avere immediatamente coinvolto nel processo unificatore, i Paesi dell’est europeo, i quali, prima che membri della UE, sono diventati satelliti dell’impero americano accogliendo le basi NATO nel proprio territorio. Pertanto, l’attuale UE è oggi un’unione subalterna e funzionale alla politica imperialista americana, anche perché tale espansione a oriente della NATO ha contribuito ad isolare la Russia e i suoi Paesi satelliti dall’Europa, generando nuove contrapposizioni e potenziali conflittualità all’interno dell’Europa stessa. Sempre a nostro avviso, i Paesi dell’est, sono coinvolti anch’essi, come quelli occidentali, nel processo di sradicamento della propria identità e della propria cultura, proprio perché hanno anteposto il benessere facile ed il consumismo del modello capitalista americano alla volontà di essere europei. Infatti, oggi, all’interno della UE svolgono un ruolo di sostenitori della politica americana: l’Europa, paradossalmente, nella sua unificazione ha generato nuovi germi antieuropei al suo interno, rappresentati oggi dai Paesi dell’est, che, per ostilità verso la Russia e ad opera di classi dirigenti corrotte, sono divenuti la quinta colonna americana in seno alla UE.

Ma, all’indomani della sconfitta, come Erra ci dimostra, l’Europa era morta nella coscienza di sé stessa e del proprio ruolo nel mondo. Esemplificativo di tale processo di decadenza il processo di decolonizzazione. I popoli africani e asiatici si ribellarono ai colonizzatori, perché rifiutarono una condizione di subalternità verso popoli che a loro volta erano stati colonizzati. L’europeismo della CEE si dimostrò indifferente ed estraneo a questa decadenza dell’Europa, perché essa stessa era frutto della sconfitta europea. Le classi dirigenti europee, infatti, non presero coscienza di essere stati coinvolti in una guerra condotta da USA e URSS per il dominio dell’Europa,  ma interpretarono ideologicamente l’avvento dei vincitori come una “liberazione” e come tale accettarono la nuova colonizzazione dell’Europa. Anche dopo la fine dell’URSS, l’Europa ha conservato lo stesso assetto politico voluto dai vincitori, come “appendice dell’occidente capitalista”.

L’America si è dimostrata capace di invadere, ma non di governare il mondo: da tutte le guerre scatenate dagli USA, non scaturisce mai un nuovo assetto politico stabile, ma ulteriori focolai di guerre interminabili. L’Europa, finita l’URSS, doveva rappresentare il naturale “contrapposto” agli USA ed avrebbe dovuto intervenire e ricoprire un ruolo di potenza pacificatrice ed ordinatrice nei conflitti. Ma questa prospettiva politica avrebbe comportato il rovesciamento della identità che la CEE ha dato all’Europa, quello cioè di satellite omologato agli Stati Uniti, cioè, come afferma Erra “non l’Europa che doveva essere, ma quella che poteva essere”.

Tuttavia, si sono verificati nuovi eventi, che Erra segnala come indicativi di un riproporsi della problematica europea, come esigenza imprescindibile degli equilibri politici mondiali del nuovo secolo. L’uno è costituito dal rifiuto della costituzione europea verificatosi con i referendum francese e olandese. Infatti la costituzione UE era ispirata ai principi ideologici liberali che facevano astrazione di radici e diversità dei popoli e avrebbe condannato l’Europa all’impotenza politica permanente, dato che la politica estera sarebbe stata demandata agli egoismi dei singoli Stati. Si è infatti redatta una costituzione europea ignorandone la storia, secondo i dogmi del progressismo anglosassone. Erra afferma: “si ha infine l’impressione che per loro (per tutti loro), senza distinzione di nazionalità o di partito, tutto cominci nel 1945”. Sembra che l’Europa prima della sconfitta non sia mai esistita, se non per affermare oggi e sempre il proprio senso di colpa per essere stata per secoli alla guida del mondo, nella condizione di potenza mondiale che è ora fonte di legittimazione per gli USA quali “missionari della democrazia”. Le radici dell’Europa sono quindi “tarate” da questa colpa, collettiva e irredimibile. E oggi sconosciuta ai più la missione civilizzatrice e universalizzatrice svolta dagli europei in epoca moderna: essi crearono ovunque strutture, istituzioni, esportarono progresso scientifico, furono artefici delle grandi reti di comunicazione e di rapporti che permisero il contatto e il confronto tra le culture di tutti i popoli del mondo.

L’altro evento è costituito dalla iniziativa, soprattutto italiana e solo in parte europea, di intervenire in Libano, al fine di ristabilire un equilibrio nelle tensioni tra Israele e il Libano. L’Europa riempie un vuoto politico che né gli USA né l’ONU hanno voluto colmare, senza nemmeno indicare soluzioni possibili. L’Europa invece, proprio perché non direttamente coinvolta nel conflitto, può presentarsi come elemento credibile nell’area mediorientale, oltre a ristabilire una propria presenza ed un ruolo politico nel Mediterraneo, di cui è stata espropriata dagli USA, con conseguente insanabile divaricazione fra Europa e Africa.

Pertanto, tali eventi potrebbero indurre a sperare in una futura fine della UE e dell’europeismo costruito ad uso e consumo degli USA e delle Nazioni Unite. Il nuovo secolo potrebbe aprire nuove prospettive ad un’Europa non più possibile, ma necessaria. Così come afferma Enzo Erra: “tra L’Europa possibile e l’Europa impossibile si affaccia dunque un’Europa necessaria. Ma dalla necessità alla realtà il passo è lungo. E la tentazione di rimettersi comodi si affaccerà di nuovo. Alla vicenda europeista, aperta a Ventotene e chiusa in vista del Libano, non c’è un lieto fine, ma solo un finale provvisorio che lascia spazio a più soluzioni. Il finale ultimo saranno gli europei stessi a scriverlo, lieto o non lieto che sia”.

 

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