Che fine ha fatto il processo a Slobodan Milosevic ? L'autocrate jugoslavo fu più o meno rapito a Belgrado ricattando il governo serbo di allora ("se non ce lo date non vi faremo avere i quattrini del Fondo monetario internazionale per ricostruire ciò che vi abbiamo distrutto" dissero gli americani) fu portato di forza in Olanda e messo alla sbarra davanti al Tribunale Speciale dell'Aja per "i crimini di guerra commessi nella ex Jugoslavia". Lo si accusava di tutto: massacri e torture in Croazia, tentato genocidio in Bosnia, progrom in Kosovo. Il processo iniziò nel febbraio del 2002 fra squilli di tromba e una spasmodica attenzione della stampa occidentale. Poi, a poco a poco, non se n'è sentito più parlare. Nemmeno qualche corrispondenza di poche righe. Che cos'è successo? Forse il processo è finito senza che noi ce ne siamo accorti? No, il processo continua, è arrivato non so se alla centesima udienza, ma nessuno, in Occidente, ne parla più. Come mai?
Il motivo è semplice: Milosevic, che è avvocato e fa da sè, ha il grave torto di difendersi troppo bene. E ciò avviene non tanto perché è uno specialista del diritto, ma perché ha troppe buone ragioni dalla sua. Se quelli di cui è accusato sono dei crimini dovrebbero essere portati alla sbarra un mezzo centinaio di Capi di Stato, compresi alcuni premier di irreprensibil i paesi democratici, e qualche migliaio di generali (compreso quello Schwarzkopf che, prima di fare la sua trionfale passeggiata nel deserto, uccise con i bombardamenti su Bagdad e Bassora, 32.195 bambini "effetti collaterali" naturalmente), il che, oltre che improbabile, sembra giuridicamente azzardato perché bisognerebbe considerare un crimine la guerra in sè, criminali tutti coloro che la ordinano e quelli che la fanno obbedendo a ordini, che diventerebbero, evidentemente, tutti il legittimi.
Abbiamo già detto altre volte, ma non ci stancheremo mai di ripeterlo, che i processi che i vincitori fanno ai vinti, invece di passarli onestamente per le armi come si faceva in tempi meno ipocriti e meno falsamente "garantisti", principiati con Norimberga, sono un'aberrazione giuridica e una farsa tragica. Così li considerava il liberale Benedetto Croce. Ma anche il quotidiano inglese "The Guardian", pur'esso liberale e pur'esso con molti dubbi sulla legittimità di quel processo (si sa che Winston Churchill era decisamente contrario), scrisse, nel 1946, "Il processo di Norimberga apparirà giusto o sbagliato nella storia a seconda del futuro comportamento delle nazioni che ne sono responsabil i". Eh già. Ecco una delle ragioni per cui il processo a Slobodan Milosevic è diventato particolarmente imbarazzante, dopo quello che, durante questi anni in cui era prigioniero, hanno combinato gli americani.
A Guantanamo, dove tengono i prigionieri in gabbie all'aperto, illuminate a giorno ventiquattro ore su ventiquattro, e i loro carcerieri gli pisciano addosso oltre che sul Corano. Ad Abu Graib, dove dei militari esponenti della cultura superiore, rappresentanti di quella che Gianni Riotta sul Corriere della Sera chiama "la buona fede americana" (16/1), hanno esercitato sui prigionieri un sadismo sessuale privo di alcuno scopo (nemmeno di farli confessare) che non fosse quello di dar finalmente, e liberamente, sfogo alla loro sozzura. Coll'uso del fosforo (ma "bianco", per carità) sugli insorti di Falluja (finalmente abbiamo scoperto che le famose "armi di distruzione di massa" in Iraq ci sono realmente: le usano gli americani). Insomma ciò che sospettava "The Guardian" dopo Norimberga, che i vincitori non fossero moralmente poi tanto migliori dei vinti, al punto di poterli giudicare, cosa che poi si dimostrò perché nei cinquant'anni successivi Usa e Urss non si fecero mancare niente, vale anche per i processi a Milosevic e a Saddam Hussein. I vincitori dovrebbero accontentarsi di esser tali. Perché se si entra nel merito giuridico dei crimini dei vinti poi diventa molto difficil e far finta che non esistano quelli dei vincitori.
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