Uniti da 75 anni, insieme all'ospedale
di Federica Cappellato - 07/03/2007
Novantenne padovano ricoverato per infarto è stato raggiunto in ospedale dalla moglie che ha accusato lo stesso malore |
Oggi lei sarà dimessa, ma non è contenta: «Aspetto che anche lui ritorni a casa» |
Il segreto per stare insieme settantacinque anni di fila? «Una volta parla la moglie, una volta tace il marito: bisogna levigare gli spigoletti, costruire case rotonde così quando sei vecchio non riescono a relegarti in un angolo». Saggia la Gidia, 89 anni, per l'anagrafe Giustina Coin, che nelle ore scorse si è guadagnata un nuovo soprannome, romantico e fresco come questa primavera anticipata: "Giulietta". Il suo "Romeo" è Rino, ovvero Guerrino Pagnin, classe 1915, arzillo novantaduenne che con la sua dolce metà va d'amore e d'accordo, in una simbiosi di mente e di cuore. Tanto che quando, una settimana fa, lui è stato colpito da infarto e ricoverato in ospedale, dopo tre giorni pure lei si è sentita male, reduce a sua volta da un attacco di cuore di un po' di tempo fa. Era lui che le somministrava le pastiglie con tanta attenzione e cura, puntando l'orologio e fissando la sveglia, annotando quello che si doveva o non si doveva prendere. Lei, rimasta sola, di quei carteggi non riusciva a capirci niente. Scombussolata, è andata in tilt. I medici, commossi dal loro legame di ferro, hanno fatto un'eccezione: Romeo e Giulietta sono stati accolti nella stessa stanza, loro due soli, al primo piano del Policlinico. E così nella Clinica medica 4 diretta dal professor Achille Pessina gli operatori sanitari hanno chiuso un occhio, e poco importa se Rino sia finito con la sua bella nella sezione femminile del reparto. I due sono felicissimi. E ci tengono a ringraziare il dottor Edoardo Casiglia che per la loro "unione ospedaliera" tanto si è dato da fare. «E pure gli infermieri, tanto bravi e gentili, grazie di cuore a tutti», scandisce Gidia senza togliere gli occhi di dosso al suo Rino nella loro stanzetta, meta di uno strepitoso viavai di quanti - tantissimi - "gli sposini", come li chiamano qui, non li vogliono lasciar soli. Ci sono i figli Italo ed Eliana, i nipoti Sabrina, Sara, Sandra, Simone, Cinzia, Violetta, Cristina e Curzio e spesso fanno visita pure i bisnipoti, Michele dà il cambio ad Emma poi arrivano Pietro e Filippo, quindi lasciano il posto a Edoardo e Giorgia, Leonardo e Aurora. Un'enorme e affiatata famiglia, la loro. Quando Rino è entrato in ospedale non mangiava e non parlava quasi più. Non si aspettava certo che, di lì a qualche ora, venisse ricoverata anche Gidia. «Che tiro è questo? Siamo in un centro sanitario, mica su Scherzi a parte», ha esclamato esterrefatto quando l'ha vista entrare con la valigia e sistemarsi sul letto accanto al suo. E sono scoppiati a piangere e a ridere come hanno fatto migliaia di volte nei loro settantacinque anni d'amore, settantadue di matrimonio da festeggiare il 9 novembre prossimo. «Il nonno è rinato: quando l'ha vista ha ricominciato a muoversi, a parlare, a mangiare, a sorridere e si sta riprendendo a vista d'occhio. Ora sono diventati le mascotte del reparto - racconta la nipote Sara - ogni tanto si affaccia qualcuno all'uscio della camera per venirli a vedere: a memoria dei dottori e delle infermiere che lavorano qui non si è mai verificata una situazione del genere. Sono assistiti con amorevoli cure da tutti e sono così belli da vedere: ti accolgono con un sorriso e nonna è così orgogliosa di farsi vedere assieme a nonno. A un nuovo arrivato in reparto basta domandare la camera dei due sposini che tutti sanno indicarla e lo accompagnano pure». Ne ha di cose da raccontare, Guerrino, che da giovane faceva il calzolaio, ha conosciuto l'orrore della guerra e dei campi di concentramento. In condizioni estreme fu scaricato a Brambauer, nei pressi di Lunen in Westfalia. Matricola numero 3280 per le miniere tedesche, si ammalò di pleurite poco prima di riuscire a tornare, nel settembre del 1945, nella sua casa di Noventana. Dove Giustina lo aspettava con le braccia aperte e il cuore gonfio di gioia. «Quanto abbiamo ballato nella nostra vita, sempre insieme - racconta nonna Gidia - lui è una parte di me: ci curiamo e sosteniamo a vicenda». Dal mattino alla sera, la loro è una vita in tandem. Uno veste l'altro e viceversa, si lavano, si pettinano, si massaggiano, si spalmano le creme, insieme preparano il coniglio al forno con le patatine per i nipotini, potano le rose del giardino, chiamano a raccolta il vicinato a mangiare pasta e fagioli a casa loro. A due voci, raccontano barzellette. Ora le conoscono anche in ospedale, dove Rino e Gidia hanno portato una robusta sferzata di simpatia. E, sul comodino della camera, c'è posto pure per il nono nipote: la foto di Stanko Medzar, un orfanello croato che Guerrino, allora fante, conobbe quando combatteva sul fronte jugoslavo. Stanko lo chiavama "papà". E dopo quarantasette anni di silenzio i due, due lustri or sono, si sono cercati, trovati e abbracciati. Oggi è un gran giorno per la Gidia: verrà dimessa. Ma lei contenta più di tanto non è. «Aspetto che anche lui torni», dice mentre gli occhi azzurri si illuminano tendendo la mano verso quel letto attiguo al suo. |