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Baudrillard cioè la lucidità premonizione del collasso dell'occidente

di Francesco Berardi (Bifo) - 07/03/2007

Jean Baudrillard (1929-2007)  


Negli ultimi anni sempre più spesso, seguendo il rovinoso corso degli eventi planetari, la catastrofe della modernità e dei suoi valori sempre più spesso mi sono ritrovato a riconoscere che lo sguardo più realistico sull’evoluzione presente è da molto tempo quello di Jean Baudrillard. Uno sguardo che negli anni ‘70 a molti di noi era apparso quasi cinico per eccesso di lucidità. Dissuasivo, dicevamo, nei confronti dei tentativi generosi di sovvertire il reale. Per lungo tempo abbiamo chiuso gli occhi cercando di non vedere quello che aveva da dirci Jean Baudrillard.

Baudrillard ha colto nel suo nucleo essenziale il senso del divenire tardo moderno, lo sprofondare del senso, e quindi il crollo delle colonne culturali su cui l’occidente aveva fondato il suo dominio per 500 anni. Il pensiero di Baudrillard che a qualcuno poteva sembrare un lamento nostalgico, è stato in verità la premonizione più lucida del collasso (che oggi è sotto i nostri occhi) dell’occidente.

Jean Baudrillard ha chiuso gli occhi ieri, 6 marzo. Da qualche tempo sapeva di essere gravemente malato. “Ma non è una cosa così terribile”, mi aveva detto l’estate scorsa, lui, da sempre maestro inarrivabile nella fusione di understatement e iperbole nostalgica. “ Non è una cosa così terribile la morte” aveva detto con ironia e con la spensieratezza della sua patafiisic. Il suo libro per me più bello, quello che uscì nel 1976, è dedicato allo scambio simbolico e alla morte. Nella sfera dello scambio di segni qualcosa di gigantesco stava avvenendo in quegli anni e Baudrillard registra lo spostamento nel suo linguaggio filosofico.


Il principio di realtà ha coinciso con un uno stadio determinato della legge del valore. Oggi tutto il sistema precipita nell’indeterminazione, tutta la realtà è assorbita dall’iperrealtà del codice della simulazione” ( Lo scambio simbolico e la morte” Feltrinelli, 1979). Non è la verità ad annullare e assorbire la finzione, non è la vita ad abolire lo spettacolo, ma è la simulazione a fagocitare la realtà, secernendo il mondo reale come suo prodotto. Nei libri precedenti, Il sistema degli oggetti (1968) e Per Una critica dell’economia politica del segnao (1974), aveva studiato il rapporto tra evoluzione tecnologica e la comunicazione sociale. Nel libro del 1976 intuisce le linee generali dell’evoluzione di fine millennnio con un’anticipazione disperata e nostalgica degli effetti di derealizzazione prodotti dalle tecnologie di comunicazione.
Da quel momento il suo pensiero ha anticipato il raggelarsi progressivo dello scenario del mondo da cui è stata cancellata la possibilità di immaginare.
L’integrale efferato dominio dell’Immaginario soffoca, assorbe, annulla la forza d’immaginazione singolare.

Il pensiero di Jean Baudrillard è costruito sulla formula linguistica del “non più”. Non più la modernità, non più la dialettica, non più la dinamica da superare. Finita la speranza della rivoluzione, con l’esaurirsi della potenza pratica della dialettica, occorre abbandonare anche la speranza della fine. Il mondo ha incorporato la propria inconcludibilità. Eternità dell’inferno inesauribile del dispositivo della replicazione automatica. L’’esaurimento della logica storica ha lasciato il campo alla logistica del simulacro, e questa è interminabile.

“l’unica strategia è catastrofica, e nient’affatto dialettica. Bisogna spingere le cose al limite dove del tutto naturalmente esse si capovolgono e si sfasciano...Contro un sistema iperealista l’unica strategia è la patafisica: una scienza delle soluzioni immaginarie, cioè una fantascienza del rivolgersi del sistema contro se stesso, all’estremo limite della simulazione, una simulazione reversibile in una logica della distruzione e della morte”