Le nozioni appesantiscono il pensiero...
di Georg Groddeck - 08/03/2007
Fonte: traccefresche
* Preferisco diventare spaccapietre
o girare il mondo da vagabondo piuttosto
che diventare funzionario statale.
E ora addirittura funzionario medico. *
Le nozioni appesantiscono il pensiero. Si passa davanti a un albero da frutto,
si vede del vischio tra le fronde e subito si sentenzia che la forza dell'albero
è stata succhiata dai parassiti. Solo più tardi viene in mente che l'albero
è coperto di una fioritura bianca dall'alto in basso: prova inequivocabile
che il nostro giudizio era errato. L'evidente malattia dell'albero non ne ha
danneggiato la vitalità; questo lo vediamo e per quanto normalmente si consigli
di eliminare il vischio, non mi risolverei a farlo. Questo non migliorerà in un futuro
prossimo la resistenza dell'albero, al massimo si potrebbe sperare di mantenerne
più a lungo la fertilità attraverso l'eliminazione dei parassiti. Il mio pensiero
mi porta però a supporre che questo albero abbia bisogno dei parassiti
per sopportare la vita; che attraverso le operazioni che dovrebbero guarirlo
si ammali veramente.
Cose analoghe penso riguardo agli uomini. Non è bene estirpare radicalmente
e subito ogni sintomo, ogni nuova formazione, ogni gonfiore, anche se passa
per pericoloso. "Fretta con indugio" è una frase che non si dovrebbe dimenticare
e il troppo-tardi, di cui i medici parlano così tanto, in verità non si verifica quasi mai.
"Troppo tardi" è l'espressione di cui si servono la paura dell'impotenza e il delirio
di onnipotenza. In altri uomini è perdonabile, nei medici solo comprensibile;
in questo modo essi si tutelano nei confronti di ritorsioni per eventuali
fallimenti, e credono di accrescere la propria reputazione con un fortuito caso
di guarigione. La malattia contiene in sé il tentativo dell'organismo di guarire;
in un certo senso si può dire che talvolta la malattia è salute. Le vie della natura
divina sono misteriose, indomabili e imperscrutabili. Più invecchio,
più evito l'intervento rapido e maggiormente divento diffidente
nei confronti di tutto ciò che ho imparato, e ciò che ritengo vero,
proprio perché lo ritengo tale, lo considero un dubbioso problema.
Mi è stato detto che l'edera, quando si avvinghia serratamente
all'albero da ogni parte, lo uccide a poco a poco, e lo stesso
si dice della vite canadese. Ma ogni volta che cammino per strada
imparo una cosa nuova, e vedo veramente di quando in quando
alberi coperti di viticci e intristiti, ma ne vedo altrettanti, e forse più,
che esulano da questo caso. Soprattutto, però, vedo come diventa
bello l'albero quando è avvolto nel rosso ardore del pampino avvizzito,
o quando i grappoli blu dei glicini pendono dai rami, quando rose
bianche si innalzano, arrampicandosi, sulla sua chioma, o quando,
d'inverno, il verde dei rami di vischio si staglia dalle sagome
sfrondate. Per queste bellezze si sacrifica un po' di legname
da costruzione. Pericoloso per gli alberi è propriamente
solo l'uomo. Fa male, adesso, andare per boschi; gli uomini
hanno ucciso talmente tanti alberi, e passa molto tempo
prima che un albero ricresca. Molto più di quanto
occorra agli uomini.
[da: "Satanarium", Georg Groddeck, Baden-Baden, 17 aprile 1918, ora Ed. Il Saggiatore]
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* Cose: