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Un nuovo scempio nella valle del Vajont. Gli abitanti locali: "ora basta"

di Enrico Martinet - 10/03/2007

 
La rivolta dei cittadini: "Ora basta"
ENRICO MARTINET
ERTO (PORDENONE)
Priorità agli ultimi», grida Mauro Corona, scultore e scrittore di Erto, paese ghermito dalla coda d’acqua del lago del Vajont prosciugato dall’immane frana del monte Toc la notte del 9 ottobre 1963. Quello tsunami provocato dall’uomo che costruì una diga sotto scacco di frana uccise duemila persone, rase al suolo Longarone, ferì le due sponde abitate del lago. Anime volate e uomini in fuga in attesa della lunga ricostruzione. E oggi in quest’Ovest del Friuli per anni dimenticato, c’è una nuova minaccia, nuovo oro che luccica e può mettere a rischio la valle del Vajont e la Valcellina. Qui lo chiamano «oro bianco», ghiaia candida come la neve. Corona è portavoce di una protesta: «Basta pigliar schiaffi, è da quarantaquattro anni che dura ‘sta storia. Siamo stufi. Contiano niente noi, pochi voti nessuno ci ascolta. Ho scritto decine di lettere, al governatore Illy, agli assessori, al prefetto di Pordenone. Nessuno mi ha risposto. Maleducati».

La guerra
Ora che nelle pianure dei due imbocchi della Valcellina, Pordenone e Longarone (Belluno), non si scava più per estrarre inerti e fare discariche, gli affari hanno rivolto il cielo ai monti. La «guerra» comincia nel 2003 quando l’attuale consigliere regionale dell’Udc, Maurizio Salvador, scriveva: «Caccia al tesoro in Valcellina». E quantificava: «Trenta milioni di metri cubi di ghiaia, cioè 90 milioni di euro». Oggi insiste: «Si vuole prendere la vallata per consunzione, si insiste fino a quando diventerà una cava a cielo aperto. Vede, non voglio peccare di presunzione, ma se non ci fossimo stati Corona ed io adesso su questa strada ci sarebbe una processione di Tir carichi di ghiaia».

La Valcellina è nel Parco naturale delle Dolomiti friulane. Ha un asse centrale piegato a metà, una sorta di colle a poco più di 800 metri di altitudine e un dedalo di valli laterali che le piombano addosso. Due anni fa i camion arrivarono. C’era da fare lo sghiaiamento dei torrenti, colmi di ciotoli bianchi, rischio alluvione. Il Comune di Barcis, poco meno di 300 abitanti in riva a un lago artificiale che per metà è stato rubato dalla ghiaia, ha detto «qui niente camion». Barcis è in fondo alla Valcellina dalla parte di Pordenone. Le ruspe tiravan su l’«oro bianco» di lì, riempivano i camion che giravano, risalivano la vallata fino a Erto, passavano di fianco alla diga del Vajont, alta e stretta, «inguine maledetto», e filano nelle gallerie della montagna fino alla piana di Longarone. «Una follia, un camion riempie tutta la galleria. La strada è rimasta quella del 1901», dice Corona.

A mezzo metro dalla strada
Il sindaco di Barcis, Tommaso Olivieri, segretario comunale a San Vito al Tagliamento, dice: «Da noi i camion non possono passare perché la statale 251 s’infila fra le nostre case. Il territorio è fragile, le case si fessurano». Salvador e i sindaci della Valcellina temono che a forza di pressioni di quello che definiscono «il monopolio della ghiaia» la spopolata Valcellina ceda. Ciò significherebbe anni di camion per portare via i milioni di metri cubi di ghiaia. L’«oro bianco» è a mezzo metro dalle carreggiate della statale 251. Gli archi che sorreggono il ponte alla confluenza tra i torrenti Varma e Cellina sono ormai quasi invisibili. Per ora le autorizzazioni sono soltanto per piccoli sbancamenti, da cinquanta a centomila metri cubi. Due anni fa la Regione ha ridotto dell’80 per cento il canone demaniale sulla ghiaia. Niente più ricaduta finanziaria neppure sui Comuni. «Anche la beffa», dice Olivieri. In questa storia di paura e protesta tutti indicano Gianfranco Moretton come «l’uomo forte, quello che fa e disfa». Moretton è vicepresidente della Regione, assessore a Ambiente, Lavori pubblici, capo della Protezione civile. Sorride: «Forte? Autorevole. Il canone è stato ridotto perché altrimenti sghiaiare non era conveniente. Vado spesso in Valcellina. Siamo noi i suoi garanti, nessuno si deve preoccupare. Il territorio è dei sindaci, tutti amici. Loro decidono». Ma a comandare sono i soldi, gli interessi per quell’enorme quantità di ghiaia. «Certo che c’è interesse, ma le leggi sono uguali per tutti: se i sindaci dicono no, è no», assicura Moretton.

C’era un progetto all’inizio degli anni 2000, una strada di fronte alla «251» solo per i camion. A Barcis. Una grande azienda di Treviso doveva fare la strada, in cambio poteva cavar ghiaia. Tutto fermo. «Barcis ha detto no», dice Moretton. Ha perso al Tar, ora è in Consiglio di Stato. Il sindaco: «Certo perché da 400 mila metri cubi di ghiaia si è passati a un milione e mezzo. Anni di camion, insomma». La replica: «Questione di calcolo economico. Tutto lì». Il sindaco di Erto, Luciano Giuseppe Pezzin, ha lavorato alla costruzione della diga sull’Eufrate, in Turchia: «Portavamo via la ghiaia con i nastri, 15 chilometri di galleria. Facciano lo stesso in Valcellina». Moretton: «Nel 1994 una ditta parlò di nastri trasportatori, fece due conti, troppo caro. C’è anche chi ipotizzò di usare i dirigibili. Ripeto non c’è da aver paura. Nessuno tocca la ghiaia se i sindaci non vogliono».