Marsilio ficino e la magia naturale
di Selene Ballerini - 23/11/2005
Fonte: airesis.net
Dopo l’intervento del Prof P. A. Rossi intorno alla figura del grande filosofo rinascimentale, un nuovo contributo di Selene Ballerini centrato sulla teoria magica ficiniana. La Magia di Ficino altro non è che l’attrarre una cosa verso l’altra per generare determinate forze ed energie. Il filosofo, d’accordo con Plotino e con Sinesio, può affermare che i veri e principali maghi sono la Natura e l’Amore e che il mago può essere paragonato all’agricoltore, il quale attraverso le combinazioni dei semi fa prosperare la terra.
Marsilio Ficino,(1) filosofo neoplatonico e medico-astrologo presso la corte fiorentina nel secolo XV, convinto dell’esistenza di una “prisca theologia” che, attraverso espressioni e forme diverse, legava insieme antichi saggi quali Orfeo, Zoroastro, Pitagora, Ermete e Plotino, si dedicò con grande zelo - con l’appoggio e anche sotto richiesta dei Medici - alla traduzione di numerose opere filosofiche ed ermetico-magiche pagane, in un appassionato tentativo di conciliarle con i valori del cristianesimo. Tra esse vanno ricordate il De Misterijs Aegyptiorum, Chaldeorum atque Assyriorum di Proclo, il De animi ascensu et descensu di Porfirio, gli Hermetica,(2) le opere platoniche, il De daemonibus di Psello e l’Aurea Verba di Pitagora.
Questo può dare almeno una vaga idea della cultura esoterica che possedeva Ficino quando nel 1489 si accingeva a scrivere la terza parte del Liber de vita (dedicato a Lorenzo il Magnifico), ossia il De vita coelitus comparanda. Quest’opera, per i numerosi riferimenti alla Magia demonica che conteneva, causò a Ficino non pochi problemi con la Chiesa, ma riuscì a ottenere il favore dell’arcivescovo di Firenze e dello stesso papa, ai quali il filosofo tracciò pure l’oroscopo (che si rivelò, naturalmente, propizio). Ciò che risultava pericoloso nel De vita coelitus comparanda non erano le pratiche astrologiche ma i talismani e la musica planetaria. Si possono comunque rilevare negli scritti del Ficino parecchie titubanze relative a certi aspetti non ortodossi dell’Astrologia stessa, come testimonia un suo scritto del 1477, Disputatio contra iudicium astrologorum. “È pur vero” - scrive a questo proposito lo storico della filosofia Eugenio Garin - “che Ficino non portò mai in fondo la sua requisitoria; che nelle opere pubblicate lasciò da parte le obiezioni più aspre e spesso convenzionali; che non nascose incertezze e ambiguità; che, soprattutto, più assai del determinismo astrale mostrò di voler combattere gli esiti materialistici e atei dell’astrologia”.(3) La critica contro un’Astrologia eccessivamente deterministica era già in Plotino, il principale maestro del neoplatonismo, e vale la pena di esaminarla dal momento che il terzo libro del De vita sembra facesse parte del commento di Ficino alle Enneadi di Plotino (203-270 d.C.).(4)
Secondo questo filosofo l’astrologo che riferisce tutte le azioni umane ai movimenti e alle figure degli astri “ci riserva un’esistenza di pietre scagliate e non di uomini che traggono dalla loro spontaneità e dal loro essere una loro propria azione. Urge invece rendere a noi uomini ciò che è nostro”.(5) Plotino non esclude certo che gli astri abbiano un’influenza su di noi, ma questa va ridimensionata e inquadrata in una visuale ben più ampia di reciproche influenze all’interno del cosmo, che presuppongono uno scambio di energie: “ciascuna cosa” - scrive - “possiede una sua certa irrazionale potenza influenzatrice appunto perché essa è configurata in seno all’universo [...]. Ed avvengono tante cose corrispondentemente a tali influenze, non però in virtù di una decisione di quegli esseri donde sembra provenire il dato effetto: poiché anche in esseri privi di decisione l’influenza esiste”.(6)
Il concetto di armonia o simpatia universale espresso in questo brano è fondamentale per comprendere la visione culturale-filosofica dell’epoca ficiniana, tutta tesa, nella prospettiva dell’organicità del reale, a scoprire sotto il manto variegato delle forme apparenti l’unità trascendente tra i due piani dell’esistenza, macro e microcosmo, mondo delle idee e mondo della manifestazione. Tale rapporto è alla base sia della Magia che dell’Astrologia, poiché il fine ultimo di ambedue è proprio d’individuare i sottili legami che collegano fra loro le diverse entità della scala dell’essere e sfruttare questa conoscenza per l’ascesa a Dio.
L’Astrologia è assolutamente necessaria alla Magia, che deve scegliere il giusto momento astrale per il compimento di ciascuna sua opera: questa infatti ha un senso solo se collegata alle universali leggi del cosmo alle quali tutto il creato è sottomesso.
Ficino sottolinea la differenza esistente tra questa Magia, fondata sui rapporti di naturale corrispondenza fra le cose, e la Magia demonica, realizzata invece mediante l’intervento di anime scisse dai corpi, demoni o angeli, i quali, penetrando in sigilli per loro approntati, parlano attraverso di essi e creano effetti soprannaturali. Tale differenza costituisce anzi uno degli argomenti principali che Ficino porta a propria difesa nella sua Apologia. E poiché la Magia naturale altro non è che l’attrarre l’una cosa verso l’altra per generare determinate forze ed energie Ficino, d’accordo con Plotino e Sinesio, può affermare che veri e principali maghi sono la Natura e l’Amore e che il mago può essere paragonato all’agricoltore, il quale attraverso le combinazioni dei semi fa prosperare la terra.
Questa Magia naturale nel terzo libro del De vita appare però complicata e, potremmo dire, contaminata da riferimenti alla Magia demonica, tant’è che in un codice laurenziano l’opera viene presentata come un commento al seguente brano di Plotino: “Io credo che gli antichi saggi - che, nel desiderio di aver tra loro presenti gli dèi, rizzarono templi e statue - mirando alla natura dell’universo intuirono nel loro Spirito che l’Anima si lascia facilmente attrarre dappertutto, ma che sarebbe stata la più facile di tutte le cose trattenerla addirittura, qualora l’uomo avesse costruito qualcosa di affine e di impressionabile atto ad accogliere una qualche parte di Anima! Ma impressionabile si è appunto l’imitazione - comunque riuscita - la quale, proprio come uno specchio, sa rapire almeno un po’ di figura”.(7)
Questo brano di Plotino è, a detta dello stesso Ficino, in stretta connessione con quel tanto esecrato passaggio dell’Asclepius (testo ermetico del III secolo d.C.) dove si legge: “I nostri antenati [...] inventarono l’arte di foggiare divinità. A questa invenzione aggiunsero una virtù soprannaturale, che trassero dalla natura materiale e mescolarono alla sostanza delle statue. Non potendo però creare anche le anime, dopo aver evocato anime di demoni o di angeli le introdussero nei loro idoli mediante riti santi e divini, in modo che questi idoli avessero il potere di fare del male e del bene [...]. La natura di questi dèi [...] che sono chiamati terrestri [...] è costituita [...] da una composizione di erbe, di pietre e di aromi che possiedono in se stessi una innata virtù divina”. (8)
Sia la costruzione di amuleti che quella di imagines (le statuette evocatorie) è strettamente collegata al fattore astrologico, poiché qualsiasi influsso si voglia catturare occorre fondere i vari elementi magici - erbe, aromi, pietre... - nel giorno e nell’ora giusti, sotto l’adeguata configurazione celeste; inoltre si deve costituire un’unica serie di forze simili, in modo che venga a crearsi un fulcro potentissimo di attrazione per l’influsso e la virtù stellare a esso corrispondente.
Poiché a Ficino preme sorvolare sull’aspetto demonico dell’uso delle imagines, nell’opera si sofferma in particolar modo su quello naturale dell’assorbimento di forze astrali, ma è certo però che egli credeva nell’esistenza dei demoni e nella loro influenza non solo sul corpo fisico, ma anche e soprattutto sul corpo astrale, o spiritus.
Il silenzio ermetico ( da Symbolicarum questionum...libri quinque, 1555 di A. Bocchius). La traduzione delle opere ermetiche effettuata da Ficino fornì i presupposti per la scoperta rinascimentale dell'ermetismo.
La teoria dello spiritus sta alla base della Magia e della medicina astrologica del Ficino, il quale infatti ne dà ampia e minuziosa descrizione nel De vita. Essa è indubbiamente legata alla concezione neoplatonica del veicolo eterico, medio tra corpo fisico e anima, che l’anima acquista dalle varie stelle e sfere che attraversa nella sua discesa nel corpo terreno. Poiché la sua natura è calda, umida e vaporosa, lo spiritus è certamente gioviale, ma è solare in quanto è sottile, lucente e sorge dal cuore; con moto venereo si trasferisce nelle altre persone e tende a propagare la specie, con moto mercuriale è sottilmente agile, mutabile ed elastico.
Lo spiritus può essere naturalis (dedicato a Giove), vitalis (al Sole) e animalis (a Mercurio) e compito dell’uomo è di renderlo sempre più “celeste”, con l’aiuto delle stelle e attraverso la purificazione. Moltissimo giovano a tale scopo gli influssi delle cosiddette Tre Grazie: Sole, Giove e Venere, mentre la forza di Saturno, che è la più potente ma anche la più pericolosa, va usata con la stessa cautela con cui il medico usa una sostanza velenosa.
L’essere umano, sciolto così dal determinismo astrologico, può perciò cercare di migliorare il proprio stato morale e fisico coordinando e adeguando tutte le sue attività, i suoi pensieri, il cibo, le vesti, i luoghi, i tempi e addirittura le persone che frequenta con il flusso astrale che vuole catturare. Chi per esempio vuole attrarre l’energia solare dovrà camminare in luoghi alti e ariosi, operare durante il giorno piuttosto che di notte, immergersi in numeri, parole e luci conformi al Sole e infine far uso di talismani figurati collegati all’astro.
Di queste immagini planetarie Ficino parla ampiamente, mentre sorvola sui decani, legati ai demoni delle stelle. Stessa prudenza usa nel trattare i “canti”, in quanto connessi con l’innologia magico-demonica orfica. Gli Orphica, che Ficino e i suoi contemporanei, per distorsione cronologica, attribuivano allo stesso Orfeo, erano inni composti nel II-III secolo d.C. e usati probabilmente da qualche setta religiosa del tempo, che li indirizzava al dio del quale veniva invocata la potenza. Certamente Ficino credeva nel beneficio che si poteva ottenere tramite questi inni, soprattutto sullo spirito vitale e animale e da lì sull’anima e sul corpo, e sembra che lui stesso li cantasse accompagnandosi con una lira da braccio.
Così nella visione di Ficino la Magia viene a essere la controparte dell’Astrologia, in quanto permette di manipolare e indirizzare gli influssi astrologici a proprio vantaggio, sottraendosi alle correnti negative sia del proprio oroscopo natale che dei transiti. Una concezione che riscatta il libero arbitrio e che, facendo perno sul tema fondamentale dell’analogia, mette l’essere umano in armonico rapporto con tutto il resto dell’universo. Rapporto di cui oggi, purtroppo, spesso ci si dimentica.
Note:
(1) Marsilio Ficino nacque a Figline Valdarno, in Toscana, nel 1433 e morì a 66 anni nel ritiro della villa di Careggi che gli era stata donata da Cosimo dei Medici. Figlio di un medico, Diotifeci d’Agnolo di Giusto, fu medico anche lui, interessandosi soprattutto di ottica e di fisiognomica. Come astrologo sappiamo che nel ’77 predisse la guerra e la peste dell’anno seguente. Come filosofo, dopo essersi occupato delle teorie aristoteliche, aderì pienamente al pensiero platonico, fondando in Firenze, con il patrocinio dei Medici, la celebre Accademia Platonica. Cfr. Arnaldo Della Torre. Storia dell’Accademia Platonica di Firenze, Firenze 1902.
(2) Il cosiddetto Corpus Hermeticum è un insieme di testi che per tradizione si fanno risalire al mitico Ermete Trismegisto. I più importanti di questi libri, datati tra il II secolo a.C. e il I d.C., sono l’Asclepius e il Pimander.
(3) Eugenio Garin. Lo Zodiaco della vita, Bari 1976, p. 76.
(4) Idea centrale della sua filosofia è il concetto di Unità, dalla quale tutto ciò che esiste proviene e alla quale l’essere umano può tornare mediante l’esercizio dei principi etici.
(5) Plotino. Enneadi, Bari 1984, IV, 1, 5.
(6) Ivi, IV, 1, 37.
(7) Ivi, IV, 3, 11.
(8) Asclepius, Roma 1970, cap. 37-38.