Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Il teorema del "tre contro uno"

Il teorema del "tre contro uno"

di Giulietto Chiesa - 12/03/2007

 
La riforma delle Nazioni Unite passa dall’accordo dei quattro grandi: Usa, Russia, Cina ed Europa Ma sulle vere questioni importanti sono tutti contro tutti

Quando si parla della riforma delle Nazioni Unite, di solito si immagina qualcosa che abbia a che fare con il numero cinque. Cinque sono, infatti, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza, quelli che hanno il diritto di veto. Sono Usa, Russia (erede dell’Urss), Cina, Francia, Gran Bretagna.

Niente di più sbagliato, roba vecchia. In realtà il mondo andrebbe misurato con la «regola del quattro» o, per meglio dire, con il teorema del «tre contro uno». Quattro, perché i veri giganti del mondo sono solo quattro. Europa, Usa, Cina, Russia. «Tre contro uno», perché non c’è una sola questione veramente strategica che non veda uno dei quattro in condizioni radicalmente opposte a quelle degli altri tre. Faccenda apparentemente curiosa, e perfino stravagante, ma in realtà cruciale per la definizione di una futura, tutta da inventare, «nuova architettura internazionale».

Armi strategiche: tre giganti e un nano

Cos’è questo «teorema»? Diamo un’occhiata alle armi strategiche. Tre dei quattro giganti sono armati, anzi armatissimi. In ordine di potenza tecnologica e militare, in testa c’è, di gran lunga, l’America. Poi vengono Russia e Cina. L’Europa non ha armi strategiche (quelle di Francia e Gran Bretagna non contano). Appunto: tre a fronte di uno. Nessun equilibrio è possibile nelle attuali condizioni. Tutti corrono ad armarsi. L’Europa, per fortuna, non lo può fare, ma non per questo può stare tranquilla.

Adesso guardiamo i quattro dal punto di vista energetico. Di nuovo tre contro uno, perché solo uno dei quattro ha grandi riserve di energia sul proprio territorio e non ha nessun bisogno, al momento, di procurarsene altre, con il denaro o con la forza. Al contrario, le vende. E questo Paese è la Russia. Gli altri tre, America, Cina, Europa, in maggiore o minore misura, non hanno rilevanti fonti energetiche proprie. Il che significa che devono procurarsele: o comprandole, o prendendosele con la forza. Sappiamo dove, per il momento. Di nuovo, non c’è alcun equilibrio in questa equazione. E, anzi, con l’avvicinarsi dei «picchi» del petrolio, del gas e dell’uranio, l’inquietudine aumenta. Regole non ce ne sono. In queste condizioni, il mercato non ci salverà.

Tre grandi creditori e un grande debitore

Guardiamo i quattro giganti dal punto di vista finanziario. Tre sono creditori (Cina, Russia, Europa), il quarto è un Paese - gli Stati Uniti d’America - mostruosamente indebitato, specie con i primi due, che hanno fatto incetta di certificati di credito del tesoro americano e sono oggi in condizioni di ricattare l’America usando come arma il suo eccesso di consumo. L’Europa, per ora, regge la borsa e aiuta l’America, ma non sarà per sempre. Altro, inquietante, motivo di disequilibrio strategico. Ancora tre contro uno. E se uno non paga i debiti, come costringerlo, presto o tardi, a smettere di comprare a credito?

E non parliamo della demografia. La Cina, da sola, con il suoi 1.300 milioni di persone, vale molto di più di Europa (circa 500), Usa (circa 300) e Russia (circa 140). E poiché la Cina cresce quattro volte tanto Europa e Usa, ne consegue che, presto, ogni cinese consumerà statisticamente non più una tonnellata di petrolio all’anno, ma tre. E non ce ne sarà per tutti. Perché si porrà il problema, per esempio, di spiegare agli Usa che non potranno continuare a consumare 8 tonnellate pro capite annue.

Purtroppo non è un teorema matematico, ma politico. Soluzioni pacifiche, al momento, non ce ne sono. E, per essere franchi, con un mondo come quello in cui viviamo, non se ne vede all’orizzonte alcuna possibilità. Non sarà il caso di pensarci, invece di continuare a ballare sul Titanic che affonda?