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Kosovo, nulla di fatto

di Christian Elia - 13/03/2007

Il vertice di Vienna fallisce e la palla passa al Consiglio di Sicurezza dell'Onu
Cronaca di un fallimento annunciato: potrebbe essere questo un buon titolo per riassumere il nulla di fatto emerso dal vertice di Vienna, dove nell'ultimo mese albanesi e serbi, con la mediazione delle Nazioni Unite, hanno tentato di raggiungere un accordo sullo status definitivo del Kosovo.

il negoziatore onu martti ahtisaariFallimento annunciato. “Manca la volontà di arrivare a un compromesso, inutile proseguire i colloqui”, ha dichiarato sconsolato nei giorni scorsi Martti Ahtisaari, l'inviato speciale dell'Onu per il Kosovo, “non ci sono più possibilità di trattare, ma una soluzione per lo status del Kosovo deve essere comunque trovata urgentemente. Nonostante tutto è mia intenzione, dopo questa riunione, formalizzare il piano al Consiglio di sicurezza dell'Onu entro la fine del mese”.
Lo stesso Ahtisaari, il 2 febbraio scorso, aveva presentato l'atteso piano delle Nazioni Unite che, da più di un anno, doveva portare alla soluzione del nodo kosovaro. In nessuna parte del documento veniva fatto esplicito riferimento all'indipendenza della provincia serba (pari al 15 percento del territorio totale), ma il senso era chiaro. Il Kosovo sarebbe diventato una nazione dove i serbi, una volta diventati minoranza, avrebbero goduto di una larga autonomia nelle zone che abitano, sotto il monitoraggio internazionale. Un colpo mortale all'identità serba, a tutti i legami religiosi, storici e culturali che legano Belgrado a quella terra. Il governo serbo, proprio per questo motivo, aveva subito rigettato il piano Ahtisaari e il Parlamento di Belgrado aveva sancito il proprio "no" quasi all'unanimità, con 225 voti su 250.

profughi kosovariQuestione al Palazzo di Vetro. La palla adesso, come ha detto Ahtisaari, passa al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Il mediatore si è arreso all'atteggiamento intransigente di albanesi e serbi, entrambi irremovibili sulla questione chiave: indipendenza o no. Tutte e due le parti in causa si sentono forti e quindi poco inclini a trattare. Gli albanesi, fin dall'intervento armato della Nato in loro difesa nel 1999, contano sull'appoggio della comunità internazionale che adesso, impegnata in teatri complessi come l'Iraq e l'Afghanistan, ha fretta di chiudere la vicenda. Nell'unico modo che appare possibile alle concellerie occidentali: un'indipendenza de facto del Kosovo, che non umili troppo i serbi. Puntando tutto sulla possibilità, a partire dal 2008, di barattare con Belgrado l'adesione all'Unione europea. Ma questa visione delle cose sottovaluta l'asso nella manica che la Serbia vuole giocare fino in fondo, prima di cedere, l'appoggio della Russia che, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dispone del diritto di veto. Mosca, per affinità religiose e culturali, ha sempre appoggiato Belgrado e adesso che, almeno sulla carta, la Russia punta a riprendere un ruolo politico di primo piano a livello internazionale, i serbi sperano che possa aiutarli anche per arginare l'influenza degli Stati Uniti nell'ex-Jugoslavia, dove tutti gli stati sono alleati di Washington.

militari della forza multinazionale in kosovoGiochi diplomatici. Un ipotesi plausibile, se non fosse che alla fine la realpolitik è sempre l'unica vera bussola dei governi. Mosca è interessata a non far passare una decisione che punisce il suo unico alleato nei Balcani e crea un precedente pericoloso per una serie di repubbliche che compongono la Federazione Russa, su tutte la Cecenia. Ma come in ogni trattativa che si rispetti, Mosca non rifiuterebbe un'offerta allettante da parte degli Stati Uniti e dell'Unione europea, un 'offerta che prenda in considerazione l'indipendenza di Ossezia del Sud e Abkazia, le due regioni della Georgia delle quali Mosca continua da tempo a sostenere i movimenti indipendentisti. Il criterio politico è, secondo i russi, piuttosto lineare: se la comunità internazionale riconosce il diritto all'indipendenza del Kosovo, per gli stessi motivi deve farlo per le repubbliche georgiane. Il governo di Tblisi ha, in diverse occasioni, dichiarato di temere di diventare merce di scambio, e non ha tutti i torti. Quindi Belgrado potrebbe essere sacrificata sull'altare degli interessi russi, e non sarebbe la prima volta.