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I ricchissimi che consumano

di Giuseppe Culicchia - 14/03/2007

 
Vacanze in orbita da 20 milioni di dollari e stipendi a nove zeri
GIUSEPPE CULICCHIA

In tempi come questi, in cui basta sfogliare i giornali, farsi un giro in rete o accendere la tivù per andare a sbattere contro l’ennesima notizia che annuncia non ancora la fine del mondo ma di sicuro l’inizio dell’agonia del nostro pianeta, tra uno studio sull’esaurimento del petrolio (previsto entro i prossimi trent’anni) e un’ipotesi sugli effetti dei mutamenti climatici in corso, le reazioni possono essere molteplici: c’è chi riprende in mano l’Apocalisse di Giovanni e chi opta per le lampadine a basso consumo di elettricità. Altri continuano a condurre la stessa vita di sempre, convinti che in futuro non accadrà nulla di grave né a loro né ai loro figli.

Altri ancora, invece, fanno di più: imperturbabili, usano il loro jet privato per il piacere di andarsi a vedere una partita di rugby in un altro continente. L’episodio è tra quelli riportati da Hervé Kempf (giornalista di ») nel suo Comment les riches détruisent la planète, ovvero Come i ricchi distruggono il pianeta, titolo scevro da ambiguità appena edito in Francia da Seuil, 125 pagine assai eloquenti più altre 20 di puntuali note. Gli ultramiliardari Monsieur Kempf infatti preferisce documentarsi. E fa venire in mente il celeberrimo passo biblico che vedeva protagonisti un cammello, la cruna di un ago e la possibilità per un ricco di andare in Paradiso. Così, mentre la rivista » pubblica la nuova classifica degli ultramiliardari della Terra, passati con la prevedibile avanzata di nouveau-riches indiani e cinesi dai 140 del 1985 ai 946 del 2007, Kempf ricorda che i 793 del 2005 possedevano da soli 2.600 miliardi di dollari, cioè l’equivalente del debito accumulato nei confronti dell’Occidente da parte di tutti i paesi in via di sviluppo. Ma non basta. A questo mondo c’è chi intasca stipendi di più di un miliardo di dollari l’anno. Ad esempio, James Simons della Renaissance Technologies e T. Boone Pickens della BP Capital Management, che nel 2005 hanno guadagnato ciascuno 1,5 e 1,4 miliardi di dollari. George Soros, poveretto, quell’anno s’è dovuto accontentare di appena 840 milioni. Ora.

In casi simili, tra comuni mortali, ci si pone la classica domanda: ma che se ne faranno di tutti quei soldi? Bene. Monsieur Kempf si è preoccupato di rispondere. .«La classe opulenta», scrive, «è diventata una casta a parte della società». I membri di questa nuova oligarchia possono permettersi, è il caso del signor Joseph Jacobs, broker di Wall Street, una casa di 2.800 metri quadri a Greenwich, nei pressi di New York, con ben 4 cucine. I più «avanti» si concedono vacanze speciali, vedi i 20 milioni di dollari spesi nel 2001 da Dennis Tito per una settimana nella stazione spaziale internazionale. Dopo di lui, ne hanno investiti altrettanti Mark Shuttleworth e Gregory Olsen. Certo si tratta di casi limite, ma ci sono possibilità anche per i meno abbienti. Per il 2008 la Virgin Galactic vuole mettere in vendita pacchetti-vacanza spaziali per 200.000 dollari. E con Space Adventures un volo suborbitale costerà solo 100.000 dollari. Il rischio naturalmente è quello dell’ostentazione volgare, tipica dei parvenu. Meglio acquistare un sottomarino da crociera Phoenix prodotto dalla US Subs: un appartamento di lusso subacqueo di 30 metri di lunghezza per 400 tonnellate. Il prezzo? Massì, siamo volgari: 43 milioni di dollari. «Oggi», scrive Kempf, «dopo il trionfo sul socialismo sovietico, l’ideologia capitalista non sa fare altro che autocelebrarsi». Ogni alternativa a questo sistema, proclamano i campioni dell’ultra-liberismo, è impossibile. E l’unica soluzione per porre rimedio alla povertà è il perseguimento a oltranza della ricchezza. Ma a che prezzo? Secondo l’autore, un simile (presunto) realismo è cieco, di fronte al potenziale distruttivo delle ingiustizie sociali e all’avvelenamento della biosfera provocato dall’aumento delle ricchezze materiali. Un avvelenamento che comporta non solo il peggioramento delle condizioni di vita umane ma anche, per la prima volta nella storia, la dilapidazione delle risorse per le generazioni a venire. Il capitalismo Rifacendosi all’economista di origini norvegesi Thorstein Veblen, oggi dimenticato, che studiò l’era del capitalismo selvaggio negli Stati Uniti agli albori del XX Secolo e che Aron paragonò per importanza a Tocqueville e a Clausewitz, Kempf non nasconde come il progresso umano derivi fin dalle origini dalla competizione. Ma rileva anche come, contrariamente alle teorie capitaliste e marxiste, secondo cui la produzione di beni è insufficiente, la nostra sia semmai l’età dello spreco. «Al centro della vita sociale c’è una rivalità che si traduce nell’ostensione di una prosperità superiore a quella degli altri».

Ma che cosa comprare dopo l’ennesimo yacht o jet personale tutto marmi e legni pregiati? Una collezione d’arte o una vacanza sulla Luna, appunto. La società oligarchica propria dell’umanità globalizzata all’inizio del XXI Secolo vede al vertice della piramide una casta di iper-ricchi composta da qualche decina di migliaia di individui. Subito sotto i meno ricchi fatta di politici, manager, scienziati, intellettuali e funzionari, che manovra le leve del potere. Risultato: il 5% della popolazione mondiale (300.000 persone su 6 miliardi) controlla la quasi-totalità del capitale finanziario globale. Poi un ceto medio utile a rendere meno insopportabile la cosa, e infine tutti gli altri. Il modello dell’ostentazione e dello spreco funziona a cascata, e viene praticato dagli iper-ricchi in giù. Bisognerà riscoprire l’odio sociale, come ha detto di recente il poeta Edoardo Sanguineti? O limitarsi a sperare che altri seguano l’esempio di Eric Schmidt, Larry Page e Sergey Brin, inventori e proprietari di Google, così ricchi da aver deciso per il terzo anno consecutivo di accordarsi uno stipendio di un dollaro? Secondo Kempf, solo la riduzione dei consumi da parte degli iper-ricchi potrebbe far accettare all’uomo della strada il cambiamento di stile di vita collettivo che si prospetta nei prossimi decenni. Ma per ora i segnali non sono confortanti: all’indomani dell’uragano Katrina l’esercito americano venne impiegato a New Orleans non per prestare soccorso alle vittime, ma per dare la caccia ai saccheggiatori. Al Gore Verde ma sprecone Al Gore è diventato una star dell’ambientalismo e il suo film sui cambiamenti climatici - «An Inconvenient Truth» - si è meritato l’Oscar. Ma uno «scoop» ha rivelato che è uno sprecone: ogni mese consuma il doppio di energia elettrica di una famiglia americana media. Il principe Carlo Ambientalista per finta L’hanno premiato con il «Global Environmental Citizen Prize» per l’impegno nella salvaguardia dell’ambiente. Ma per ritirare il riconoscimento a New York Carlo ha prenotato l’intera prima classe e la business class di un jet, ben 64 posti. Un viaggetto che ha significato tonnellate di Co2 disperse nell’atmosfera, hanno sottolineato gli ambientalisti inferociti. Non avrebbe fatto meglio a ringraziare in teleconferenza?