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I prodotti Bio alla ricerca del prezzo perduto

di Emiliano Angelelli - 26/03/2007

Carrelo prodotti biologiciI prodotti biologici costano troppo: è questo il ritornello che sentiamo ripetere spesso da più parti, e bisogna ammettere che in alcuni casi questo è vero. Ma è anche vero che stiamo parlando di prodotti di qualità, di eccellenze, e se è vero che la qualità si paga, allora è altrettanto vero che tutto sommato non è così strano che le cose stiano in questo modo. Probabilmente quindi, la domanda che ci dobbiamo porre in partenza non è se i prodotti bio costano troppo, ma se i prodotti, in generale, costano troppo rispetto al loro valore reale.

E' quello che sembra di intuire ascoltando l'intervista di Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, in onda qualche giorno fa su Ecoradio: "in realtà già da diverso tempo, anche i prodotti biologici che si comprano al supermercato vengono pagati al produttore poco più dei prodotti convenzionali" dice Carnemolla. "Il latte biologico, ad esempio, fa finire nelle tasche dei produttori in media cinque centesimi in più rispetto al latte tradizionale. Sto parlando di 35-40 centesimi contro i 30-35 del cosiddetto latte 'normale'. Latte che finisce sui banchi del supermercato a una media 1.10-1.20 euro. Quindi il problema non sta nel prezzo del biologico, ma nel fatto che abbiamo un sistema distributivo da ripensare 'in toto', perché un consumatore, che compri biologico o meno, comunque ci rimette". A sostegno di questa tesi c'è il fatto "che in Germania il biologico arriva anche nei discount e si tratta dello stesso biologico che si vende nei nostri supermercati, ma con un differenziale di prezzo molto più elevato".

Su quest'ultimo punto siamo d'accordo, ma, con tutto il rispetto per il presidente di Federbio, nei supermercati il latte si trova anche a meno di un euro e dieci centesimi, ciò sta a significare che la forbice dei prezzi del convenzionale permette una scelta più vasta. Quindi probabilmente è vero quello che dice Carnemolla, ma è anche vero che la grande distribuzione penalizza maggiormente dei prodotti rispetto ad altri. Mediamente infatti, le aziende bio, sono di dimensioni più ridotte rispetto a quelle convenzionali, ed è evidente che più sei piccolo è più fai fatica a raggiungere supermercati e ipermercati. Ed è qui che giungiamo al punto: "Molte di queste aziende non riescono a raggiungere la grande distribuzione - aggiunge Carnemolla - perché i meccanismi sono tali per cui queste realtà all'ipermercato non possono proprio arrivare". Detto questo ci si chiede quali possano essere le alternative, che cosa significhi rivedere il sistema distributivo e soprattutto chi se ne dovrebbe occupare. Bè, rispondere all'ultima domanda è semplice: evidentemente la politica - e su questo punto una piccola luce si è accesa con il nuovo decreto legge sul biologico. Mentre il primo e il secondo quesito sono un po' più complessi perché comprendono tutto quelle "mosse" che la politica dovrebbe mettere in atto.

Proviamo a fare un'ipotesi: innazitutto smetterla di aprire ipermercati e puntare di più su altri canali, che possano permettere anche alle piccole aziende di arrivare ai consumatori. Naturalmente non si può pensare di convincere tutti a rivolgersi direttamente al produttore, perché sì, la vendita diretta è un sistema che permette di accorciare la filiera, ma non tutti hanno il tempo e la possibilità di rivolgersi ad essa. Quindi bene la vendita diretta, ma bene anche soluzioni alternative come l'apertura di punti vendita al dettaglio presso i centri all'ingrosso e soprattutto progetti promettenti come quello che permetterà di realizzare un centro di distribuzione del biologico per il Lazio, nei pressi di Guidonia. Un progetto che consentirà, da una parte ai produttori bio di utilizzare un unico canale di distribuzione, e dall'altra ai venditori di reperirli più facilmente, ottenendo così una sensibile riduzione dei costi.

Un'ultima considerazione in chiusura: la frammentazione di cui spesso si accusa il biologico italiano può essere in parte responsabile di queste difficoltà? L'abbiamo chiesto a Fabrizio Piva, Vicepresidente del Consorzio per il Controllo dei Prodotti Biologici (Ccpb) e il suo laconico "sì" lascia intendere che forse, il tasto premuto è quello giusto. I motivi quindi, per cui il mercato interno dei prodotti bio "arranca" sono tanti, le soluzioni tutte percorribili, bisogna solo iniziare ad intraprenderle seriamente.