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I sadoliberisti vivono ancora

di Ugo Gaudenzi - 29/03/2007

 
Morto Beniamino Andreatta, già firmatario, con l’allora commissario di Bruxelles van der Miert, dello scellerato patto di completa svendita del lavoro italiano a potenti gruppi di speculazione nazionale ed internazionale, la criminale banda di sadoliberisti continua imperterrita nella sua opera di demolizione dello Stato sociale e nazionale italiano. Ripercorriamo sinteticamente passaggi e protagonisti più rilevanti della corsa alla nostra catastrofe economica nazionale.

1989-1992: caduto il muro di Berlino, la grande finanza internazionale, l’oligarchia, scatena un’offensiva planetaria per l’accaparramento di ogni risorsa economica del mondo, secondo il dettato della “promozione e dell’espansione del commercio mondiale” cosi come stabilisce l’articolo I del Fmi, del suo braccio esecutivo. Si muovono la Banca mondiale e i suoi vari strumenti - il Gatt-Omc, le aree di libero scambio come il Nafta e come l’attuale Unione europea - ivi compresa quell’Agenzia per la trasparenza nel commercio internazionale guidata dal signor Robert McNamara, già propugnatore dell’atomica per vincere la guerra Usa al Viet-Nam (era allora ministro della Difesa) e presidente uscente della stessa Banca mondiale. Quest’ultimo uno strumento non da poco: indirizzato alla destabilizzazione di tutti quegli Stati nazionali non allineati alla dottrina del libero mercato, dal Giappone al Perù, dalla Spagna all’Italia. E cioè quegli Stati che avevano preservato pezzi di sovranità nazionale con formule di economia mista, con le partecipazioni statali, nazionalizzando i settori economici strategici per garantire il lavoro e il benessere diffuso dei loro popoli e costruendo forti relazioni internazionali bilaterali con i Paesi produttori di materie prime.
Un residuo di tutela sociale e nazionale che in Italia era stato ereditato dal fascismo e che uomini come Mattei, Moro e Craxi dichiaravano di voler mantenere, almeno parzialmente, anche in contrasto con gli interessi planetari delle multinazionali anglo-americane. Proprio nelle more dell’eliminazione dello “scoglio” Craxi e della sua sostituzione con l’opportunista Amato, si consumò in Italia, il 2 giugno del 1992, uno scandaloso evento di sovranità limitata: sul panfilo reale britannico, al largo di Civitavecchia, anfitrioni il governatore della Banca d’Inghilterra, i finanzieri della Warburg, dei Rothschild, della Goldman and Sachs e il megaspeculatore internazionale Georges Soros, furono convocati i vari Barucci (ministro del Tesoro con Amato), Draghi, allora direttore generale al Tesoro, ora governatore della Banca d’Italia, e lo stratega della miseria nazionale Andreatta. All’ordine del giorno dei lavori l’avvio dello smantellamento delle aziende pubbliche italiane.

1992-2000: in un crescendo tumultuoso, tutta l’economia strategica italiana viene sezionata e svenduta. Dall’Ansaldo alla Telecom, dall’Eni alla Sme, dall’Enel alle Autostrade, all’ltalsider, alle Ferrovie, alle Poste, all’Iri nel suo complesso, tutte le aziende pubbliche strategiche - banche comprese, come Credit, Comit e Imi, declassate a banchindustrie, diventano spezzatino alla portata degli appetiti delle multinazionali, straniere e nostrane.
Il saccheggio dell’economia nazionale ebbe una particolare data di inizio: la mega-speculazione - di 50-60 mila miliardi più quello che costò il prestito internazionale per ripianare il buco - sulla lira del settembre 1992, organizzata e diretta dal “filantropo" Soros, il finanziere che già dal 1990 aveva assunto Prodi come economista per elaborare un piano di svendita dell’industria russa, noto come “piano Shatalin”. Una manovra, quella di Soros, che abbatté la nostra valuta, la lira, complici gli articoli del gruppo editoriale De Benedetti-Caracciolo, l’allora governatore della Banca d’Italia Ciampi che, con i suoi mirati ritardi decisionali, portò addirittura alla fuoriuscita della nostra moneta dallo Sme.

Una crisi, quella valutaria, che servì come giustificazione per l’inizio delle “stangate”, per il fermo della liquidità che avevano fino allora goduto le famiglie, i lavoratori, per l’inizio della distruzione dello stato sociale, con il lavoro trasformato in precario dai vari Treu, D’Antona e Biagi, con la flessibilità e con l’attacco alle pensioni.
Contributi notevoli a questa atmosfera da suicidio sociale ed economico nazionale, furono offerti dai postcomunisti, allora Pds ora Ds. Georges Soros fu infatti il “grande elettore” - tramite i suoi uomini in Italia: Isidoro Albertini e Carlo De Benedetti - di Occhetto, e il mentore del centrosinistra ulivista di Prodi1-D’Alema-Amato-Prodi2. Quel Carlo De Benedetti, nella prima metà degli anni Novanta pilastro della triade oligarchica “laica” De Benedetti-Benetton-Visentini.

Ma l’oligarchia, si sa, ha un piede a sinistra, uno a destra… e anche oltre. Non è un caso che sia uno Spaventa - ministro post-piccì nel governo Ciampi - e sia un Barucci erano, nel mondo “secolare”, responsabili di Sim, di società di cambi, di borsa. E che oligarchi di diritto siano Mario Monti, ex rettore della Bocconi, e Tommaso Padoa Schioppa, banchiere doc ora alla guida dell’economia (si fa per dire...) italiana. O un Pietro Armani, ex Pri, ora An, già, soprattutto, consigliere d’amministrazione dell’Iri al momento delle prime decisioni di svendita globale vanamente contrastate dall’altro consigliere Giorgio Pini. O Piero Gnudi, o Patrizio Bianchi di quel centro studi, Nomisma, creato da Prodi ed autore di consulenze miliardarie per... fotografare l’azienda Ferrovie ed altre amenità del genere, tipo inventare una serie di carrozzoni clientelari in cui infilare l’Alta Velocità.

Già, Prodi, colui che, schivato lo scandalo delle superconsulenze inutili di Nomisma allo Stato, non è stato minimamente toccato dallo scandalo per essere stato, tra una presidenza e l’altra dell’Iri, l’advisor dell’Unilever, la multi— nazionale olandese degli alimentari che è proprietaria di tutti i più noti marchi di olio “italiano” alla quale, come “partita di giro” della svendita del gruppo Cirio-Bertolli-De Rica (dell’Iri), fu rivenduta da un prestanome la stessa Bertolli pezzo mancante nella “collezione” dell’Unilever. Prodi, l’uomo che è stato il padrino per la “laurea honoris causa” a Bologna per Soros, il Grande Benefattore. Prodi, ora battitore d’asta anche di Autostrade ed Alitalia.