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Il limbo di Mogadiscio

di Matteo Fagotto - 29/03/2007

Il limbo di Mogadiscio
Rotta la tregua in città, almeno 10 morti tra i civili
“La tregua tra milizie dei clan e militari etiopi regge, ma il fatto che non siano ancora in programma incontri tra il governo e i leader del clan Hawiye sta a significare che gli scontri potrebbero riprendere in qualsiasi momento”. E' stato facile profeta, ieri, Abukar Albadri, giornalista somalo contattato da PeaceReporter, che si era detto “molto felice, perché sono riuscito a mandare la mia famiglia a Gibuti. Almeno loro adesso sono al sicuro”.Oggi, nuovi scontri tra truppe etiopi e miliziani hanno provocato almeno 10 morti tra i civili.

Civili in fuga da MogadiscioTregua. Venerdì scorso, dopo la carneficina che nei giorni precedenti aveva fatto almeno venti morti in città, il clan Hawiye (che controlla la città dal 1991, dopo aver rovesciato l'allora presidente Mohammed Siad Barre) aveva raggiunto un accordo con i militari etiopi per un cessate-il-fuoco che ha sostanzialmente retto fino a stamane nonostante, nella notte tra lunedì e martedì, fossero stati organizzati due falliti attacchi suicidi contro le forze etiopi, presenti in città dallo scorso dicembre e protagoniste della vittoria sulle Corti islamiche. “La gente continua a scappare dalla città – continua il giornalista – Via terra, visto che l'aeroporto non è più aperto ai civili dallo scorso fine settimana”. Il maggiore problema sembra essere il mancato riconoscimento tra governo somalo e Hawiye. “Il governo non ha riconosciuto la tregua, perché è stato tagliato fuori dalle trattative – rivela il nostro interlocutore – mentre gli Hawiye sanno che il governo somalo si regge solo grazie ai militari etiopi. Così hanno preferito trattare direttamente con loro”.

Truppe dell'Unione AfricanaRipresa. I rapporti si erano deteriorati lo scorso mese, quando le autorità avevano avviato il (fallito) programma di disarmo delle milizie, che i membri del clan avevano interpretato come una mossa diretta esclusivamente contro di loro. Negli ultimi giorni le parti sembravano essersi riavvicinate grazie all'opera di membri influenti della società civile. che stavano organizzando un incontro tra esponenti del governo e del clan, il quale come gesto di buona volontà nei giorni scorsi aveva liberato 18 soldati catturati durante gli scontri.
La maggior sicurezza registratasi negli ultimi giorni ha avuto effetti positivi anche sull'economia, almeno fino ad oggi. “I negozi hanno riaperto, i trasporti funzionano di nuovo – continua Albadri – il problema è che i prezzi sono tutti raddoppiati. A cominciare dalle tasse che il governo somalo ricava dal porto. La gente non ha più soldi per sfamare le proprie famiglie, e qualcuno ha cominciato a chiedere l'elemosina”.

Riconciliazione. E mentre i 1.500 peacekeepers dell'Unione Africana presenti in città si dedicano alla cura dei malati di colera, si avvicina il momento in cui il governo dovrà organizzare la conferenza di riconciliazione, in programma ad aprile e mirante a trovare un accordo definitivo tra tutti i soggetti implicati nella crisi somala. Albadri rimane scettico. “I soldati somali non hanno il controllo della città, e tantomeno della sala conferenze. Le truppe dell'Ua volevano prenderne in carico l'organizzazione, ma la cosa appare impossibile”.